Ci vuole un fisico bestiale

La Romana e un inedito Carnera

“Mens sana in corpore sano”, Giovenale dixit e don Vincenzo fecit.

Si può condensare in questa battuta l’applicazione del celeberrimo motto latino, attuata a Bollate nei primi anni del Novecento. Dopo la tragedia della grande guerra, la voglia di ricominciare era tanta e coinvolgeva anche l’attività fisica. Oltre al pallone (nel 1919 venne dato il calcio d’inizio all’avventura della Unione Sportiva Bollatese) e alla bicicletta, discipline come la corsa e il salto rivendicavano il loro spazio. Così quel vulcanico sacerdote che corrisponde al nome di don Vincenzo Donadeo, decise che in quel crogiuolo di creatività e socialità che animava il cortile dell’oratorio, insieme alla dottrinetta, al teatro, all’educazione civica, i ragazzi potessero armonizzare corpo e anima con una disciplina allora in voga, la ginnastica. 

Il vulcanico sacerdote Vincenzo Donadeo, ispiratore dell’attività ginnica della Romana – Fine Anni Venti

Nel 1928 nasce la Società Oratoriana, quasi subito ribattezzata Ginnastica Romana, per evitare incomprensioni con l’aria che tirava all’epoca, “denominazione data in onore di Roma caput Mundi- ricorda uno dei soci fondatori Ettore Radaelli – proprio perché la capitale era emblema di supremazia storica”. Primo presidente fu nominato Carlo Croce, mentre ad avviare i ragazzi a questa particolare e rigorosa disciplina fu chiamato da Milano, l’esperto maestro istruttore Piatti. Tuta bianca con ricamata sul petto la scritta societaria in blu, la divisa sociale. Nelle sue memorie, il milanese Radaelli annota ancora: “eravamo sempre al verde, le uniche entrate erano le tessere dei soci sostenitori, che la tipografia dell’amico Zappa ci stampava gratuitamente. E poi c’erano le accademie, esibizioni che organizzavamo nel cortile, davanti alla grotta della Madonna di Lourdes, (alle quali partecipavano, a titolo gratuito, il campione olimpionico Savino Guglielmetti e alcuni celebri schermidori miei amici), richiamavano pubblico e permettevano di racimolare fondi per la causa”.

La ginnastica fece breccia nella gioventù bollatese, nonostante richiedesse una costante e impegnativa preparazione, e non tardarono ad arrivare i primi riconoscimenti ufficiali, tanto che la Federazione milanese stabilì di omaggiare, per meriti sportivi, la società con alcuni attrezzi come parallele olimpiche, cavallo e sbarra. Grazie ai risultati acquisiti, la Romana si guadagna la partecipazione ai campionati italiani di Venezia del 1930, un evento epico ma anche una trasferta impegnativa per quei tempi. La spedizione era composta, oltre che dall’istruttore Piatti, dagli accompagnatori Fortunato Ghioni, conosciuto familiarmente come “el Furtunin” perché piccolo di statura, Ercole Strada e Federico Broggi. La formazione comprendeva elementi di prim’ordine come Antonio Figini, detto “Cunscin”, già vincitore di diverse gare, Vincenzo Strozzi, Luigi “Ginin”Rossetti, Alfredo Verga, questi ultimi due primeggeranno anche nell’atletica leggera, rispettivamente nel salto in alto e nei 100 metri piani. A completare la rosa c’erano Mario Piazza, i fratelli Oreste e Vittorio Albani, Federico Sassi, Aldo Motta, Roberto Cimbro, Giulio Minora, Mario Donzelli, per gli amici “Zula”, Riccardo Diotti, Eugenio Tenconi, Marco Mornati, Franco Borroni e Umberto Origgi. I bollatesi conquistarono il dodicesimo posto ed ebbero  l’onore di vedere due atleti, Antonio Figini, e Luigi Rossetti, selezionati come probabili olimpici.

La squadra della Ginnastica Romana partecipante ai Campionati Nazionali svoltisi a Venezia nel 1930

