UN COGNACHINO E PASSA TUTTO

Il fattaccio sullo stradone per andare a Novate

La via Cesare Battisti alla fine degli anni Quaranta. Sulla sinistra, gli avventori della trattoria Asnaghi, che diverrà in seguito il bar del “Moro”. Per gentile concessione Mauro Ghioni

Quando il paese era un piccolo mondo antico, un incrocio di voci, corpi, luci, ombre, odori che si amalgamavano entrando e uscendo dalle porte di casa, dai pochi negozi che vivevano di luce propria, soprattutto dalle osterie, luoghi di socialità a tutto tondo. Dentro questo microcosmo scorreva la quotidianità in tutte le sue sfaccettature, belle e brutte, come capita quando l’avventura umana non offre all’orizzonte grandi prospettive e perciò anche semplici episodi controversi lasciano traccia nella vox populi. Roba minima, s’intend!

C’era ancora la vecchia Cascina del Sole; ancora resistevano allo scorrere del tempo i mattoni corrosi delle vecchie corti, almeno quelle della Congregazione dell’Ospedale, sulla via monte Grappa e la via Battisti; c’era ancora il “bar del Moro”, all’angolo col portone d’accesso alla cûrt del Tabacchée (ribattezzata “dei Miracoli” dallo “Spirito”, che vi era nato e vi abitava), gestito dai Sorte, il Guerrino, il Paolino e rispettive mogli. C’era appunto lo “Spirito, il più originale avventore del bar, che del fattaccio s’impossessò facendone tragicommedia; e c’era soprattutto la nebbia, un nebbione fitto ed umido d’antan, a nascondere la terra con tutto quanto vi stava sopra, strade, case, esseri viventi e no.

La Trattoria e Privativa Asnaghi con gli avventori disposti all’esterno . Anni Trenta. Negli Anni Sessanta divenne Bar Moro Per gentile concessione di Mauro Ghioni

Giovanni Sorte, gestore del bar dagli anni Sessanta. Per gentile concessione di Mara Sorte.

Giovanni Sorte, con il figlio Guerino, dietro il banco del bar. Per gentile concessione di Mara Sorte

Era sera inoltrata, l’ora più o meno di andare a casa a mangiare la minestra e nel trani dei Sorte capitò, secondo abitudine, il Torresani di Novate, el “pulliroeu”, che a Cascina del Sole aveva trovato moglie, la Palmira G., ed un pezzo di terra dove aveva improvvisato un allevamento di pollame vario.

Erano anni in cui qualsiasi impresa, anche la più improbabile, poteva funzionare; la gente aveva ancora da smaltire la fame patita nei lunghi anni della guerra e mangiava anche per la fame che sarebbe potuta tornare; la Palmira, cresciuta nei traffici del forno di famiglia, aveva aperto una polleria-rosticceria nella via principale di Novate, e fossero del marito o meno, arrostiva e vendeva polli in quantità: insomma avevano un loro rispettabile giro.

Era il Torresani più anzianotto della moglie, non era neanche troppo bello, o meglio, “quej béj in fàa in un’altra manéra”, delle sue esperienze di lavoro meglio tacere. Portava un paio di occhiali da vista alla “ginopaoli ’60”, con due fondi di bottiglia per lenti: non si capiva cosa la Palmirina c’avesse trovato.

Erano anni in cui qualsiasi impresa, anche la più improbabile, poteva funzionare…

Una veduta di Cascina del Sole prima delle demolizioni delle vecchie corti degli anni Ottanta  con cui venne perso lo spirito del Borgo. Per gentile concessione di Mauro Ghioni

E dunque fosse stata la nebbia, o il bianchino, ma forse erano due se non tre al banco del “Moro” per scaldarsi un po’ e mandare giù il puzzo degli stronzi gallinacei -che se fosse oggi chissà quante volte l’ASL gli avrebbe fatto chiudere il capanno-; fosse stata la miopia; o semplicemente il destino che così aveva stabilito; sta il fatto che il Torresani si mise alla guida della sua 600 giardinetta e prese la via per Novate, che se è buia adesso figuratevi a quei tempi là.

