VILLA ARCONATI: IL PASSATO DEL FUTURO

Il nuovo look svela tesori nascosti

“Nel 1643, il re di Spagna e duca di Milano, Filippo IV, per alleviare l’austerità del suo soggiorno tra i monaci, in occasione della Settimana Santa alla Certosa di Garegnano, in compagnia del fratello Ferdinando Arcivescovo di Toledo, onorò della sua presenza Villa Arconati, visita testimoniata dall’enorme dipinto di scuola lombarda, ancora conservato nei saloni della residenza”. (Lodovico De Cesare storico)

Venerdi 30 maggio è stato smontato l’ultimo ponteggio e Villa Arconati è tornata a mostrarsi in pienezza nello splendido ritorno alle origini – un ambiente ricco di storia, nobiltà, arte, letteratura, natura e leggende; non per niente conosciuta come la Piccola Versailles Italiana – in un trionfo del più elegante settecentesco barocchetto  lombardo. Dopo 5 anni di lavoro, è terminato il restauro della facciata ovest, quella che da sull’ingresso principale, mutando completamente il colpo d’occhio dall’esterno. Ma non c’è solo il maestoso nuovo look ad accogliere chi arriva a Castellazzo.

Nel periodo di chiusura causato dalla emergenza pandemica, l’attività di riattamento è proseguita pure negli spazi interni, grazie al fatto che buona parte del personale soggiornava presso l’edificio. Così, oltre al rinnovato percorso di accesso, è stato risistemato il Giardino delle Meraviglie, riproposto sotto forma di un enorme “ninfeo”, frutto di architetture vegetali e sculture zampillanti, attraverso il completo rifacimento delle grandi aiuole a parterre, a cominciare da quelle della fontana del Delfino, dove sono state piantumate 400 profumatissime piante di rose rifiorenti, e del teatro di Ercole.

Qui è arrivata la prima delle inattese sorprese: si è scoperto che la statua conteneva giochi d’acqua – non testimoniati in alcun documento – e dunque può trasformarsi  in un ensemble di zampilli, pronti per essere quanto prima messi in azione e divenire un ulteriore motivo di attrazione

Insieme allo svelamento di questo autentico tesoro nascosto, sono tornati a nuova vita anche gli enormi vasi seicenteschi in terracotta, realizzati dai mastri vasari di Roma e fatti arrivare a Castellazzo per volontà di Galeazzo Arconati, con l’intento di contenere le piante di agrumi. A quell’epoca, nei dodici ettari di parco, si trovavano ben 100 alberi di limone, con il cui succo, unito al ghiaccio, si preparavano sorbetti per deliziare i palati degli ospiti. Il “freezer” del tempo era rappresentato dalla capiente ghiacciaia, da anni finita nel dimenticatoio tanto da essere ricoperta di materiale terroso. Ora è stata riportata alla luce e, soprattutto, risistemata nella sua struttura esterna ottagonale, per consolidare il manufatto ed evitarne il deterioramento. I lavori del restauro del Giardino, raro esemplare di spazio verde all’italiana e alla francese, stanno adesso proseguendo nei pressi del Teatro Grande, con l’obiettivo di riportare ai fasti del passato l’ampio bacino centrale e le statue dedicate alle 4 stagioni.

All’interno della costruzione, invece, si è concluso il certosino ripristino pittorico alla sala Museo: nel soffitto a volta, è stata recuperata la tinteggiatura originale settecentesca, accompagnata dalla ricostruzione delle decorazioni degli infissi, dipinti con dorature.

Alcune fasi  delle operazioni di restauro – Foto gentilmente concesse dalla Fondazione Augusto Rancilio

Analoga paziente operazione ha coinvolto la nicchia di Pompeo Magno, decisamente ammalorata a causa della patina di sali che la rendeva pressoché illeggibile nei dettagli, riportati ora all’ottocentesco stile trompe l’oeil, mostrandosi  ai visitatori in tutta la loro splendida interezza, incorniciando la scultura classica dell’imperatore Tiberio. La decorazione che si riferisce alla statua, parla di Pompeo Magno (venne acquistata a Roma da Galeazzo Arconati nel 1627) e, per almeno due secoli, fu ritenuta (erroneamente) la scultura sotto la quale la leggenda narra fu pugnalato Giulio Cesare. Da qualche tempo viene assegnata alla figura di Tiberio, in un intrigante giallo di carattere storico.