In posa per la foto ricordo in Piazza San Marco a Venezia – 1930

Per consolidare una posizione di preminenza in ambito regionale, la compagine venne ristrutturata a livello organizzativo e gestionale, Ettore Radaelli assunse la presidenza, avvalendosi della fattiva collaborazione di Piero Gallotti, Arturo Pizzi e Carlo Binfarè. In qualità di istruttori furono promossi gli ex atleti Vittorio Albani e Giulio Minora. Intorno a questa esperienza sportiva crescevano passione e orgoglio, testimoniata anche attraverso il sostegno economico di numerosi commercianti locali. Ricorda in tal senso il presidente nella sua memoria: “oltre al già citato tipografo Zappa, Adriano Beretta, comproprietario di una fabbrica di giocattoli, bambole e attrezzi sportivi in via Matteotti, l’amico Strozzi, ex ginnasta come Cancarini, quest’ultimo gestiva alla fornace (attuale via Martiri di Marzabotto) un’ azienda per la ristrutturazione di carri merci, e poi l’operatore commerciale Enrico Colombo (qualche anno più tardi diventerà sindaco del comune). Questi, alla vigilia di un concorso si accorse che le nostre casacche erano ormai troppo vissute e mi accompagnò a Saronno dove abbiamo comprato, con i suoi soldi, 12 divise di seconda mano per sostituire quelle usurate”. Di concorso in concorso, nella primavera del 1932, la formazione prese parte ad una manifestazione nazionale ad Asti. Il segretario Arturo Pizzi, soprannominato “l’uomo del sigaro”, ha tramandato questa descrizione che fa ben comprendere le condizioni di spostamento e alloggio per quell’epoca, “fu un viaggio lungo e disagevole, dormivamo sulla paglia, non avevamo cibo. Per la fame, tra una prova e l’altra della gara, divorammo una gallina lessa fredda, trovata nelle cucine della palestra. Pur con questi disagi riuscimmo a collezionare trofei e medaglie”. Il Piemonte portava bene alla Romana, qualche mese dopo ottenne lusinghieri risultati in una analoga manifestazione a Cuneo. Tre anni più tardi, nel 1935, a Busto Arsizio, sede della famosissima e blasonata Pro Patria, Franco Sassi ,“il bello della compagnia”, si impose nel concorso nazionale esordienti e qualche posizione dietro di lui si piazzarono Innocente Monti, Remo Merati, Domenico Realini, Luigi Ghezzi e Luigi Sassi, a dimostrazione di una bella prova corale di squadra.

A sinistra, atleta in allenamento alla sbarra – Campo sportivo di Bollate – Fine Anni Trenta. A destra, atleti in allenamento al cavallo – Campo sportivo di Bollate – Fine Anni Trenta

Remo Merati, uno degli elementi di spicco della Romana, in allenamento alle parallele nel cortile dell’Oratorio di Bollate – Fine Anni Trenta (foto gentilmente concessa da Mariagrazia Merati)

Nel 1939, la formazione diretta da Vittorio Albani conseguì una nuova eccezionale performance in una competizione nazionale a Bologna, ottenendo brillantissimi piazzamenti nelle tre categorie in programma: juniores, allievi ed esordienti. Gli atleti in concorso erano Franco Sassi, primo assoluto nella sua categoria, Oreste Albani, Remo Merati, Domenico Realini, Giulio Minora, Aldo Motta -secondo nella prova individuale juniores- Eugenio Tenconi , Oreste Albani, Mario Donzelli, Roberto Cimbro, Luigi Brocchetta, e i debuttanti Luciano Minora, Egidio Monti e Adriano Culzoni. Questi piazzamenti portarono la Romana a gareggiare nella rinomata palestra Forza e Coraggio di Milano e ad essere selezionata per partecipare ad un concorso internazionale in Svizzera. Bollate venne altresì scelta come sede di una un’eliminatoria del prestigioso trofeo Tullio Morgagni, in ricordo del campione olimpionico della specialità. “In quell’occasione – scrive Pietro Pulici nella sua storia dedicata all’Unitalsi e intitolata “ti abbiamo visto ammalato” – gareggiarono nel cortile dell’oratorio tutte le più forti formazioni ginniche delle province di Milano e Varese, tra le quali le blasonate milanesi Forza e Coraggio e Mediolanum, la bustocca Pro Patria, il Cotonificio Cantoni di Legnano. Per l’eccezionale circostanza, don Vincenzo tenne un affettuoso discorso agli atleti convenuti “.

A sinistra, gli atleti della Romana partecipanti alla manifestazione nazionale di Bologna nel 1939. A destra, manifestazione nazionale di Bologna – 1939

Gli spettacolari voli sulla sbarra e le improvvise rotazioni sulle parallele furono spente dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Qualche atleta non potè più volteggiare sugli attrezzi perché vittima dei combattimenti, Roberto Cimbro fu uno di questi.

