MI RITORNI IN MENTE

Ricordi sparsi, risvegliati da Bollate Oggi

Bimba mostra il cono gelato che ha appena acquistato al Bar Trattoria Scuinett di via Magenta (foto archivio Giordano Minora)

La memoria ritrovata, condivisa e diffusa. L’obiettivo del nostro blog, nato con l’intento di tramandare fatti, personaggi, situazioni, anche minime, che hanno caratterizzato il costume della società bollatese nella sua trasformazione da paese agricolo a centro post industriale dell’area metropolitana milanese. Episodi e aneddoti raccontati dagli stessi testimoni che li hanno vissuti o ascoltati da qualche loro avo. Un autentico Romanzo Popolare di una Comunità, come titola il volume, ancora in distribuzione, che raccoglie una selezione delle storie pubblicate in 3 anni di attività. Storie che in rete hanno raggiunto ben 50.470 utenti, con 154.00 visualizzazioni. Soprattutto, hanno risvegliato la memoria di molti concittadini: gli avvenimenti narrati hanno infatti rievocato loro ricordi personali, che vi proponiamo come augurio di buone vacanze e come esempio da seguire alla ripresa autunnale.

Tra le armi non convenzionali usate per le battaglie con altri gruppi di ragazzi, durante le nostre vacanze estive, sono da annoverare altri due giochi, rigorosamente fatti in casa e frutto della fantasia di noi ragazzi. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, appena finita la scuola, i fogli dei quaderni, ormai passati agli archivi, venivano tagliati a liste orizzontali per essere trasformati in bussolotti, spesso con uno spillo pungente in punta. Soffiati dentro artigianali cerbottane, realizzate con dei tubicini di plastica recuperati principalmente da arnesi per la pulizia dismessi dalle nostre madri. Considerato il grande successo di questo gioco, qualche anno più tardi, i cartolai locali, capita l’antifona, vendevano apposite cannucce colorate, chiamate appunto “cerbottane sparabussolotti”. Le prime sfide delle vacanze si facevano quindi a suon di pungenti piccoli involucri di carta, aspettando poi la maturazione del granoturco a settembre , dove si deponevano le cannucce, anche perché le munizioni, intese come fogli, erano esaurite, e si passava ai combattimenti con le sparagrani.  Un altro gioco molto diffuso, ormai praticamente estinto, e che ci impegnava in lunghe e animate partite, era la lippa, in slang dialettale chiamata la rella. Il gioco consisteva nel far saltare un legnetto appuntito alle estremità, battendolo con un bastone di legno il più lontano possibile. Vinceva chi, a parità di colpi ,raggiungeva la distanza maggiore. Distanza che si misurava in passi, non senza continue contestazioni per chi doveva contare. Gli arnesi per il gioco non si trovavano in commercio e si fabbricavano in maniera artigianale: la lippa o rella, modellando con un coltellino un manico di scopa, facendogli le punte ad entrambi i lati, quindi, con un robusto bastone, lo si colpiva in punta facendolo saltare, battendolo il più lontano possibile. Era un gioco molto gettonato a quell’epoca. Grazie ad esso si è poi diffuso facilmente il baseball in Bollate. Ha trovato nella rella il suo degno antesignano.

LUIGI QUINTERIO

Un incubo chiamato sparagrani.

Per me, bambina nata e cresciuta nel rione Cooperativa (via Mazzini e dintorni), la sparagrani era davvero un incubo. I ragazzini del rione, nel periodo della raccolta del granoturco, giravano armati fino ai denti con questi strumenti di “tortura”. Inutile dire che, oltre che a combattere tra di loro, facevano la posta a noi bambine. Appena ti vedevano, zac…partiva un grano di “formentone” indirizzato alle gambe. Ricorda ancora, nonostante siano passati decenni e mi sia trasferita in quel di Castrocaro Terme, il male che faceva.

ANTONELLA POGLIANI

LA FINESTRA SUL CORTILE. C’era una volta la Curt di Ubold

LA FINESTRA SUL CORTILE. C’era una volta la Curt di Ubold

LA FINESTRA SUL CORTILEUn piccolo mondo anticoVia Magenta –fine anni quaranta. Sul lato destro, le donne della Curt di Ubold, fuori dal portico di ingresso, attendono il passaggio di una funzione religiosa.“E il bambino nel cortile sta giocando: tira sassi nel cielo e...

