SOTTILE AMARA NOSTALGIA

quello strano irregolare sentimento

Veduta del Cantun Sciatin da via Sartirana

Mio caro amico, disse

qui sono nato

in questa strada

ora lascio il mio cuore”

 

“El me indiriss de due

sunt nassu

mi me el regordavi nanca pu’

A l’era una cà vègia e per pissa

tripli servissi, si, ma in mess al pra”

 

“…Macchè, la g’hera pu’ la mia ringhera…”

“Questa casa ha visto amore

Oggi vede un uomo che muore”

 

“Tristezza

per favore vai via,

non aver la mania

di abitare con me”

 

”Nostalgia, nostalgia canaglia

di una strada, di un amico, di un bar..”

Quando luoghi che hanno fatto la storia di una comunità sono al passo d’addio per cedere il posto a nuovi insediamenti, la nostalgia prende il sopravvento (i versi cantati da Adriano Celentano, Enzo Jannacci, Walter Valdi, Lucio Battisti, Ornella Vanoni, Al Bano ne sono testimonianza).

Con lo sgretolamento di muri se ne vanno pezzi di vita vissuta; la caduta dei calcinacci di intonaco si porta via immagini di una quotidianità che riporta a momenti di gioia e dolore: un passato che sparisce con il suo carico di rimpianti e ricordi. Un percorso di vita che non riapparirà, nemmeno visivamente, perché non ci sarà più uno sguardo, un semplice colpo d’occhio a riportarlo alla mente. La transizione tra antico e moderno comporta sempre sentimenti contrastanti. Il pensiero del nuovo attenua la tristezza del distacco ma non ne cancella la memoria, che tende a riemergere di tanto in tanto.

DOLOROSI DISTACCHI

Era una mattina illuminata da un deciso sole dell’estate 1987 e mentre scendevo i 32 gradini che dalla zona notte mi portavano al piano giorno, leggevo la massima impressa su un imponente arazzo orizzontale, ricamato con filo di seta rosso porpora, che mio padre Ugo (artista sensibile e attento) aveva appeso sulla parete ai piedi della scala in pietra e che recitava così:

”Studio e lavoro garantiscono contro ogni rovescio di fortuna”

Lui voleva che la imprimessi bene nella mente, del resto sarebbe stato impossibile non leggerla ogni volta! Di lì a poco avrei varcato la soglia del grande cancello in ferro battuto, ancorato a due colonne di marmo bianco, lasciandomi alle spalle il parco secolare che faceva da cornice alla nostra bella dimora storica, Villa Augusta, immersa nella campagna cremasca. Percorsi i 58 chilometri che mi separavano da Francesco e dalla sua Bollate. Olga (mamma di Francesco e figlia di Pietro Origgi) aveva preparato per tutti e sette i commensali un goloso risotto alla milanese, arricchito dall’ossobuco coperto di salsa Gremolada, fatta con la ricetta antica: prezzemolo, aglio e scorza di limone. Gustosissima!

La conversazione cadde sull’argomento di cui tutti i bollatesi, in quei giorni, disquisivano: l’imminente abbattimento di una grande parte degli immobili siti nel centro storico, estromettendo i loro abitanti, per poi ricostruire secondo un nuovo moderno progetto edilizio.

A sinistra, disegno del progetto del Cantun Sciatin dopo la demolizione dei vecchi edifici. A destra, Veduta del Cantun Sciatin nella sua attuale forma con l’indicazione numerica della varie foto scattate  prima della demolizione

Armati di macchina fotografica e di preoccupata curiosità, rivisitammo tutti quei luoghi pregni di storia e di vividi ricordi per Francesco, bollatese doc. L’area interessata, denominata “Cantun Sciatin”, constava di intere vie ricche di cortili e negozietti storici: uno fra questi era la drogheria Origgi, da sempre piena di alti vasi di vetro contenenti caffè, riso, biscotti, caramelle colorate e molto altro. I clienti compravano ciò di cui avevano bisogno e uscivano dal negozio con i vari cartoccini di roba sfusa. Pietro, nonostante fosse un omino esile, aveva sempre consegnato a domicilio cassette d’acqua, caricandole sul portapacchi della sua bicicletta nera. Ora era chiuso per ferie e non avrebbe mai più riaperto! Sulla porta del suo esercizio, ormai vuoto di arredi ma ancora pieno di tristezza, incontrammo la Pinuccia con lo sguardo smarrito e disperato. Pinuccia ci disse piangendo che l’indomani sarebbero arrivate le ruspe che avrebbero abbattuto tutto, a cominciare dal suo bar e dalla sua casa, con dentro il passato a lei tanto caro.

n. 10 nella piantina

Nei deserti cortiletti interni si notavano tavoli con sedie fatte di strisce verdi di plastica e pergole d’uva fragola che assicuravano ombra e profumi antichi. Le scale con ringhiere in ferro portavano alle camere da letto, mentre le cucine di casa erano spesso poste sul retro degli esercizi commerciali.

Io non mi capacitavo dell’imminente scempio, il concetto di demolizione e ricostruzione non mi era mai appartenuto, era invece radicata in me la ferma idea del restauro dolce, con l’utilizzo della doverosa “timidina” per l’architettura conservativa, ciò che mi trasmetteva, col suo costante esempio, l’operato di mio padre. Egli soleva dire:

“così, come si curano le nonne, con garbata attenzione e amore, allo stesso modo vanno trattati gli immobili del passato…”.

Ma questo, evidentemente, fa parte del solo sentire individuale.

 Teresa Stringa

Le Marie del Cantun Sciatin

Ce n’erano ben cinque che portavano quel nome di battesimo in Cantun Sciatin, negli anni Quaranta. Come era regola del tempo, ognuna era stata ribattezzata con un soprannome per distinguerla dalle altre. Eccole, una per una, nel ricordo di nonna Olga Origgi – Costa (oggi 91enne).

Maria Padròna (perché proprietaria della sua minuscola casetta all’interno di un cortile di soli affittuari);

Maria del Deo (perché il marito lavorava come seppellitore):

Maria Latera (perché distribuiva il latte delle mucche della sua stalla);

Maria Sidoni (era il suo cognome, probabilmente di origine semitica del Mediterraneo Orientale);

Maria Terona (di origine meridionale e perciò parlava uno storpiato dialetto milanese).

Le fotografie sono state scattate  da Teresa Stringa il giorno prima dell’avvio dei lavori di demolizione del Cantun Sciatin nell’estate del 1987.

Teresa Stringa è nata nel 1960, fin da piccola, il padre pittore e la madre amante della poesia, le hanno trasmesso gli elementi necessari per apprezzare la bellezza e l’importanza dell’arte.
Nonostante gli studi tecnici, ama la scrittura in ogni sua forma

Teresa Stringa