RENATO MONTRASI

L’avventura di un genio inquieto

“Non vi fu mai un grande ingegno che non avesse in se anche un pò di pazzia”. Lucio Seneca

Renato Montrasi era quello che si definisce una personalità tra genio e introspezione, dava l’impressione di essere con la testa altrove, assorto nei suoi pensieri, e invece era presente, con una puntualità di azione che spaziava e spiazzava nelle situazioni più diverse, attitudine questa, manifestata da tanti particolari fin da ragazzo.

Prima media, il professor Giorgio Mores, nell’ambito delle applicazioni tecniche, esorta gli alunni a presentare un lavoro di fine anno e Renato, sorprendendo tutti, realizza un bassorilievo in gesso con l’effige di Leonardo da Vinci cui è dedicata la scuola.

Partita di calcio sul campo dell’Ardor, Renato, abulico e fuori dal gioco, un secondo prima della sacrosanta sostituzione, si fa dare un pallone al limite dell’area, scavalca con un pallonetto il difensore e scarica un sinistro micidiale che si infila sotto l’incrocio dei pali della porta avversaria, poi, indifferente all’entusiasmo dei compagni, si dirige verso la panchina per il cambio.

Vigilia della festa dell’oratorio, persone indaffarate ad ultimare i lavori; Renato, seduto su un tavolino meditabondo, con un paio di pragmatici operativi che lo guardano perplessi, d’improvviso si impossessa di un cartone e di un pennarello e, in un amen, si inventa delle originalissime impronte per segnalare il percorso della marcia del giorno dopo. Piccoli gesti che dimostrano un’anima tormentata ma dalla fantasia improvvisa, un modo d’agire che contrassegnerà l’itinerario di tutta la sua breve esistenza.

Renato Montrasi , terz’ultimo da destra , in una formazione dell’Ardor – fine anni  Sessanta (foto gentilmente offerta da Maurizio Panza) – Un giovanissimo Renato Montrasi, primo a sinistra, con un gruppo di amici alla stazione di Bollate. Al centro,  con cappello bianco e occhiali da sole, l’assistente dell’oratorio don Angelo Gervasoni – primi anni Settanta (foto gentilmente offerta da Luigi Ghezzi)

Dopo il liceo artistico, l’Accademia di Belle Arti a Brera, i primi lavori e successivamente un periodo di perfezionamento a Carrara. La scultura come orizzonte meditativo e complesso, ben illustrato nelle sue opere, in un’ avventura umana inquieta e tormentata, accompagnata, allo stesso tempo, da una profonda sensibilità, il tratto generoso, la bontà d’animo, doti nascoste dietro quella sua aria da eterno bohémien, sempre alla ricerca di un senso ad ogni circostanza; come quella volta che decise di lanciare per aria una banconota: se cadeva dal lato del volto, avrebbe preso la strada del ritorno a casa, se usciva il rovescio, sarebbe andato alla Biennale di Venezia, cosa che avvenne.

Abbraccio di due innamorati – anni Settanta (foto gentilmente offerta da Luigi Ghezzi)

Marmi – foto dal catalogo del comune di Bollate dedicato a Renato Montrasi

Il viaggio, inteso come perenne ricerca, è la trama del suo destino dove, spesso, è presente un treno dei desideri che all’incontrario va rispetto alle aspettative e dentro il quale Renato sembra immedesimarsi nell’interprete gucciniano, protagonista del brano Incontro.

E pensavo dondolato dal vagone, cara amica, il tempo prende, il tempo da. Noi corriamo sempre in una direzione, ma quale sia e che senso abbia chi lo sa. Restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento, le luci nel buio, le case intraviste da un treno. Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno“.

Propria dalla stazione ferroviaria di Bollate, in un mattino di festa flagellato da una copiosa nevicata, ha deciso di seguire fino in fondo il volteggiare di un fiocco candido per comprendere, più da vicino, il senso di quella storia chiamata vita.

Paolo Nizzola

UN AMICO DAL CUORE GRANDE

Me lo ricordo benissimo quell’otto dicembre del 1978, era la festività dell’Immacolata e nevicava fitto fitto. Tuttavia, il motivo per cui mi è rimasto impresso è soprattutto per quanto accaduto la domenica prima: Renato è arrivato, verso le cinque di sera, nel bar dell’oratorio facendomi questa confidenza, “ho finito di leggere la vita di Van Gogh e mi sento simile a lui”. Sapevo che era un pittore celebre ma non che si fosse suicidato. Quindi, quando appresi della tragica morte, mi tornarono alla mente quelle parole, quasi una profezia.  Subito dopo mi chiesi, ”ma quel fatale attraversamento dei binari è stato voluto o frutto di sbadataggine?“. Il dubbio mi tormentava perché era risaputo che lui viveva sempre assorto nella sua dimensione, senza badare a quello che gli stava attorno. Aveva solo 28 anni e poneva fine ad una esistenza fatta di tante circostanze comuni, filtrate dalle sue confidenziali inquietudini.

La sua passione per l’arte, oltre che per il calcio giocato (è stato un funambolico numero 10), era stata supportata fin da bambino da papà Alberto. Originario di Castellazzo, lavorava alle fonderie milanesi Battaglia, famose perché frequentate da scultori di fama come Manzù, Messina, Marini, Minguzzi, e questo ha consentito a Renato di entrare in contatto con autentici maestri. Già frequentando il liceo artistico, aveva messo in luce le sue qualità creative; appena quindicenne si era fatto notare cimentandosi con statue di gesso, la testa di ragazzo in particolare, e la donna sdraiata, realizzata in bronzo e fusa a cera dal papà. Negli anni Settanta, l’accesso all’Accademia di Brera, anni di gran fermento, ricerca, innovazione, tanto che si soffermava lungamente a spiegarmi la teoria “della compenetrazione dei materiali e delle forme”. Insegnava educazione artistica alla scuola serale di via Fratellanza ma, nel biennio 1977–78, decise di abbandonare Bollate per approdare a Carrara e dedicarsi a tempo pieno alla scultura. Il ritorno in città con l’atelier in Cantun Sciatin (non perdetevi il nostro articolo dedicato), a piano terra in un vecchio locale umido e fatiscente, ma che ben rendeva l’atmosfera disordinata e bohémien dell’epoca, le iniziali sculture, anche imitando un amico che aveva fatto delle movimentazioni con il pongo per una celebre pubblicità televisiva. In collaborazione con il papà, la fusione in bronzo della sesta porta del Duomo di Milano di Luciano Minguzzi, seguita dal lavoro per Floriano Bodini per il monumento ai bersaglieri al Verziere, nell’omonimo largo a Milano. La partecipazione alla Biennale di scultura lo aveva portato ad esporre in Svizzera. Tante realizzazioni in proprio sono state destinate ad amici e conoscenti: un gesso raffigurante l’Ultima Cena, regalato a don Angelo Gervasoni, assistente dell’oratorio, il ritratto in rilievo all’amico Romano, uno studio sul Crocifisso donato a don Aldo Geranzani, la struggente Madonna in marmo di Candoglia, posta sulla tomba di mamma Genoveffa.  Altre opere sono finite nelle collezioni private di appassionati, galleristi, famiglie. Ai suoi lavori si è interessato anche Giovanni Testori, scrivendone sulle pagine del Corriere della Sera e acquisendone alcuni per la sua casa museo di Novate. Sette sculture sono state, post mortem, donate dal padre al Comune e sono ubicate in diversi spazi del municipio, una è collocata nel cortile della biblioteca cittadina, mentre il bozzetto dell’Angelo (ingrandito diverrà il suo monumento funebre) è nella biblioteca di Baranzate.

Una grande eredità artistica e umana quella lasciataci dalla seppur breve vita di Renato. A distanza di anni, continua ad appassionarmi, commuovermi ed interrogarmi.

Luigi Ghezzi

Renato Montrasi

Medaglione in gesso raffigurante Leonardo da Vinci, posto nell’atrio della scuola di via Fratellanza.

Da “L’informatore Bollatese” – Maggio 1962  – Archivio Giordano Minora.

Testa in gesso – opera giovanile -1965 (foto gentilmente offerta da Luigi Ghezzi)

La scultura come orizzonte meditativo e complesso

Il calco in gesso dal quale è stata ricavata la statua in bronzo, posto nella vetrata all’ingresso del palazzo Comunale. Purtroppo senza nessuna indicazione, quasi fosse anonimo.  Foto © Giordano Minora

Statua in bronzo, collocata nel giardino della biblioteca comunale – foto © Stefano Rossi

Statua in lavorazione  nella fonderia Cubro di Novate  Milanese – foto © Stefano Rossi

Il 29 Gennaio del 1989, Giovanni Testori scrisse per il Corriere della Sera un articolo rievocativo della sua figura
Articolo uscito sul Corriere della Sera – 1978
Il settimanale Luce del 10  dicembre 1978

RENATO, UNO DI NOI

L’altezza cronologica di queste opere è rapportabile agli anni Settanta. Infatti il discorso artistico è animato da tendenze variamente internazionali, dall’arte povera, al concettuale, ai nuovi linguaggi. Possiamo avvertire qui tutta una consapevolezza a immettere nel “gioco” il lascito della solitudine, della predestinata fatalità della condizione umana, la irrinunciabile risposta di un mondo remoto alla modernità. …Nel giovane scultore c’è la precarietà, la “fragilità” del poetico e dell’esistere…  Quale avrebbe potuto essere la storia evolutiva, il cammino, l’attraversamento di questi anni? Forse ogni risposta sarebbe sterile e astratta.

Stefano Crespi – critico- in occasione dell’inaugurazione della mostra antologica dedicata a Renato Montrasi dal Comune di Bollate nel decennale della scomparsa- 22 gennaio 1989

L’otto dicembre del 1978, ad appena ventotto anni, Renato prendeva il treno per l’aldilà, verso il “non luogo”, il “non tempo”, verso l’eternità. Ma perché “ri-cor-dare”, perché “far vedere “(non mostrare) le sue sculture. Forse perché noi non siamo Angeli. All’Accademia di Brera era certamente tra i pochi scultori a saper scolpire e modellare con “coscienza di causa”, perché Renato Montrasi è stato scultore, non comune per capacità e sensibilità, e questa sensibilità ci è stata lasciata e ci parla ancora attraverso il meglio della sua opera.

Samuele Gabai – pittore e incisore svizzero- testimonianza nel catalogo della mostra

Era un artista di quelli veri, sapeva inventare senza materia; colto l’attimo, si immedesimava e poi elaborava. La pittura, il disegno, la scultura li aveva nel sangue, non aveva bisogno di apprenderli o mutuarli da qualche altra parte, erano qualcosa di semplicemente spontaneo che nascevano dentro di sé. Libero della sua vita, dei suoi valori profondamente umani e della sua cultura. Non si è mai piegato ad alcun tipo di compromesso e, probabilmente per questo, talvolta poteva sembrare scostante. Sapeva esprimere tutta la sua immaginazione in un lavoro creativo che scaturiva unicamente dal cuore e dalla mente.

Maurizio Panza – assessore alla cultura – in occasione dell’inaugurazione della mostra antologica dedicata a Renato Montrasi dal Comune di Bollate nel decennale della scomparsa. 22 gennaio 1989

Renato Montrasi era una di quelle creature che “tengono in mano l’anima”, direbbe Dostojewskij. Era un artista nel senso più vero di questo termine, perché nell’arte cercava affannosamente una sua verità, quella della sua ricca personalità, dei suoi più profondi sentimenti, da trasmettere come un messaggio luminoso in tanto grigiore.

Don Annibale Orsenigo, “Dao” – prete scultore- presentando la biografia di Renato Montrasi sul catalogo della mostra antologica nel decennale della scomparsa- 22 gennaio 1989

Al signor Alberto Montrasi, padre dello scultore Renato, abbiamo promesso, al momento di accettare la donazione delle sette sculture del figlio, di portare a conoscenza di tutta la cittadinanza il suo generoso gesto, esponendo al pubblico le opere di Renato, prima della loro definitiva collocazione nella sede del Municipio, la “casa di tutti i cittadini”. Onoriamo la memoria di Renato Montrasi con questa piccola ma sentita mostra delle opere donate.

Giovanni Nizzola – sindaco di Bollate- in occasione della mostra “La Materia e la sua Forma”, allestita dal 1 al 16 maggio 2004, per presentare le sette opere donate alla città

Eravamo coetanei, tutti e due della stessa classe, sicuramente come tutti i bambini di allora, abbiamo giocato insieme. Poi negli anni, quelli ruggenti delle torte in cielo, ci perdemmo di vista. Non è la nostalgia che conta ma il semplice e più profondo ricordo che diventa memoria preziosa. Renato ha dato tanto in così poco tempo, forse tutto, ma questo non lo sapremo mai. Sicuramente ci ha lasciato tutto. Ora i cittadini bollatesi hanno una grande parte di memoria da accudire e conservare, per loro e per gli altri.

Celso Doniselli – curatore della mostra “La Materia e la sua Forma”- 1-16 maggio 2004 – Spazio Comune- piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa – Cantun Sciatin

 Dopo il servizio militare avevo ripreso a frequentare l’Accademia di Brera. Dovevo ripetere l’esame di “teoria delle ombre” e Renato, pur più giovane di me, mi fu di grande aiuto nel darmi lezioni a casa sua. Un supporto fondamentale e generoso al tempo stesso: non volle alcuna ricompensa. A esame superato, mi sentii in dovere di donargli un libro sulla vita e le opere di Pablo Picasso.

Paolo Fabbro – pittore bollatese

Renato Montrasi, nato a Bollate il 7 agosto 1950 – deceduto a Bollate l’8 dicembre 1978

Alla sua memoria è stata dedicata una via nella frazione di Ospiate.

Paolo Nizzola, una vita a maneggiare notizie tra giornali , radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico “ Ho fatto solo il giornalista”.

Milanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro “una storia su due ruote”), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting) .Gaudente a tavola, soprattutto  in buona compagnia.
Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.

Paolo Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari ,la fotografia, la storia locale e lo  sport   sono sempre stati al centro dei suoi interessi. .Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni  Bollate 100 anni di immagini (1978) , Una storia su due ruote (1989) Il Santuario della Fametta (2010) La Fabbrica dimenticata (2010) Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014) . Ha curato anche diverse mostre fotografiche fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015) La Fabbrica dimenticata (2010) I 40 anni di Radio ABC (1977). E’ tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.

Giordano Minora