 Un modello di 600, fabbricata dalla Fiat dal 1955 al 1969

Ah !, e c’era anche il Toso, dallo “Spirito” battezzato “Bracciodiferro”, per via dell’indiscussa sua capacità di alzare senza fatica calici di rosso, ma anche bianco, uno via l’altro; anche lui per combattere il freddo o mandare giù chissà quale groppo. Entrava nell’osteria il Torresani, usciva il Toso, che faceva il turno di notte in so mica bene quale ditta di Novate o della Bovisa.

E fu ad un certo punto della strada fra Cascina e Novate che la 600 del Torresani urtò qualcosa: un bel botto seguito da urla e imprecazioni. Aveva centrato il Toso.

Lampioni non ce n’erano, i fari dell’auto illuminavano un corno, tra là (inteso come gettato per terra), fra l’asfalto e il campo, la bici e il ciclista che bestemmiava e si lamentava.

La via Battisti vista dalla via per Novate all’incrocio del “preun”, grossa pietra con indicazione posta all’incrocio con via Montegrappa. Per gentile concessione di Mauro Ghioni

Una delle vecchie corti di Cascina del Sole, situata alle spalle del bar Moro. Si può notare una delle prime macchine parcheggiate in cortile. Per gentile concessione di Mauro Ghioni

“Su su..”, lo incoraggiò l’investitore,”non è niente; adesso ti dò una mano e ti rimetto in piedi”:

“ La gamba… pirla.. te m’é sceppà la gamba!.. Ciàma l’ambulansa… portum a l’uspedàl”, gemeva l’altro.

“Ma no che te gh’è nagòtt, l’è dumà una botta… Un cugnaghin e te passa tuscöss..”

E preso di peso sotto le ascelle l’investito, sordo alle sue urla di dolore, si sforzò di rimetterlo in piedi.

“La gamba !.. te m’é rott la gamba ostia!.. portum all’uspedàl!.. ciàma l’ambulansa!..”, continuava a gridare il povero “Bracciodiferro”, lo sguardo fisso nel buio del nebbione per vedere se per caso non passasse un qualcuno che potesse aiutarlo.

“Va drée no fa scénn per una botta de nient”, lo rimproverò spazientito il Torresani: “adéss te caréghi in macchina e ‘ndémm al “Gatto Verde”, te bévet un bel cugnaghin e te védet che te passa el stremisi”.

E così fece. Arrivò al “Gatto Verde” di via Madonnina a Novate, un trani come il “Moro”, di cui era habitué, consolando ed insultando insieme il ferito, che a suo parere stava facendo un’immotivata sceneggiata; fermò la giardinetta proprio davanti all’ingresso e provato inutilmente a far scendere il Toso, che urlava sempre più forte per il dolore, fattosi dare un bicchierino, “anzi damm un biccér”, di cognac glielo versò quasi a forza in bocca.

“Tèh, manda giò che te passa el dulùr…”.

 La squadra del bar Moro partecipante alla 1 edizione della “Cursa di Viulett”( marcia non competitiva), vincitrice del premio per il gruppo più numeroso. Riconoscibili da sinistra: Eugenio Ghioni, Carlo Lainati, Eugenio Pogliani, Osvaldo Pogliani, Remo Ghioni, Mauro Ghioni, Roberto Ingiardi, Massimiliano Lecchi, Luigi Bergamaschi, Luigi Porro, Guerino Sorte, Massimo Nichetti, Claudio Botton, Antonio Masin, Mario Bruschetta, Meli, Sergio Sanvito. Per gentile concessione di Mauro Ghioni

Giovani avventori frequentatori del bar Moro negli anni Ottanta. Per gentile concessione di Cesare Andreasi

Si avvicinarono incuriositi alcuni avventori, con loro il Bassani, il padrone, che si accorse subito del dramma del ferito e, malgrado le resistenze del Torresani, chiamò l’ambulanza, che ricoverò d’urgenza il sofferente malcapitato.

“T’el chi el “cugnaghin” !, disse un giorno lo “Spirito”, salutando qualche tempo dopo, l’ingresso del pulliroeu al “Moro”.

Questo succedeva a Cascina del Sole. Quando ancora c’erano le corti e la nebbia e i protagonisti di questa piccola storia.

EUGENIO GHIONI – Dei due smemorati solesi, quello a sinistra

Prodotti più consumati dai clienti del Bar Moro

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora