Posto che mai avrei immaginato che il mio incontro con il Festival mi avrebbe cambiato la vita, fu un crescendo dove il rapporto con la cittadinanza, che si trasformò in rapporto con le cittadinanze (i tre comuni confederati: Bollate, Garbagnate, Arese), era al centro del comune orientamento, con una comunicazione che quasi da subito si orientò alla grande metropoli di Milano.
Le popolazioni non risposero immediatamente ma assecondarono la percezione che in Villa avvenisse qualcosa di importante, perché molti milanesi si perdevano nelle vie cittadine dei tre comuni organizzatori, chiedendo informazioni sul Festival e la Villa. Questo ci confermò che la manifestazione aveva attecchito ma sentivamo che occorreva fare qualcosa di più per rafforzare i rapporti con il territorio e con i suoi abitanti, nostri concittadini.
Personalmente mi guadagnai “i galloni” cercando e organizzando eventi collaterali da affiancare ai concerti che, non annunciati in cartellone, avrebbero potuto però, attraverso l’effetto sorpresa, lasciare nel pubblico la sensazione di un’offerta di emozione spettacolare più ampia del solo concerto che, pur in quei tempi e per i cittadini (neanche Milano aveva una proposta estiva così attraente) era comunque un vero evento in sé.
Nacque così una sotto-programmazione di altri momenti spettacolari, in accoglienza o in uscita del pubblico, nell’area della villa: dalla sinergia con Bollate Jazz Meeting che, nel pomeriggio, organizzava una sorprendente marching band per le vie cittadine, promuovendo la serata del gruppo jazz protagonista del concerto in Villa, alla proiezione con una batteria di 10 proiettori, musicalmente sincronizzati, che proiettavano sui vetri della vecchia limonaia, foto di artisti, elaborati elettronicamente alla “Andy Warhol”, curati dal fotografo Angelo Redaelli e accolti con grande successo dal pubblico nonostante la pioggia, dicono i maligni, scatenata dallo spettacolo di apertura (“Le lamentazioni di Geremia”); da allora Angelo Redaelli è fotografo ufficiale del Festival.
Altro episodio leggendario, per me appassionato del genere, fu l’accoglienza del pubblico del concerto dei Chieftains (1991), con musica celtica suonata dal vivo da molti gruppi musicali locali (con alcuni dei quali suonavo anch’io). Fu uno spettacolo nello spettacolo: in diversi spazi del giardino, il pubblico incontrava e familiarizzava con questi suoni che non erano ancora così noti, avviandosi verso platea.