Lo schieramento degli atleti della Romana in  una delle prime gare disputate – Fine Anni Venti

I bagliori della guerra non spensero però del tutto l’entusiasmo. Sul finire degli anni Cinquanta, Giulio Minora, che non aveva mai mollato, con la collaborazione di Marco Mornati e Giulio Binfaré, riuscì a riorganizzare la Romana con l’aiuto dell’aitante vigile del fuoco milanese Donato Zaccarini. Una quarantina i ragazzi avviati alla disciplina nelle categorie principianti e allievi, “decidemmo di cominciare quasi per gioco, ma fummo subito contagiati dall’entusiasmo, tanto che la carica emotiva ci portava a fare ben tre allenamenti alla settimana nella palestra della scuola media di via Fratellanza, per la disperazione del custode Tarcisio Luini perché non rispettavamo mai gli orari“, racconta Pietro Boniardi, uno del gruppo dei ginnasti, insieme all’inseparabile amico Angelo Marazzi, ai fratelli Giacomo e Gino Carsana, Lugi Meroni, Giacinto Caspani e altri. Lo stesso Pietro Boniardi, a metà degli anni Settanta, creerà la sezione ginnastica alla polisportiva Ardor, mentre Angelo Marazzi – talmente coinvolto da questa disciplina, la definiva in questo modo appassionato:

“la ginnastica è sport totale, è generosità, fantasia, musicalità, potenza, coraggio, umiltà, ostinazione, equilibrio psicofisico, sacrificio, competizione, gioia e vita”

Angelo Marazzi

Angelo Marazzi in allenamento alle parallele – Primi Anni Sessanta

Il gruppo dei giovani ginnasti protagonisti del rilancio della Romana nel cortile della scuola media di Via Fratellanza – Sono riconoscibili: Pietro Boniardi, Angelo (seminascosto) e Giacomo Carsana, Angelo Marazzi, Luigi Meroni, Giacinto Caspani, Franco Doniselli e l’istruttore Donato Zaccarini

Nel 1983, in compagnia della moglie Giannina Bergamasco, creerà il Centro Sport Bollate, rinverdendo i fasti della Romana grazie ai successi del figlio Devis (per ben due volte consecutive campione italiano allievi) e della figlia Monia, (selezionata per le Olimpiadi e successivamente allenatrice prima della nazionale femminile Svizzera e ora di quella italiana), oltre che dalle vittorie delle formazioni maschili e femminili.

Un giovanissimo Devis Marazzi agli inizi della sua carriera

Monia Marazzi nella palestra del Centro Sport Bollate da lei diretto

MonIa Marazzi contornata dalle sue giovanissime allieve

Le giovanissime allieve di Monia Marazzi in allenamento

Sotto una nuova denominazione, con attrezzature e location al passo con i tempi, la storia continua, oggi si chiama ginnastica artistica. Il volo spiccato nel secolo scorso si è trasformato adesso in un’autentica scuola agonistica per tante giovanissime libellule rosa. Un viaggio che ora è anche raccontato in un libro, intitolato “Voliamo Insieme“, scritto dalla stessa Monia Marazzi.

CARNERA: IL MODELLO DI ITALIANO

Primo Carnera

Tra il tifo per il calcio e un campione muscolare “, con questo verso della canzone Ribot, Lucio Dalla mette in risalto l’atmosfera che si respirava nel Ventennio, quando lo sport era utilizzato come strumento di propaganda. Soprattutto la ginnastica era considerata al pari delle altre materia scolastiche: dalle elementari alle medie, fino ai 18 anni, l’Opera Nazionale Balilla provvedeva all’insegnamento della educazione fisica, disciplina che tuttavia non doveva limitarsi all’ ambito scolastico ma alla quotidianità; non per niente, durante le colonie estive elioterapiche, la giornata era contrassegnata dagli esercizi ginnici, ritenuti fondamentali per acquisire il senso della disciplina e le doti di resistenza  e di potenza da utilizzare sia in tempo di guerra che in epoca di pace. In questo contesto, le grandi manifestazioni sportive come il Giro d’Italia, la Mille Miglia, il campionato di calcio, diventavano la vetrina per mostrare un Paese unito, indivisibile e spinto dall’amor patrio.

Il pilota Achille Varzi al volante di una Alfa Romeo – 8 settembre 1930 – Archivio © Collezione Gasparello

A sinistra, il pilota Enrico Lorenzetti al Circuito di Arona – 21 agosto 1939. A destra, Gino Bartali, seguito da Vicini e Bini in una gara disputata il 14 agosto 1939 – Archivio © Collezione Gasparello

Allo stesso tempo, le imprese agonistiche rappresentavano l’apoteosi, il trionfo di un’idea. Le vittorie degli azzurri, guidati da Vittorio Pozzo e trascinati dal goleador Peppino Meazza, una cavalcata trionfale di due titoli mondiali consecutivi, 1934 e 1938, con l’intermezzo della medaglia olimpica del 1936, oltre alle Coppe Internazionali, antesignane dei campionati europei del 1930 e 1935, stavano a significare il suggello di questo processo.

Ugo Locatelli, giocatore dell’Ambrosiana Inter dal 1936 al 1941. Campione del mondo con la Nazionale Italiana nel 1938  e Campione Olimpico nel 1936. Archivio © Collezione Gasparello

L’italo-argentino Atilio Josè De Maria,  giocatore dell’Ambrosiana Inter dal 1931 al 1936. Archivio © Collezione Gasparello

Gianpiero Combi , portiere della Juventus dal 1918 al 1934. E’ stato il Capitano dell’Italia campione del mondo nel 1934. Archivio © Collezione Gasparello

A loro si aggiunse poi quello che sarà indicato come l’emblema della potenza italica, il modello da seguire, Primo Carnera, “la montagna che cammina”, il testimonial principale delle virtù atletiche del fascismo. Il gigante friulano, per stazza e possenza, fu un vero e proprio fenomeno da baraccone (cominciò in Francia nel circo equestre), poi grazie alla forza innata divenne pugile, naturalmente nella categoria dei pesi massimi.

Carnera in una via del paese, mentre incontra e saluta un vecchio amico

Primo Carnera mentre bacia sua moglie. Con essi, si trova pure la piccola Giovanna Maria

Carnera si intrattiene affabilmente con una vecchia donna del paese, amica della madre del celebre campione

Primo Carnera sul cancello della sua villa mentre porta due grosse valigie molto agevolmente, data la sua forza erculea

Trasferitosi negli Stati Uniti, dopo alterne vicende, nel 1933, al Madison Square Garden Bowl di Long Island a New York, divenne il primo italiano campione del mondo. Trionfo che subito lo trasformò in eroe nazionale, il Minculpop (ministero della cultura popolare) lo presentò come l’ideale di italiano. Divenne, suo malgrado, una reliquia del regime, lui che non apparteneva a nessun partito politico. Dopo i fasti fascisti, tra vittorie e sconfitte, iniziò il declino agonistico. Abbandonò la boxe per dedicarsi al wrestling, diventandone uno dei principali protagonisti. La fama acquisita attraverso lo sport gli aprì le porte del cinema – una ventina di films in ruoli per lo più secondari- della televisione e dei fumetti.

Tra le foto della collezione della signora Gasparello, gentilmente forniteci, vi è questa rara immagine, che ritrae Carnera in una divertente scena con il celebre cantante francese Maurice Chevalier, entrambi in viaggio verso New York, a bordo della nave Conte Grande. Dalla didascalia originale si legge la data in cui è stata scattata: 24 marzo 1931

A lui sono stati dedicati libri e un museo nella casa natale a Sequals, in Friuli. Insomma, quello che si dice l’uomo giusto al posto giusto, un atleta che, sfruttando la naturale prestanza fisica, praticata nel momento storico congeniale, è entrato di diritto nella cultura di massa del nostro Paese.

A livello locale, il prototipo della potenza, della fatica, della disciplina e dell’eroismo è stato rappresentato dall’ospiatese Carlo Galimberti, il plurimedagliato campione olimpico nel sollevamento pesi (vedi la storia il campione eroe sul nostro blog).

Quello invece della tenacia, del coraggio e dello spirito di sacrificio, da Carlo Moretti, corridore classificatosi primo nella categoria indipendenti al Giro d’Italia del 1933 vinto da Alfredo Binda.

Il bollatese Carlo Galimberti, gloria dello sport italiano, in fase di slancio che denota tutta la sua potenza di atleta – Anni Trenta – Archivio © Giordano Minora

Carlo Moretti (a sinistra), primo nella classifica degli indipendenti, al giro d’onore con il vincitore del Giro d’Italia 1933 Alfredo Binda e il belga Demuysiere – Arena Civica di Milano – 28 maggio 1933 – Archivio © Giordano Minora

Le inedite immagini di Primo Carnera fanno parte di un servizio sul pugile di Sequals, realizzato in occasione di una visita al suo paese d’origine, dov’era in costruzione la villa destinata a divenire la sua dimora  Le foto pubblicate in esclusiva, riportando le didascalie originali, sono state gentilmente concesse dalla collezionista Marzia Gasparello, affezionata lettrice del nostro blog.

Paolo Nizzola, una vita a maneggiare notizie tra giornali , radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico “ Ho fatto solo il giornalista”.

Milanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro “una storia su due ruote”), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting) .Gaudente a tavola, soprattutto  in buona compagnia.
Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.

Paolo Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari ,la fotografia, la storia locale e lo  sport   sono sempre stati al centro dei suoi interessi. .Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni  Bollate 100 anni di immagini (1978) , Una storia su due ruote (1989) Il Santuario della Fametta (2010) La Fabbrica dimenticata (2010) Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014) . Ha curato anche diverse mostre fotografiche fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015) La Fabbrica dimenticata (2010) I 40 anni di Radio ABC (1977). E’ tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.

Giordano Minora