Col tempo tutto é cambiato, tutto é diventato asettico. Prima i supermercati, poi i centri commerciali e infine le vendite online hanno devastato le città, portandole a essere dormitori o quasi. I negozianti (pochi) che hanno resistito sono quelli ” storici”, con molta fatica perché, spesso, i conti non tornano. Tuttavia sono rimasti, non hanno mollato. Perché? Ognuno ha la sua motivazione personale, certamente non per il reddito. L’utenza (brutta parola) usa il negozio di vicinato come riserva di beni dell’ultima ora, poiché il grosso degli acquisti avviene altrove. Poi é arrivato il coronavirus e, causa impossibilità di muoversi liberamente, si è innestata un’ inversione di tendenza. Così ora ci si accorge della comodità e dell’importanza di ciò che hai sotto casa. I negozi di alimentari sono tornati ad essere indispensabili. Via Magenta, via Cavour, piazza san Francesco, via Roma, via Sartirana, via Matteotti, via IV Novembre, sono tornate ad essere luoghi strategici per rifornire la città con servizi essenziali, ma anche per rianimarla. Le file obbligate fuori da questi esercizi sostituiscono le ciarle dei social, con un bel po’ di umanità non surrogata: perché il sorriso di chi ti serve é ben diverso da quello della bella commessa dei centri commerciali che non vede la ora che il cliente se ne vada. Ora non resta che auspicare che questa lezione di recupero di un rapporto personale e pressoché quotidiano serva per la ripresa di domani C’é una cosa fondamentale che un momento terribile come questo ci ha insegnato, e cioè UNA CITTA SENZA IL COMMERCIO AL SUO INTERNO NON PUO’ VIVERE.
Del resto, le immagini delle saracinesche abbassate e delle strade di Bollate deserte fino ai giorni scorsi, sono state la testimonianza visiva.