Statua di Pompeo Magno

A fianco della sala Museo, in quella che è diventata, nel corso dei lavori, una sorprendente e inedita caccia al tesoro nascosto da recuperare, è stata riaperta, per la prima volta al pubblico, la biblioteca Arconati. Costruita verso la metà del Settecento, inizialmente custodiva un fondo di 3000 volumi, oggi ne sono rimasti circa 2000, tra cui la prima edizione fiorentina dell’opera di Carlo Goldoni, “la putta onorata”, dedicata a Giuseppe Antonio Arconati. La struttura è stata riportata alla luce in tutte le sue parti, comprese le 5 bellissime librerie in noce e il soffitto a volta, avviando altresì un avvincente dibattito su un ulteriore giallo storico, ossia se corrisponda a realtà il fatto di aver conservato il Codice Atlantico di Leonardo, prima di finire alla Biblioteca Ambrosiana di Milano: verità o leggenda? La discussione è aperta. La Biblioteca ha inoltre riservato un altro gioiello inatteso: sotto a una ridipintura superficiale di color azzurro tenue è riemersa la decorazione originale con finissime finte architetture, con la particolarità, davvero unica per queste pitture, che riproducono architetture che sembrano essere state realizzate in legno. Il cantiere dei lavori in corso adesso sta coinvolgendo la antica armeria, per renderla quanto prima aperta alle visite.

Alcune fasi  delle operazioni di restauro – Foto gentilmente concesse dalla Fondazione Augusto Rancilio

Tassello dopo tassello, sta arrivando a coronamento una articolata, preziosa e minuziosa opera di studio, ricerca storico- artistica e di materiali, frutto di una appassionata attività compiuta dalle restauratrici della Fondazione Augusto Rancilio, con il supporto del personale tecnico AEM-SC e MG e la consulenza dell’architetto  Antonella Ranaldi, sopraintendente archeologia , belle arti e paesaggio della città metropolitana. Con il loro impegno quotidiano e il supporto della proprietà, stanno rendendo sempre più maestoso e affascinante questo luogo del cuore per i bollatesi, un bene monumentale che, seppur con le radici piantate nella sua storia, guarda avanti con nuovi progetti, nuovi percorsi, nuove idee, con l’intenzione di essere sempre più aperto e accogliente nei confronti del territorio che lo circonda , proponendosi come affascinante polo di cultura e bellezza.

Paolo Nizzola

Una vista dall’alto di villa Arconati e del suo borgo – Anno 2014

Il servizio del Notiziario dedicato alla fine dei lavori di ristrutturazione di villa Arconati

Un approfondiomento RAI sul restauro della villa Arconati a Bollate

LA NOSTRA CACCIA AL TESORO NASCOSTO

Il restauro di un edificio di queste dimensioni, con 400 anni di storia, richiede tempo, molta prudenza ed estrema delicatezza. Chissà, da qualche parte, ci sarà ancora una delle tavole del Codice Atlantico, forse nascosta tra le pietre di un muro.
Noi continuiamo a cercarla.
Cesare Rancilio – Presidente FAR

IL FESTIVAL NEGLI SCATTI DI ANGELO REDAELLI

Per celebrare i 33 anni del Festival musicale è allestita, negli spazi della Limonaia, dal 20 giugno al 30 settembre, una mostra fotografica che raccoglie una selezione degli innumerevoli scatti che il fotografo ufficiale della rassegna, Angelo Redaelli, ha realizzato agli artisti che si sono esibiti sul palco nelle diverse edizioni, abbinandoli e ambientandoli con le forme monumentali della villa, in una sorta di ”Dialogo” tra arte e architettura, sfociato in un volume antologico, ora riproposto, nella parte più in sintonia con l’aspetto dello spettacolo, e trasformato in esposizione.