Fino agli anni Sessanta, ogni cortile aveva una sua particolarità e un personaggio che lo identificava. In una delle tante corti di via Magenta, quella chiamata della Linda, viveva uno strano tipo: oltre ad occuparsi in casa di lavori di riparazioni di calzature, aveva una smodata passione per il vino, tanto che gli era stato affibbiato il soprannome di “Andrea Sciampagn”. Oltretutto, a renderlo ancora più caratteristico c’era il suo aspetto fisico, un certo strabismo e una camminata tutta particolare, con una gamba slanciata verso l’esterno (qualcuno adduceva che questa disfunzione era stata causata da una bevuta fuori controllo). Sta di fatto che proprio per quell’espressione un po’ così, per dirla con Paolo Conte, fosse spesso canzonato dai ragazzi del cortile. Nonostante ciò, ha avuto il suo momento di gloria, entrando a pieno titolo nella storia del Carnevale Bollatese. Nell’edizione del 1961, “el Sciampagn”, al secolo Andrea Grassi, fu l’acclamato protagonista del carro “I cannibali”, promosso dal rione Coo de soot. Durante la sfilata del sabato pomeriggio, che da Bollate raggiungeva la prestigiosa piazza Duomo a Milano, rimase immerso in un calderone d’acqua sotto il quale era stato accesso del fuoco per rendere più veritiero il soggetto. Ebbene, quando l’intercapedine di amianto cominciò a logorarsi, causa la lunghezza del viaggio, rimase stoicamente al suo posto indifferente al calore sempre più forte che lo avvolgeva. Questo coraggioso comportamento è stato favorito anche grazie al fatto che, nel corso del tragitto, ha potuto godersi in santa pace il compenso: un fiasco di barbera, che gli era stato promesso per ricoprire quel ruolo delicato, Un episodio di eroismo che è entrato di diritto nell’album dei ricordi del Carnevale Bollatese.

VALERIA GENOVESE

Le donne della Cort della Linda – Fine anni Quaranta (Foto archivio Giordano Minora)

Tutti insieme appassionatamente, foto di gruppo dei bambini delle corti di via Magenta.  (foto gentilmente concessa da Davide Spagnuolo)

Veduta di Via Magenta negli anni Venti – Sulla destra, l’arco di ingresso alla Cort della Linda e dove abitava Andrea Grassi, detto “Sciampagn”, che svolgeva l’attività di ciabattino. Il suo laboratorio si trovava sotto il porticato di ingresso alla corte. Sulla sinistra, di fronte all’ingresso della corte,  la trattoria bar Scuinett (foto archivio Giordano Minora)

Amarcord: l’acqua dell’esondazione del Pudiga ristagna anche in via 4 Novembre, qui all’altezza del vecchio Cantun Sciatin. (foto gentilmente concessa da Davide Spagnuolo)  

Una piccola Valeria Genovese, con la mamma e il fratello Roberto, lungo la via Magenta ( foto gentilmente concessa da Davide Spagnuolo)

Andrea Grassi “Sciampagn” sul carro I Cannibali del Co de Sott – Edizione 1961 del Carnevale Bollatese (foto archivio Giordano Minora)

I preparativi in Cort di Moron del carro del Co de Sott  I Cannibali ,Il calderone,  in cui entrerà Andrea Grassi Sciampagn,  viene ricoperto di amianto per attenuare il calore delle  fiamme che saranno accese sotto. .Si riconoscono: Mario Minora, detto “Nicia” , Doniselli Scuinett, Ettore Minora , Giuseppe Minora, Natale Mantegazza, Anselmo Doniselli, Oddone Alzati, Luigi Minora – Gennaio 1961

 Giannina e Angelo: un amore sbocciato sul ponte della Garbogera

UNA COMUNITA’ SI RACCONTA.  Il nostro Romanzo Popolare

UNA COMUNITA’ SI RACCONTA. Il nostro Romanzo Popolare

UNA COMUNITA' SI RACCONTA Il nostro Romanzo PopolareUn racconto sulla vita della città, passata e presente, fatto dagli stessi cittadini. Uno storytelling partecipativo nel quale ciascuno porta un suo originale contributo. Questa l'essenza de “Il Romanzo Popolare di...

Domenica 13 luglio 1952, a Madonna in Campagna, come da tradizione, c’è la “festa dei Peritt”, in concomitanza con la quale si celebra anche la giornata dell’ammalato, con le barelle e le carrozzine, condotte dai barellieri e le dame dell’Unitalsi, disposte lungo la via e dove, poi, il parroco don Carlo Elli passerà per dar loro la benedizione. Una festa molto sentita, annunciata da uno scampanio gioioso già diversi giorni prima, un’autentica celebrazione dell’estate e anch’io, con le mie amiche, partecipiamo. In particolare, per curiosare e ammirare le tante bancarelle con dolciumi, su tutti la celeberrima tiracca, giocattoli, gadget di vario tipo che fanno da cornice attorno al piccolo santuario dedicato a Santa Elisabetta. Nel corso del pomeriggio, attratte dall’omino sull’angolo che vende i palloncini colorati, ci fermiamo a parlare sul ponte della Garbogera, là dove le acque del torrente, provenienti da via Porra, girano costeggiando tutta la via Madonna in Campagna fino a raggiungere la Cascina delle Monache. Ad un tratto, un’ amica vede venire verso di noi due giovani in bicicletta e uno di loro, rivolgendosi esplicitamente a me, sostiene di conoscermi. Stupita, perché proprio non l’avevo mai visto, rispondo scherzando:”certo, abbiamo mangiato insieme il risotto a mezzogiorno”. Lui, di rimando, per avvalorare la sua affermazione, indica dei ragazzi che stanno venendo verso di noi dicendo che sono i miei fratelli. Mi giro incredula e mi rendo conto che sono proprio loro. Allora lo guardo con più attenzione in viso, praticamente lo squadro, e capisco che i suoi occhi esprimono un sentimento di sincerità e onestà. A quel punto comprendo che quel giovanotto fa per me. Qualche giorno più tardi mi chiede un appuntamento e, senza esitazione alcuna, gli dico di si. Da quel giorno, da quelle frasi, da quegli sguardi scambiati sul ponte è nato un amore che è durato ben 66 anni: solo la morte è riuscita a separarci. E io rimpiango ogni giorno la sua mancanza perché Angelo è stato davvero un uomo sincero ed onesto.

GIANNINA MONTECCHI – MINORA

 L’amore al tempo della festa dei Peritt. Giannina Montecchi e Angelo Minora, un amore lungo 66 anni , nato sul ponte della Garbogera (foto gentilmente concessa da Emanuela Minora)

Un Kissinger bollatese d’altri tempi

Cercasi medico disperatamente

Cercasi medico disperatamente

Cercasi medico disperatamenteIl signor dottore che non c’è piùRicordate il dottor Guido Tersilli? Il celeberrimo medico della mutua- magistralmente interpretato da Alberto Sordi – era ossessionato dai pazienti che cercava di accalappiare e rubare ai colleghi con ogni...

Leggo nell’articolo del 5 ottobre 2020, intitolato “ Ambrogio e Cristoforo, la nostra chanson de geste”, che .si cita il frate Cristoforo da Bollate, sicuramente ivi nato e vissuto, operante tra il XVII e il XVIII secolo.

Prima di lui però ci fu un altro personaggio, con il medesimo nome e la medesima origine, operante nel ducato milanese nel XV secolo. Infatti, durante le mie ricerche di 50 anni fa, mi imbattei in 2 personaggi bollatesi di nascita, tali Drogo (forse di Novate) e Cristoforo da Bollate . Entrambi funzionari della corte degli Sforza. Del primo, ricordo che andò in disgrazia e fu fatto annegare nella cella sottostante a un ponte del fossato che circonda il castello Sforzesco (alimentato dalle acque del Nirone?). Cristoforo da Bollate fu invece un valente e stimato funzionario, diplomatico della cancelleria degli Sforza, spesso utilizzato per ambasciate nelle corti europee. Fu attivo per circa 30 anni.

Franco Petrucci nel suo “ Dizionario Biografico degli italiani”- edizioni Treccani, cita il nostro Cristoforo e, basandosi su una corposa documentazione, ne ricostruisce la storia. Per conto del duca Francesco, nel 1463 andò in Francia per incontrare il re Luigi XI (Valois) e vi ritornò più volte negli anni a seguire, soggiornandovi anche per lunghi periodi. Anche altri duchi del casato Sforza lo inviarono in varie corti estere. Andò infatti dall’imperatore Federico III sia a Graz che a Vienna. Fece frequenti visite in Savoia da Carlo I di Savoia e altre ancora in Piemonte. L’ultimo suo incarico, avuto dal reggente Ludovico il Moro, fu nel 1490, quando si recò in Savoia per verificare le cause della morte di Carlo I. Nella sua relazione, esistente negli archivi, c’è la sua dichiarazione che conferma che quella del sovrano fu una morte dovuta a cause naturali. Ebbe una figlia, Lucia, che nominò sua erede. Lucia sposò un Biglia ( o Bigli), famiglia in forte ascesa sociale, tale da diventare nel secolo successivo feudataria nel pavese (vedi in proposito il comune di Mezzana Bigli ) e a Saronno. 

Fondò una cappella, all’epoca della costruzione -nell’ultimo decennio del secolo-della chiesa milanese di San Pietro in Gessate, situata di fronte all’attuale Palazzo di Giustizia. Questa chiesa è di grande interesse artistico per una notevole e sobria facciata in stile Quattrocento Lombardo e per gli affreschi contenuti all’interno, dipinti da noti pittori. Purtroppo fu duramente bombardata durante la II guerra mondiale, subendo gravi danni al suo patrimonio artistico. Cristoforo morì prima del 1497. Ho voluto ricordare questo personaggio perché, a differenza del suo omonimo che ha una via dedicata in città, rischia di passare nel dimenticatoio. 

Nazzareno Marcon