Di “piene” ne ho vissute sicuramente quattro, ma due in particolare mi sono rimaste nella memoria, la prima e l’ultima, quella che avvenne nel 1976.
Durante la mia prima “piena”, facevo le scuole elementari, forse la seconda, eravamo nella scuola di via Garibaldi – ora sede della Polizia Locale-, era novembre ed era piovuto tanto, i miei nonni dicevano che “l’è el temp di mort” . Quel giorno era nuvolo ma non pioveva, in classe verso metà mattina si presenta la maestra D’Alessio, mi chiama dicendomi che era venuto mio papà a prendermi perché era uscito il torrente Pudiga. Era una grande novità, mio papà mai era venuto a prendermi a scuola, era in bicicletta, mi caricò sulla canna e partimmo per via Vittorio Veneto dove abitavo. Arrivati in via Turati, all’altezza dell’incrocio con via Mazzini, già si vedeva l’acqua del “fiume” che era fuori uscita e copriva tutta la via Veneto, come un grande unico potente torrente. Ci avventurammo in questo torrente sulla strada, l’acqua arriva fino a metà ruota della bicicletta e, salutando tutte le persone intente a prototeggere le loro abitazioni con sacchi di sabbia e con assi davanti ai cancelli, arrivammo a casa Poi anche mio papà cercò di proteggere la nostra casa dalla furia dell’acqua sporca che fuoriusciva dal Pudiga. In particolare mi ricordo che, dove attualmente c’è la Coop, vi era un distributore di legname e carbone, il Valadè, rimasi impressionato dalla quantità di pezzi di legno, quelli da bruciare nella stufa, portati via dalla furia delle acque.
La seconda, quella del 1976, è caratterizzata da due ricordi, la triste amarezza dei miei genitori e la cordiale condivisione dei miei amici.
Erano le 4,30 circa del mattino, ed il mio cane Roll era in cantina nella sua cuccia e continuava senza sosta a guaire e abbaiare: lo trovai che aveva l’acqua fino al collo e nuotava cercando di salire le scale ormai coperte di acqua lercia e scivolosa, lo portai in salvo in cucina.
Svegliai i miei genitori, subito corremmo nel negozietto di merceria di mia mamma, l’acqua aveva raggiunto e inondato i primi scaffali e nel negozio galeggiavano camicie, pigiami, fazzoletti, ecc.
Vidi sul volto dei miei genitori l’amara tristezza per i tanti sacrifici vanificati dalla ennesima alluvione.
Mettemmo al riparo quanto più potevamo sia in casa sia in negozio, in cantina non potevamo scendere perché l’acqua aveva ormai raggiunto quasi il plafone.
Intorno a mezzogiorno il torrente cominciò a ritirarsi e in poche ore restò solo da pulire e sistemare quanto la piena aveva insozzato e distrutto; l’acqua era sporca e oleosa, perché già aveva inondato altre case e officine inquinandosi di olii, gasolio, ecc.
Nel pomeriggio un pallido sole ci permise di continuare il lavoro, arrivarono a casa mia per un grande aiuto fattivo e solidale i miei amici, i fratelli Nizzola, Cesare Ghezzi e Alfredo Gola. Con la loro generosità e amicizia in quel pomeriggio sistemammo quasi tutto.
Passata l’inondazione mia mamma organizzò poi una tavolata con gnocchi e salame.
In quel periodo ero presidente del Consiglio di Quartiere di Bollate Centro.
Antonio Annoni , pure lui colpito duramente dalla inondazione, si fece promotore di una raccolta di firme di residenti nel quartiere da consegnare alle amministrazioni Comunale e Provinciale per chiedere la tombinatura del torrente Pudiga, i sottoscrittori erano più di 5.000.
A seguito di tale petizione, il Consiglio di Quartiere organizzò un referendum di quartiere per chiedere il parere dei cittadini residenti circa la tombinatura del Pudiga. Le schede venivano consegnate e ritirate nelle tabaccherie, giornalai, macellai e rivendite pane.
La risposta dei residenti di Bollate centro fu ampia e pressoché unanime, il Pudiga –ed il Garbogera- dovevano essere tombinati
Cosa che più tardi avvenne
Maurizio Panza