Voglio testimoniare, attraverso le mie immagini, appositamente suddivise in due tipologie: 35 scatti a colori, relativi allo spettacolo, in formato 50×70, e 35 in bianco e nero, relativi alla fase del backstage, in dimensione più ridotta, un percorso musicale ed artistico che ha rappresentato per me una esperienza professionale e umana davvero importante. Un lavoro frutto di concentrazione, attese, spostamenti, delusioni, ma soprattutto tanta fatica e altrettanto impegno, in particolare le poco appariscenti ma fondamentali operazioni di sviluppo e stampa. Gli artisti ritratti, nel corso dei miei 30 anni di attività in villa, sono stati tanti, impossibile quindi rappresentarli tutti. Insieme alle curatrici, Martina Bortoluzzi e Valeria Foglia, abbiamo operato una attenta selezione. Tuttavia, proprio per non lasciare indietro nessuno, alla fine del percorso espositivo, sarà possibile, mediante un monitor, poter vedere quelli che non hanno trovato spazio sulle pareti.

Per questa prestigiosa opportunità che mi viene concessa, mi sento in dovere di ringraziare di cuore la Fondazione Augusto Rancilio e l’Ufficio Cultura del Comune di Bollate, per la fiducia professionale, nel tempo diventata anche umana, che mi hanno accordato, permettendomi, tra l’altro, di poter i lavorare in un contesto monumentale e ambientale che, al solo vederlo, emana fascino, storia, arte e cultura. In una cornice cosi, non puoi non appassionarti!

ANGELO REDAELLI – da 30 anni fotografo ufficiale del festival di villa Arconati

 Foto gentilmente concesse dalla Fondazione Augusto Rancilio

Festival di Villa Arconati – FAR 2021, edizione numero 33

In programma dal 24 Giugno al 17 luglio , anche quest’anno all’insegna della sobrietà, con il palco inserito completamente nel contesto circostante, rispettando i tempi e la luminosità della natura, senza il supporto di luci artificiali. Scelta artistica risultata vincente, nella ”limited edition” dello scorso anno.

Da questa edizione, si vuole pure ampliare l’offerta di fruizione al pubblico del contesto del Castellazzo: non solo gli incantevoli spazi dei giardini e delle eccellenze architettoniche della Villa ma, spingendosi al di fuori, riscoprendo eventi e situazioni che fanno parte della storia del borgo, che ospitò le prime riprese cinematografiche del dopoguerra con il film “Il sole sorge ancora”, pellicola del 1946, diretta da Aldo Vergano, girata e interpretata, per buona parte da castellazzesi, o percorrendo in bici, in una visita guidata, le stradine della frazione, arrivare alla grande storia, quella della tragica esplosione della fabbrica d’armi “Sutter&Thévenot”, nota come la Polveriera di Castellazzo, che nel 1918 provocò decine di giovani vittime e in cui apparve, in qualità di infermiere, un giovane Ernest Hemingway, volontario della Croce Rossa. Occasione dunque per entrare in contatto con il territorio, i suoi ambienti e le sue vicende umane. In linea con questa filosofia, sono previsti anche due incontri culturali, uno in Villa e uno in Biblioteca a Bollate, con autori e pensatori che faranno riassaporare il clima letterario degli antichi “salotti”.

Tuttavia, come da tradizione, ormai da qualche anno, il festival si accende partendo dal centro città: su iniziativa della Associazione Bollate Jazz Meeting, giovedì 24 giugno, alle ore 20, nella centralissima piazza del “Cantun Sciatin”, è in programma l’evento gratuito inaugurale: la performance, carica di ritmo e ironia, del quartetto jazz-funk Licaones, capitanato dal duo Francesco Bearzatti e Mauro Ottolini, sax e trombone.

Il giorno dopo, venerdì 25 giugno, si aprono i cancelli della Villa: sul palco salirà Rachele Bastreghi, nota per essere la componente femminile dei Baustelle, la cantante toscana è da poco uscita con il suo primo album solista, intitolato “Psychodonna”, ricco di collaborazioni al femminile.

