Trent’anni di scatti con la villa Arconati nel cuore

”Dal primo sguardo ho capito che il mio lavoro avrebbe acquisito un valore aggiunto in più per il fascino che emanava questa signora villa, nonostante fosse in uno stato di semiabbandono”.

Appollaiato su uno dei cubi in cemento appoggiati davanti al cancello di ingresso, Angelo Redaelli  apre il libro dei ricordi sui  suoi trent’anni di scatti al festival di villa Arconati di Castellazzo. Fotografo ufficiale con libero accesso tra palco, platea e backstage per catturare i tanti momenti di questa rassegna che in 6 lustri ha visto passare il meglio della musica rock, pop, jazz e della danza nazionale ed internazionale. Un traguardo festeggiato quest’anno senza sfarzo, in “limited edition”, per causa di forza maggiore, maledetta pandemia. Una versione rimaneggiata sia nei tempi, si parte il 21 agosto, sia negli spazi, allestimento minimal con 5oo posti massimo, sfruttando le luci naturali del crepuscolo. Con questo retrogusto amaro non resta che spaziare con la memoria.

L’intervista “en plein air” davanti a Villa Arconati, luogo nel quale, nel suo ruolo di  fotografo ufficiale, ha documentato con i suoi scatti le esibizioni di centinaia di artisti. Foto © Giordano Minora

Correva l’anno 1991 e Angelo, già famoso nel mondo del cogliere gli attimi in scena, viene chiamato dalla organizzazione del festival, l’ufficio Cultura del comune di Bollate, ad immortalare una rassegna musicale che vuole lasciare il segno nell’area metropolitana milanese, e non solo, grazie alla opportunità ambientale messa a disposizione dal bene artistico che la ospita. Si cambia format, lasciandosi alle spalle i primi cinque anni di raffinate ma selezionate esibizioni della rassegna “Concerti in Villa”, con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano insieme a recital di danza e balletto che vedevano la presenza di protagonisti di prim’ordine, su tutti il grande ballerino Rudol’f Nureev.C’era ancora donna Beatrice Crivelli Suardi che prima delle prove passeggiava con i suoi cani in giardino e poi seguiva la serata dalle finestre al primo piano del suo appartamento che dava proprio sul cortile dei nobili dove si tenevano gli spettacoli”.”

Insieme al cambio di cartellone, muta la location: il mega palcoscenico, con il tendone che copre la platea da centinaia di posti a sedere, viene installato nel naturale anfiteatro del parco giardino alle spalle della villa, che faceva così da sfondo alle rinnovate proposte musicali, in una perfetta sintonia di suoni e colori con il contesto circostante.

“Dovevo essere disponibile fin dal pomeriggio, quando arrivavano gli artisti, e stare alle disposizioni del loro management. Mi dicevano dove collocarmi , quali scatti avrei potuto fare in camerino, nelle prove e sul palco durante il concerto”, indicazioni spesso tassative.

Specializzato da anni nel teatro di prosa e nella danza, ed essendosi fatto da giovane un’esperienza proficua di prontezza di riflessi e colpi d’occhio sui campi di calcio e i parquet di basket, Redaelli ( classe 1948, originario di Paderno Dugnano  e da  qualche tempo residente a Novate), conosceva le malizie e i trucchi del mestiere. Quindi va bene seguire la linea ufficiale, soprattutto per evitare incomprensioni, “più che con i musicisti con il loro staff”, ma qualche simpatico e suggestivo scatto rubato è entrato nella sua collezione castellazzese.

Quello a cui è maggiormente affezionato è con la cantante americana Patti Smith, ripresa mentre, appoggiata ad una colonna del portico in una pausa delle prove, sta sorseggiando una bevanda. Cogli l’attimo e scatta il clic. Peccato sia stato notato da uno dei bodyguard della cantante che voleva farsi consegnare il rullino (fino al 2005 Angelo ha fotografato con la pellicola prima di arrendersi al digitale). Invece, il rullino è rimasto in macchina e la foto è diventata una delle sue immagini icona.

Patti Smith   –  1996. Foto © Angelo Redaelli

Un’altra istantanea cui è particolarmente legato l’ha scattata con il gruppo scandinavo dei Sigur Ros: una volta concluso il sound- check , spunta un pallone e improvvisano una partitella sul prato, immediatamente sono  redarguiti dal custode cerbero che teme danneggiamenti al manto verde. Lo scatto però è acquisito, addirittura sarà completato da una bella foto di gruppo,una volta chiarita la situazione calcistica.

“Il dover stare alle regole non ti permette talvolta di captare situazioni o momenti suggestivi, conta molto però la sensibilità personale dell’artista. Prendi uno come Paolo Conte, ti lascia la massima libertà d’azione, non ha esigenze particolari, specie durante le prove (“fai pure quello che vuoi”). Se poi tu ti comporti nel modo corretto, tieni le posizioni giuste, non sei invasivo, nasce un feeling particolare con l’artista stesso. Se invece infastidisci, non solo lavori male ma rischi di non portare a casa niente.”

Paolo Conte, più volte ospite del festival  – 2004. Foto © Angelo Redaelli

La sintonia reciproca in questo ruolo è importante: ”molti in camerino non vogliono farsi riprendere, magari perché non indossano ancora il vestito di scena, oppure perché, il caso delle signore, non sono truccate nel modo giusto . A tale proposito, per la mia esperienza personale, posso affermare che le attrici di prosa se la tirano molto meno rispetto alle cantanti, in fase di dietro le quinte”. Capita, in talune circostanze, che le fotografie vengano richieste unicamente quando avviene l’esibizione sul palcoscenico. Queste immagini standard servono per essere distribuite alle pubblicazioni specializzate o ai giornali. Ci sono anche immagini volute per esigenze di ospitalità: Elisa, Cumpay Ségundo, Richard Galliano, in posa con i proprietari  o gli organizzatori con alle spalle la villa . Al contrario ci si può imbattere in musicisti riservatissimi che non consentono alcuno scatto: il caso di Robert Fripp e Pat Metheny . Qui entra in gioco il mestiere ,”con un teleobiettivo da lontano, appostato in maniera da non essere visto, catturi  furtivo qualche attimo del concerto. Considerato che sono il fotografo ufficiale non posso non consegnare il lavoro ai miei committenti”, sottolinea Angelo con un pizzico di malizia professionale.

“Durante lo spettacolo, insieme ai colleghi accreditati, il lavoro è molto più statico e di routine, sta al tuo occhio afferrare un passaggio: quando il musicista si disseta, cambia lo strumento, si gira verso la sua band, per trovare una inquadratura diversa dal consueto. C’è pure un aspetto non trascurabile da tener presente, devi stare attento a non disturbare il pubblico. E in questo senso il lavoro in teatro mi è stato molto utile”.

”Dal primo sguardo ho capito che il mio lavoro avrebbe acquisito un valore aggiunto in più per il fascino che emanava questa signora villa”

Danzatore dervish  – Mercan Dede Secret Tribe  – 2012. Foto © Angelo Redaelli

Gianluca Petrella e Mauro Ottolini , membri del quintetto del Trombettista Enrico Rava – 2010. Foto © Angelo Redaelli

Donovan, cantante scozzese entrato nella storia del rock mondiale – 1996. Foto © Angelo Redaelli

Due componenti della band di Seun Kuti, musicista africano – 2010. Foto © Angelo Redaelli

Le centinaia di scatti, insieme a tante belle soddisfazioni e qualche umana delusione, hanno lasciato un rimpianto: nell’album delle foto ricordo di Angelo mancano i piedi scalzi di Cesaria Evora. La folk singer di Capo Verde per ben due volte si è esibita scalza sul palco di villa Arconati  ed in entrambe le occasioni  Angelo non è riuscito ad immortalarne i piedi nudi . “L’ho presa mentre fumava, si sedeva a sorseggiare il bicchiere dell’amato cognac, si asciugava la fronte,  ma non sono mai riuscito, per un motivo o per l’altro,  a puntare l’obiettivo sui piedi”.

Cesaria Evora, cantante dell’Isola di Capo Verde – 2011. Foto © Angelo Redaelli

Il rammarico per lo scatto mancato si attenua pensando ai bei rapporti di amicizia instaurati con la danzatrice Luciana Savignano, “siamo diventati negli anni amici molto stretti”, e l’attore Marco Paolini, “appena mi ha visto nel backstage della villa, prima dello spettacolo, mi è corso incontro abbracciandomi e salutandomi cordialmente”.

Luciana Savignano, diva  del balletto classico italiano – 1991. Foto © Angelo Redaelli

Marco Paolini, attore – 2019. Foto © Angelo Redaelli

Pur avendo avuto  rapporti solo professionali c’e stato chi  gli ha lasciato emozioni forti come Joan Baez , “mi ha affascinato per la sua compostezza”, Miriam Makeba, “trasmetteva energia positiva solo vedendola muoversi nel  suo multicolore abbigliamento africano” e  lo spumeggiante jazzista Dizzy Gillespie, “mio scopo era quello di riprendere le guance che si ingrossavano quando spingeva sulla tromba; lui ha capito il mio intento e mi ha  favorito nel  raggiungerlo”

Attimi, immagini, confidenze, ricordi, che scorrono lungo i trent’anni di lavoro dentro un luogo pittoresco che ormai gli è entrato nel cuore, “talmente mi sono affezionato”. Tanto coinvolto che gli è rimasto impresso anche qualche significativo aneddoto vissuto. E’ la sera de “le lamentazioni di Geremia”, il titolo dello spettacolo di Roberto Cacciapaglia.  Nella limonaia, non ancora ristrutturata, per tutto il pomeriggio Angelo ha tappezzato con carta bianca le vetrate semi distrutte. Al termine del concerto, durante il passaggio obbligato degli spettatori verso l’uscita, avrebbe proiettato in dissolvenza , con il supporto di ben nove maxi proiettori, un centinaio di diapositive di varie edizioni del festival. Sennonché comincia  a piovere, il rischio delle infiltrazioni di acqua piovana è consistente. Angelo e gli uomini dell’ organizzazione non si danno per vinti, si armano di ombrelli, proteggono l’impianto, e la proiezione è salva, esaltata dalla entusiastica approvazione del pubblico. Oppure non dimentica la volta che è stato costretto a trascorrere la notte intera nei poco confortevoli camerini: la mattina successiva all’alba bisognava smontare la ampia e articolata mostra dell’ edizione del  Ventennale: entro  la tarda mattinata i locali dovevano essere lasciati liberi perché incombeva un altro evento.

Succede anche questo quando si è appassionati del proprio lavoro.

Una passione che, con il sostegno della Fondazione Rancilio, sarà ora  raccolta in un volume di fotografie per raccontare, scatto dopo scatto, trent’anni di simbiosi tra la villa e il suo festival.

 Paolo Nizzola

Compay Segundo, leggendario musicista cubano – 1999. Foto © Angelo Redaelli

Sabrina Lanzi, pianista classica  – 2007. Foto © Angelo Redaelli

Antonello Salis, estroso pianista e fisarmonicista jazz – 2007. Foto © Angelo Redaelli

Nina Zilli, cantante italiana – 2015. Foto © Angelo Redaelli

Paolo Fresu – 2007. Foto © Angelo Redaelli

Caetano Veloso, musicista brasiliano – 2008 Foto © Angelo Redaelli

 Danzatrice del gruppo del musicista africano  Seun Kuti – 2010.Foto © Angelo Redaelli

Il Festival di Villa Arconati , una storia di musica, persone ed emozioni

La fortuna è solo quella di seguire le tue passioni, un va dove ti porta il cuore, ma anche il cervello, l’orecchio e altre parti del corpo, meno nobili ma indispensabili come il fondoschiena.

La mia è stata questa sequenza fatta di amore per la musica, di capacità di cogliere le emozioni, di avere “orecchio” (nel senso Jannacciano) e di trovarti a fianco di un funzionario comunale determinato ed amministrativamente competente (Giancarlo Cattaneo), assecondato da un sindaco scatenato e, sul piano del ritorno d’immagine della cultura, lungimirante (Elio Aquino). Io ero li, fortunatamente; ed ero capace di organizzare, di suggerire spettacoli e di promuovere con grande passione ciò che si stava delineando come meravigliosa esperienza: un festival dentro la Villa dei nostri incanti adolescenziale, quando imparavamo a nuotare nei canali che le scorrevano affianco.

Enzo Jannacci – 2005. Foto © Angelo Redaelli

Posto che mai avrei immaginato che il mio incontro con il Festival mi avrebbe cambiato la vita, fu un crescendo dove il rapporto con la cittadinanza, che si trasformò in rapporto con le cittadinanze (i tre comuni confederati: Bollate, Garbagnate, Arese), era al centro del comune orientamento, con una comunicazione che quasi da subito si orientò alla grande metropoli di Milano.

Le popolazioni non risposero immediatamente ma assecondarono la percezione che in Villa avvenisse qualcosa di importante, perché molti milanesi si perdevano nelle vie cittadine dei tre comuni organizzatori, chiedendo informazioni sul Festival e la Villa. Questo ci confermò che la manifestazione aveva attecchito ma sentivamo che occorreva fare qualcosa di più per rafforzare i rapporti con il territorio e con i suoi abitanti, nostri concittadini.

Personalmente mi guadagnai “i galloni” cercando e organizzando eventi collaterali da affiancare ai concerti che, non annunciati in cartellone, avrebbero potuto però, attraverso l’effetto sorpresa, lasciare nel pubblico la sensazione di un’offerta di emozione spettacolare più ampia del solo concerto che, pur in quei tempi e per i cittadini (neanche Milano aveva una proposta estiva così attraente) era comunque un vero evento in sé.

Nacque così una sotto-programmazione di altri momenti spettacolari, in accoglienza o in uscita del pubblico, nell’area della villa: dalla sinergia con Bollate Jazz Meeting che, nel pomeriggio, organizzava una sorprendente marching band per le vie cittadine, promuovendo la serata del gruppo jazz protagonista del concerto in Villa, alla proiezione con una batteria di 10 proiettori, musicalmente sincronizzati, che proiettavano sui vetri della vecchia limonaia, foto di artisti, elaborati elettronicamente alla “Andy Warhol”, curati dal fotografo Angelo Redaelli e accolti con grande successo dal pubblico nonostante la pioggia, dicono i maligni, scatenata dallo spettacolo di apertura (“Le lamentazioni di Geremia”); da allora Angelo Redaelli è fotografo ufficiale del Festival.

Altro episodio leggendario, per me appassionato del genere, fu l’accoglienza del pubblico del concerto dei Chieftains (1991), con musica celtica suonata dal vivo da molti gruppi musicali locali (con alcuni dei quali suonavo anch’io).  Fu uno spettacolo nello spettacolo: in diversi spazi del giardino, il pubblico incontrava e familiarizzava con questi suoni che non erano ancora così noti, avviandosi verso platea.

     I Chieftains, storico gruppo della musica popolare irlandese  –  1991. Foto © Angelo Redaelli

L’iniziativa entusiasmò Paddy Moloney, detto da noi “il magico Alverman”, capo della band che volle conoscere tutti i musicisti amatoriali coinvolti, proponendo loro un’esperienza entusiasmante: dovevano portare tutti gli strumenti in “sala rossa”, ufficio di produzione dietro il palco. Verso la fine del concerto i Chieftains avrebbero eseguito “The Fox Hunter”; questo sarebbe stato il segnale perchè, dopo quel brano, Paddy avrebbe chiamato sul palco tutti i musicisti, sparpagliati in sala, al grido di “…e ora i miei amici musicisti italiani” e, tutti insieme avrebbero chiuso il concerto suonando in una “sessiùn” memorabile, soprattutto per i nostri giovani musicisti locali ma anche, credo, per il pubblico che si sarebbe veramente sorpreso a vedere un gruppo internazionale come quello, suonare insieme a trenta/quaranta ragazzi sul palco. Al momento topico, quando Paddy si appresta alla chiamata, non vedendo molto movimento verso gli strumenti, cerco in giro e vedo i miei amici tranquillamente seduti. Scateno una caccia all’uomo mentre alle mie spalle, in un silenzio imbarazzante, il leader continua a chiamare, nel vuoto “my italian friends…” e la musica della jig, ossessivamente continua mentre su palco, alle spalle della band, un enorme parapiglia vede muoversi, in modo scomposto e emozionato, corpi di musicisti e i loro strumenti tra cui, paradossalmente ricordo anche un’arpa (!). Fu la versione più lunga del brano e una vera festa irlandese con esplosione del pubblico. Ah… dimenticavo: alla domanda perché nessuno fosse salito sul palco all’invito di Paddy, la risposta autentica e imbarazzante fu “non lo credevamo possibile”.

Paddy Maloney, leader del gruppo irlandese Chieftains –  1991. Foto © Angelo Redaelli

Sorprendentemente emozionante fu un’altra “sorpresa”, comminata al pubblico in uscita dal concerto di Joan Armatrading (1995), nell’ambito di una importante sponsorizzazione che aveva accettato di finanziare una serie di incursioni di teatro di strada, per promuovere la raccolta differenziata che proprio in quel periodo il comune aveva avviato.

Immaginate il pubblico che si avvia verso l’uscita attraversando i giardini e, improvvisamente un black out generale oscura tutta l’area. Improvvisamente, da un angolo, in direzione contraria, anticipato da una ritmica di tamburi, ossessiva ed angosciante, una schiera ordinata di lucine rosse, oscillando si avvicina, lasciando intravedere delle uniformi fosforescenti che, suonando su tamburi, eseguono una coreografia geometrica inquietante. Pubblico paralizzato, silenzio impressionante e poi, all’accensione delle luci di servizio, un applauso liberatorio e psicologico fa invertire la rotta ai “DADADANG” (questo il nome onomatopeico dei performers) che, a questo punto, parodia del pifferaio di Hamelin, accompagna un pubblico, ora contento come un bambino,  all’uscita dove venivano distribuiti sacchetti di plastica viola per l’iniziativa ecologica. Alla finestra, nonostante il colore della pelle, una sicuramente pallida Joan Armatrading applaude sollevata.

Joan Armatrading, cantante americana – 1995. Foto © Angelo Redaelli

Questo il corredo che, dai primi anni fece da booster al progetto Festival di Villa Arconati in una crescita di consenso già iniziale, testimoniata anche dall’ironico commento della proprietaria di allora (fino al 1990), che una sera mi disse: “da due secoli la villa non interessava nessuno; da quando avete cominciato a fare musica continuo a ricevere richieste di visita e offerte d’acquisto”. Sicuri che “con la cultura non si mangia…”, come ebbe a dire un ministro dell’economia?

In ogni caso il Festival di Villa Arconati e anche storia di persone, non solo quelle che l’hanno creato e governato, ma quelle che hanno dato un contributo in passione e condivisione, come quei ragazzi che, frequentando la Biblioteca, volevano dare una mano, per partecipazione ma anche per vedere da vicino i loro beniamini esibirsi. Poiché le comunicazioni erano un punto dolente (non c’erano telefonini o walkie talkie) e le distanze tra le casse (allora vicino alla chiesetta di San Guglielmo), la produzione (Sala Rossa) e il palco della facciata Sud erano scomode (sassi) e lontane, chiesi ai ragazzi di fare continuamente la spola, coprendo avanti e indietro tutte le esigenze logistiche. Per identificare il gruppo in modo efficace e veloce, coniai un nome ispirato da simpatici animaletti che allora correvano avanti e indietro, senza sosta: i leprotti.

Tra i tanti qualcuno, cresciuto professionalmente dentro questo “circo” appassionato, ora non c’è più; come Maurizio Pipolo a cui dedico questo spensierato ricordo di un viaggio, lungo, faticoso ma appagante che abbiamo condiviso, tra suoni notturni di pianoforti inesistenti, presenze avvertite, magie di cui l’unica chiarita è stata quella di capire chi, di notte, aspettando al cancello di Diana l’uscita dei camion del service, mi tirasse gusci di ghiande dalle secolari querce che sovrastavano la mia posizione, spaventandomi: gli scoiattoli!

Dario Zigiotto

Maurizio Pipolo, direttore di produzione di moltissimi edizioni del Festival

Laurie Anderson, cantante e artista d’avanguardia americana – 2019. Foto © Angelo Redaelli

Herbie Hancock, pianista jazz – 2010. Foto © Angelo Redaelli

La fortuna è solo quella di seguire le tue passioni, un va dove ti porta il cuore, ma anche il cervello, l’orecchio e altre parti del corpo,

Dee Dee Bridgewater , una delle cantanti jazz più importanti del mondo – 2019. Foto © Angelo Redaelli

Degustazione di vini curata dall’enologo Giorgio Mattielli. Foto © Angelo Redaelli

Lo stupore del  fotografo Roberto  Cifarelli  pronto all’abbraccio con i membri dello staff di Caetano Veloso da lui conosciuti – 2008 Foto © Angelo Redaelli

L’Ambrosia Brass Band fa il suo ingresso in Villa per l’apertura dell’edizione 2008 – Foto © Giordano Minora

A sinistra la mostra retrospettiva  di Angelo Redaelli con foto di grandi dimensioni allestita in occasione del Festival del 2008 – A Destra Angelo Redaelli. Foto © Giordano Minora

Angelo Redaelli fotografo di scena  con un esperienza pluritrentennale.

E’ specializzaro nelle ripresa di  spettacoli teatrali, concerti e performance artistiche.

Fotografo ufficiale di diversi teatri milanesi quali il il Teatro Manzoni, il Teatro Nazionale, il Teatro Carcano, collabora con  numerose compagnie teatrali e di danza italiane. Ha al suo attivo la realizzazione di diverse mostre sul tema della della danza e del teatro.

il programma smart dell’edizione 2020

Paolo Nizzola, una vita a maneggiare notizie tra giornali , radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico “ Ho fatto solo il giornalista”.

Milanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro “una storia su due ruote”), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting) .Gaudente a tavola, soprattutto  in buona compagnia.
Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.

Paolo Nizzola

Ha lavorato in fabbrica (1974/1984), è stato bibliotecario (1984/1990) e operatore culturale (1990/1995). Co-fondatore del Festival di Villa Arconati (dal 1985) e organizzatore dello stesso (sino al 1995), dal 2001 ad oggi, ne è ufficio stampa.

Si è occupato di comunicazione per Ornella Vanoni, Ivano Fossati, Fabrizio De André, Tosca, Cristiano De André, Avion Travel per conto di “Cose di Musica”, curando anche progetti speciali. È direttore artistico del “NEGRO FESTIVAL” , festival di musica e cultura popolare dal 2007. Svolge consulenza artistica per musicisti ed enti locali.

Dario Zigiotto

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari ,la fotografia, la storia locale e lo  sport   sono sempre stati al centro dei suoi interessi. .Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni  Bollate 100 anni di immagini (1978) , Una storia su due ruote (1989) Il Santuario della Fametta (2010) La Fabbrica dimenticata (2010) Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014) . Ha curato anche diverse mostre fotografiche fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015) La Fabbrica dimenticata (2010) I 40 anni di Radio ABC (1977). E’ tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.

Giordano Minora