Andati in pensione i dottori di riferimento, è iniziato un calvario fatto d’incertezze, con sostituzioni provvisorie, spesso di brevissima durata, ed orari di visita limitati. Nessuna garanzia per il futuro, tanto da essersi rivolti al sindaco, tutore della salute dei cittadini, per chiedere un intervento presso le autorità preposte. Sollecitazione raccolta dal primo cittadino con la richiesta di un incontro urgente all’Azienda Territoriale competente. Come se non bastasse, a complicare ulteriormente la situazione, la lotteria dei vaccini antinfluenzali, dosi non ancora disponibili né per ambulatori medici né per le farmacie. Oltre al fatto che, causa emergenza pandemica, per motivi di sicurezza quest’anno molti medici di base non aderiscono alla campagna di vaccinazione presso i loro studi. Conclusione: cittadini disorientati sul da farsi. A conferma del caos organizzativo in cui versa la regione Lombardia.
Ma perché si è passati dal medico onnipresente al medico introvabile? Nel 1968, ai tempi del dottor Tersilli, la convenzione con la mutua era la via più semplice per guadagnare: più pazienti, più visite, maggiori ricavi. Per mettere ordine ad una sanità spezzettata tra mutue diverse, medici condotti che dipendevano dal comune, enti assistenziali che funzionavano per conto loro, nel 1978 è stata emanata la legge 883. Obiettivo della riforma garantire una sanità uniforme, l’uguaglianza di trattamento per tutti i cittadini: arrivano le Unita Sanitarie Locali, in Lombardia con una s in più – USSL – perche è inglobata la s di sociale. I medici di famiglia passano sotto le direttive di queste strutture, trasformate qualche anno più tardi in ASL. Nel nome del contenimento dei costi viene inserito il concetto di aziendalizzazione con la gestione manageriale della sanità, accompagnata da una maggiore autonomia assegnata alle regioni. Nasce il concetto di accreditamento per le strutture sanitarie, ossia le convenzioni tra sanità pubblica e privata. Da quel momento, ogni regione ha un proprio sistema sanitario ed eccoci così ai giorni nostri con l’ultima riforma targata Lombardia dell’agosto 2015, giunta Maroni, che istituisce due nuove agenzie, una allo scopo di produrre e gestire strumenti organizzativi e di comunicazione in ambito nazionale ed internazionale, l’altra di controllo del sistema sociosanitario. Sulle ceneri delle Asl nascono le ATS (agenzie di tutela della salute) e ASST (agenzie che accorpano in un’unica realtà ospedale e territorio). Le ATS, anche attraverso i distretti, hanno una serie di compiti da attuare, tra i quali quello di coordinare l’operato dei medici di base, mentre la ASST punta a “superare la frammentazione dei percorsi tra ospedale e territorio e tra sanitario e sociosanitario”.