Lunedì 28 giugno torna in scena la magia degli Avion Travel, già protagonisti di tante serate nel corso  delle precedenti edizioni. L’occasione è il quarantennale della band di Caserta, che si focalizzerà sul repertorio degli album “Bellosguardo”, “Opplà”, “Finalmente Fiori” e “Cirano”, ovvero i capolavori del gruppo realizzati negli anni novanta. Il concerto fa parte della rassegna “La Musica nei Cieli”, che riprende con questo spettacolo e un’altra importante anteprima, la collaborazione con il Festival. In questo ambito si consolida la collaborazione con un’altra rassegna operante nel territorio, “Terraforma”, con l’appuntamento di sabato 3 luglio, “Il quadro di Troisi”, un progetto di Andrea Noce (Eva Geist) e Donato Scaramuzzi (Donato Dozzy) pieno di intuizioni a metà fra la canzone d’autore e l’elettronica.

Nel Festival dalle nuove contaminazioni ed esplorazioni, non poteva mancare anche uno “strano orario”, ovvero un modo per godersi appieno uno spazio magico come quello della Villa. Domenica 4 luglio, dalle ore 6.00, il sorgere dell’alba sarà accompagnato dalle musiche, il piano e l’anima di Remo Anzovino. Autore prolifico per il cinema e la televisione (ha vinto il nastro d’argento per le sue musiche da film) .Si tratta del secondo progetto, realizzato in collaborazione con la “Musica dei Cieli”.

Si chiama invece “deSidera tour”, la nuova proposta live di Cristina Donà, che approda a Villa Arconati-FAR venerdì 9 luglio. Durante l’esibizione, la cantante presenterà in anteprima alcune canzoni di “deSidera”, disco nato anche grazie ad un crowfunding di successo, terminato lo scorso 11 aprile.

Sabato 10 luglio, si rinnova l’appuntamento con il teatro, che da qualche anno è tornato protagonista. Sul palco ci sarà Michela Murgia, con il suo monologo “Dove sono le donne?”.

La serata di venerdì 16 luglio sarà all’insegna della vera festa della musica, attraverso l’incontro di contaminazioni musicali e dissonanze in rima, di “Aljazzeera feat. Frankie HI-NRG MC”, ovvero un trio jazz che dialoga con uno dei padri del rap made in Italy.

La chiusura è affidata alla sapienza di Moni Ovadia, in scena sabato 17 luglio, con “Oltre i confini Ebrei e Zingari”. Con lui sul palco la “Moni Ovadia stage orchestra”, in un appassionato contributo alla battaglia contro ogni tipo di razzismo. 

Gli spettacoli inizieranno alle 20, per sfruttare la luce naturale del crepuscolo, ad eccezione di quello del 4 luglio previsto alle 6 mattutine, naturalmente attenendosi alle disposizioni anti-Covid.

Prima degli spettacoli, su prenotazione, sarà possibile effettuare una passeggiata guidata alla scoperta delle “delizie” del rinnovato e risistemato Giardino.

La bici di Leonardo, ricomparsa dopo cinque secoli

Leonardo inventò di tutto, dall’elicottero alla macchina per fare la pasta.

Nella Firenze rinascimentale si sentiva stretto, quasi sprecato. Gli Sforza non persero l’occasione di accogliere una sua offerta come organizzatore di spettacoli teatrali, accompagnati da musica e da effetti speciali appositamente studiati per degli eventi di particolare prestigio per le celebrare i fasti della corte dei signori di Milano. 

Negli anni di permanenza a Milano, Leonardo divenne la ‘superstar’ più corteggiata da tutti. A distanza di cinque secoli, nei restauri del famoso Codice Atlantico, terminati nel 1969 a Grottaferrata, si materializzò uno schizzo di bicicletta ‘ante litteram’.

Gli esperti leonardiani, tra cui il celebre professor Augusto Marinoni, osservarono che lo schizzo era accompagnato, sul retro delle pagine dei manoscritti di Leonardo, da disegnini goliardici, anche un poco spinti. 

Intorno al 1482, il laboratorio di Leonardo accolse allievi come Gian Giacomo Caprotti di Oreno, abituati a scarabocchiare sul retro dei fogli lasciati dal grande maestro di Vinci, e altri, come Francesco Melzi, di nobile famiglia, che lo accolse spesso nella sua Villa di Vaprio d’Adda per completare lo sfondo della Gioconda, con un panorama fluviale ricco di vegetazione. Il Melzi era più portato a conservare gli scritti di Leonardo, difficili da riunire in fascicoli, in quanto disegnava su fogli di vario formato, difficili da raccogliere se non in un formato più grande, da ‘atlante’, da cui deriva il nome del Codice di collezione pubblica più noto al mondo.

Dopo l’ultimo soggiorno in Francia di Leonardo, il Melzi venne riconosciuto come l’erede più diretto e a lui si deve il rientro di gran parte dei fogli andati in giro per l’Europa in diverse mani. Alla fine, il facoltoso collezionista d’arte Galeazzo Arconati riuscì a mettere insieme quello che oggi viene chiamato ufficialmente il Codice Atlantico. Una piccola parte, consistente in 18 fogli, non fu recuperata; finì nelle mani del petroliere americano Hammer, scomparso a Los Angeles nel 1990, personaggio emblematico di un’epoca, uomo di raccordo dei rapporti tra il la Casa Bianca il Cremlino, uno dei pochi (come Mattei dell’Eni) ad aver il permesso privilegiato di sorvolo oltre cortina con proprio aereo privato.

La differenza sta che Mattei viaggiava su un piccolo aereo a tre posti, Hammer su un Boeing attrezzato come un vero appartamento e studio collegato via radio con le principali capitali mondiali.

Dieci anni prima della scomparsa di Hammer, Bill Gates non si lasciò scappare il malloppo di quei fogli spendendo ben 30,8 milioni di dollari per comprarli. Questo per dire il valore inestimabile del Codice Atlantico autentico rimasto, per alcuni anni, conservato da Galeazzo Arconati nella sua Villa di Castellazzo e poi passato alla Biblioteca Ambrosiana.

I monaci di Grottaferrata, specializzati nel recupero di documenti antichi, scoprirono che due fogli disegnati con lo stesso colore di carboncino erano stati assurdamente incollati da qualcuno. Una volta staccati, apparve l’immagine inconfutabile di un primo prototipo di bicicletta, con ingranaggi, catena in cuoio, ruote e struttura in legno, e persino con una slitta sul telaio centrale che consentiva di muovere un rudimentale sterzo.

A sinistra, paagine del Codice Atlantico nel quale è stato rinvenuto il disegno della bici . A destra, il disegno del prototipo di bici eseguito da Leonardo da Vinci

Dopo anni di discussioni se la paternità dello schizzo fosse del Caprotti (come sembra dal tratto) o dello stesso Leonardo, l’enigma non è stato risolto.

In questi ultimi anni sia il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano che quello di Vinci, si sono cimentati nell’esporre delle ricostruzioni in legno del prototipo, ma con una ruota fissa anteriore. Il Museo del Ghisallo mi incaricò di studiare, con alcuni tecnici e artigiani di Pavia, la realizzazione di un modello che riportasse anche il meccanismo sterzante anteriore e la struttura-base tipica dei marchingegni leonardeschi in legno.

Fiorenzo Magni, allora presidente del Museo, ne fu entusiasta al punto che collocò la bici all’ingresso del salone centrale del Museo del Ciclismo di Madonna del Ghisallo. Un Museo che conserva alcuni ricordi cari anche a mio padre Vincenzo, grande amico di Magni e del Ghisallo, dall’epoca della elezione a ‘tempio’ di devozione mariana per la precipua protezione celeste dei ciclisti (proclamato con tanto di Bolla Pontificia) e a ‘vetta’ del pellegrinaggio verso il luogo del ‘cuore’ più importante nella conservazione della memoria dell’intero piccolo e grande mondo del ciclismo.

Marco Torriani

Una vita a maneggiare notizie tra giornali, radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico, Ho fatto solo il giornalistaMilanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro Una storia su due ruote), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting). Gaudente a tavola, soprattutto in buona compagnia.  Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.
Paolo Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora