SOGNANDO LO SCUDETTO

I Tornei a sette dell’Oratorio

Il campetto dell’oratorio, luogo di svago, passione, ma anche di sogni di coppe e campioni. Partecipare al torneo a sette giocatori della domenica pomeriggio rappresentava, per i ragazzi negli anni Sessanta, una sorta di emancipazione sportiva e non solo, anche sociale, da rivendicare come un vanto con gli amici del cortile o tra i banchi di scuola, perché era come disputare il campionato di serie A e immaginare la conquista dello scudetto. 

Una stagione, quella del tirare calci al pallone in partite infinite, che accendeva la fantasia e faceva vivere momenti di esaltazione indimenticabili. 

LA MITICA SAN MARTINO

Fine anni Cinquanta. All’oratorio domenicale era usanza organizzare, tra la campanella della dottrinetta e quella della benedizione in chiesetta, un torneo di calcio a sette nel campetto in terra battuta all’ombra del campanile. Era riservato ai ragazzi che frequentavano la scuola media inferiore, con le squadre suddivise tra i vari quartieri cittadini. Noi, frequentatori abituali, aspettavamo con ansia di avere l’età per potervi partecipare, rappresentava una sorta di promozione generazionale, un’ iniziazione nel mondo giovanile. Così, nel 1959, con l’iscrizione alla prima media debuttai nel mio primo torneo: portiere nella formazione del rione denominato “San Giuseppe”, perché collocato nelle vicinanze della avveniristica chiesa sussidiaria, e che negli anni successivi sarebbe poi confluita in quella del rione Misto, neonata squadra che avrebbe raccolto giocatori di provenienze territoriali diverse. Ma fu con la mitica compagine della San Martino che ottenni i risultati e le soddisfazioni più lusinghiere.

 Anno 1962- giocatori e supporters della squadra dell’oratorio di Bollate in posa prima di una partita. Si riconoscono da sinistra in piedi: Ettore Minora, Carlo Costa, Filippo Lucchini, Giancarlo Meroni, Luigi Boniardi. Accosciati da sinistra: Ottavio Ballo, Luigi Quinterio, Ennio Banfi (alle prese con le stringhe) Renato Montrasi e Giuseppe Dusi

Nel settembre del 1962, assieme ad un gruppo di ragazzi pressoché coetanei, Ennio Banfi, Giancarlo Meroni, Antonio Bonini, Renato Montrasi, i fratelli Nino e Cesare Brambilla, Ernesto Giorgetti, Ottavio Ballo, Franco Alzati, Roberto Pezzali, decidemmo di creare la compagine della San Martino, considerato che buona parte di noi risiedeva in quella zona, e ci iscrivemmo alla edizione del 1962- 1963. Come una vera squadra scegliemmo i colori sociali e comprammo le divise. Per fare ciò ci volevano i soldi e per procurarceli ci siamo attivati per raccogliere una quantità consistente di rottami (la differenziata porta a porta e la discarica per conferire i materiali ingombranti erano concetti ancora di là da venire) che poi vendevamo alla ditta “del strascee- piatee” Beretta, con negozio e annesso deposito in via Diaz. Andavamo di casa in casa a raccogliere stracci e soprattutto carta, ma anche ferro, rame e ghisa, recuperandoli tra le macerie dei bombardamenti della guerra non ancora rimosse e nei numerosi cantieri di nuove costruzioni che stavano sorgendo (erano gli anni del boom edilizio del dopoguerra), addirittura smontando macchinari abbandonati, previa autorizzazione delle aziende proprietarie e prima che lo facessero i ladri. Racimolammo un bel bottino che ci permise di acquistare ben due divise: una con maglia gialla, con collo e polsi rossi, e calzoncini blu con risvolti rossi; l’altra con maglia verde, con collo e polsi rossi, e calzettoni verdi con risvolti rossi.

La formazione della San Martino, da sinistra:Nino Brambilla, Giancarlo Meroni, Franchino Alzati, Renato Montrasi e il mister Giuseppe Ascherio. Accosciati da sinistra: Luigi Quinterio, Antonio Bonini, Roberto Pezzali, Ottavio Ballo

Dal basso in alto Luigi Quinterio, Renato Montrasi  e Ernesto Giorgetti 

La partecipazione al torneo era un titolo di vanto, quasi fosse disputare la massima serie: per tutta settimana, nei nostri discorsi, tenevano banco risultati e gol, con attese spasmodiche per i match successivi. Anche perché l’organizzazione era davvero in grande stile, curata in ogni dettaglio. Sotto l’egida dell’assistente don Gildo Radaelli, quelli della “Brigata Serena”(i ragazzi che frequentavano le superiori) si occupavano di tutti gli aspetti della manifestazione, dallo svolgimento delle partite alla compilazione dei calendari, fino alla documentazione associativa, veniva rilasciata una tessera di riconoscimento con generalità e squadra di appartenenza e che riportava sul retro il decalogo da rispettare per essere un “ atleta virtuoso”. Motivo di orgoglio in più per noi calciatori in erba, quel torneo del 1962-63 per la prima volta si disputava non sul campetto in terra battuta ma sul più ampio terreno erboso a undici sul quale giocava la prima squadra dell’Ardor, naturalmente riducendo le dimensioni-.

Al campionato parteciparono otto squadre e quindi furono giocate quattordici partite, tra andata e ritorno. Durò dal 1 novembre 62 al 3 giugno 63. La medaglia d’oro del successo finale andò al rione Piazza (vie Magenta, Cavour e piazze Solferino e San Francesco), capitanato da Carlo Costa, al secondo posto ci piazzammo noi della San Martino, al terzo gradino del podio il rione Oltre Po (indicava il quartiere situato al di là della linea ferroviaria), composto prevalentemente dai ragazzi dell’isola San Domenico e delle vie Garbiera, Porra, Madonna in Campagna, allora decisamente limitrofe. A tutti i partecipanti fu altresì regalata una bottiglia di spuma nera, bevanda che all’epoca andava per la maggiore non solo tra i ragazzi ma anche tra gli adulti che frequentavano osterie e bocciofile per la sua economicità, la tagliavano con il vino rosso per creare quel mix di sapori conosciuto in gergo come “la mista”.

La tabella con i risultati del Torneo 

Medaglia assegnata ai vincitori

La tessera di riconoscimento dei partecipanti al torneo 

La mitica spuma nera. Tagliata con il vino rosso prendeva il nome di “mista”.

Scarica l'elenco delle squadre con i partecipanti 1962/1963

In questo file troverete l’elenco delle squadre di calcio che hanno partecipato al torneo del 1962/1963, la loro formazione e il calendario con i risultati riportati.

Per rendere ancora più appassionante la competizione, durante e dopo quel torneo si svolsero diverse partite tra i vari oratori in una sorta di piccola coppa dei campioni. A rappresentare quello di Bollate fummo scelti noi della San Martino, Cascina del Sole era rappresentata dalla Solese, Ospiate dalla formazione nota come “resca de pess”, nel quadrangolare di questa frazione le formazioni erano battezzate con nomi di detti dialettali di avanzi di cibo. C’era anche la compagine straniera, i milanesi della parrocchia di Bovisa. Partite molto seguite, partecipate e dibattute. Una forte rivalità, una specie di vero e proprio derby, era quella tra l’oratorio di Bollate e quello di Ospiate, diretto da don Antonio Mastri. Tanto per rendere l’idea del clima che animava la “straoratoriana”, optavo per andare a confessarmi da don Antonio e nel corso della confessione più che parlare di peccati e redenzione discutevamo degli incontri disputati e facevamo i piani per le future partite, con il risultato che fuori dal confessionale si formavano lunghe code. Ma i ragazzi che dovevano confessarsi dopo di me non ubbidivano alle sollecitazioni del sacrestano, il mitico Mario Hopes (subentrato da poco allo storico Luisin Ferrario), di andare dal prevosto don Giuseppe Sala, che confessava al centro della chiesa, preferivano restare in paziente attesa, temevano di ricevere dal parroco, insieme all’assoluzione, qualche scappellotto di rimprovero come accompagnamento all’indulgenza da recitare.

Luigi Quinterio impegnato in una presa alta, sotto lo sguardo attento di Ennio Rossetti, alle sue spalle si riconosce il futuro arbitro Gaetano Quatela.

Oltre alle sfide tra gli oratori, si disputò anche un torneo a Cascina del Sole, al quale presero parte, insieme a noi della San Martino, la formazione dell’Ardor e le compagini di Cassina Nuova, Paderno Dugnano, Novate, Baranzate, Ospitaletto e Cascina del Sole. Ma non era ancora finita, nel corso dell’oratorio feriale estivo venne promosso un nuovo torneo a sette, con incontri da giocarsi quasi ogni giorno, autentica goduria per noi amanti del pallone, oltre che ad essere l’occasione per prenderci la rivincita sulle sfide invernali. Pure d’estate si poteva continuare a sognare di vincere lo scudetto.

San Martino. In piedi: Meroni Giancarlo, Pezzali Roberto, Montrasi Renato. In ginocchio: Brambilla Nino, Quinterio Luigi, Banfi Ennio, Bonini Antonio

La formazione della Solese

1960 – Lo storico sacrista Luigi “Luisin” Ferrario attorniato dai suoi chierichetti. Si riconoscono da sinistra: Renzo Marangoni, Giovanni Nizzola, Giuseppe Dusi (seminascosto), Peppino Ottoboni, Scaini, Tiziano Cislaghi, Elvio Gessaghi, Luigi Bianchi, Vezio Adriano Rinaldi, Iller Carrer ( foto archivio Carlo Carli)

Don Gildo Radaelli, assistente dell’oratorio nei primi anni Sessanta.

Insomma, un’entusiasmante esperienza umana all’insegna del divertimento e della crescita aggregativa che è rimasta impressa nella memoria. Questo ricordo ne è la dimostrazione.

LUIGI QUINTERIO

-portiere della squadra del rione San Martino-

Prima del fischio di inizio 

QUEL CELESTIALE COLPO DI TESTA

Quella in programma una domenica pomeriggio, alla metà degli anni Sessanta, sul campetto in terra battuta dell’oratorio era davvero una supersfida, in palio c’era non solo la vittoria nel torneo a sette ma soprattutto la supremazia nei confronti dei cugini poco amati. La gara tra chierichetti e luigini aveva infatti tutti gli ingredienti della partitissima, una derby in chiave liturgica che animava le tifoserie. I luigini, con le loro cotte bianco azzurre, erano quelli che aprivano le processioni fungendo da avanguardia subito prima del transito del baldacchino con il santissimo sacramento e dunque vantavano una sorta di primogenitura rispetto ai chierichetti, che è vero erano sull’altare a “servir messa” ma erano meno considerati nelle gerarchie coreografiche dei grandi riti religiosi. Da qui lo spirito di competizione che dall’ambito ecclesiale sconfinava pure in quello più ludico del tirar calci a un pallone, figurarsi poi per quella finalissima. Fischio di inizio dell’arbitro Gaetano Quatela alle 16, tifo delle grandi occasioni, spalti, ossia il muretto che delimitava l’oratorio con i terreni dell’agricola Tosi, gremiti in ogni ordine di posti. Luigini in maglia biancoceleste, chierichetti con la divisa verde bordata di rosso.  Incontro molto sentito, con i primi, capitanati da Sandro Borroni, che si fanno più volte minacciosi verso la porta difesa da Elvio Gessaghi che riesce a neutralizzare un paio di insidie. L’allenatore dei chierichetti, Espero Marangoni, ha impostato una tattica sulla difensiva basata sul gioco di rimessa, lasciando spazio alle conclusioni da fuori degli avversari che però non sortiscono alcun effetto. Primo tempo che si conclude a reti inviolate. Nella ripresa cresce la tensione sia in campo sia sugli spalti, dove i supporters di entrambe le formazioni, guidati rispettivamente da Roberto Campagnoli, luigini, e Natalino Bruni, chierichetti, si fanno sentire con un tifo che aumenta di intensità e rumore ad ogni azione, il risultato però non si sblocca, A pochi minuti dalla fine c’è un calcio d’angolo per i chierichetti, battuto da Peppino Ottoboni dal lato prospicente la scaletta che porta alla cabina di proiezione del cinema. Il pallone, calciato ad effetto, arriva in area, sorvola le teste di un nugolo di giocatori e, mentre sta compiendo la parabola discendente e sta per finire la sua corsa fuori dalla portata di tutti, quasi fosse una visione celestiale lo vedo atterrare verso di me, rimasto solo nei pressi della porta avversaria, il tempo di inginocchiarmi e di colpirlo di testa infilandolo dritto a fil di palo. Gol, 1 a 0, inutili le proteste dei luigini che reclamano un fallo sul portiere nella mischia che si era creata. Indescrivibile la mia gioia e quella dei miei compagni per una rete inaspettata quanto casuale ma dal valore importantissimo. Il rabbioso forcing finale dei biancocelesti non da esito, la difesa chiude ogni varco possibile, e poco dopo Quatela da il triplice fischio e manda tutti negli spogliatoi. Trionfo dei chierichetti che conquistano una coppa che troneggerà per diversi mesi sull’armadio dei paramenti in sacristia a simboleggiare il primato sui cugini. Grande esaltazione per tutti noi: un’euforia talmente esagitata manco avessimo vinto la coppa dei campioni. Al contrario, tanti sfottò per gli sconfitti. 

Quel celestiale colpo di testa, in ginocchio e a fil di palo, me lo porto dentro come uno dei momenti più entusiasmanti dell’infanzia. 

PAOLO NIZZOLA 

Primi calci di Paolo Nizzola (foto archivio Carlo Carli)

ISPIRANDOCI A LORO

Le squadre e i campioni dell’epoca  a cui si ispiravano i giovanissimi calciatori.  Tratte dal Settimanale Sportivo  LO SPORT ILLUSTRATO  (Collezione Giordano Minora)

Laureato in Bocconi con una tesi sullo sviluppo industriale di Bollate, insegnante e professionista . Da sempre impegnato nel civile, sociale e culturale prima da segretario dei giovani socialisti, poi per oltre dieci anni come presidente della Commissione Biblioteca ed infine come consigliere ed assessore comunale per quattro legislature. Ha dato un fortissimo impulso alla creazione della Biblioteca Comunale in centro e nelle frazioni  sia come servizio  di lettura e prestito libri che come centro  culturale.

Luigi Quinterio

Una vita a maneggiare notizie tra giornali, radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico, Ho fatto solo il giornalistaMilanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro Una storia su due ruote), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting). Gaudente a tavola, soprattutto in buona compagnia.  Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.
Paolo Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora