QUEL FASCINO SENZA TEMPO

I tesori ritrovati di Castellazzo

Villa Arconati e la chiesa di Castellazzo in una stampa del 1840

“Voce. Musica. Pittura. Poesia… con loro, le emozioni rivivono,

con vigore risvegliano il bel ricordo di ogni passato che avvolgeva l’anima.

Ogni talento rappresenta un poderoso ritorno ai tumulti del cuore

rimasto inalterato nel tempo che, a dispetto degli eventi bui,

si regala all’Eternità” (Teresa Stringa- Talenti Immortali)

LA DELIZIA RESTITUITA

Quando tracce di genio e talento creano la bellezza materiale e spirituale in un unicum permanente: villa Arconati a Castellazzo ha riaperto i battenti in tutto il suo sfavillante splendore (è proprio il caso di dirlo adesso che è stata completamente restaurata e sono cadute le restrizioni dovute alla emergenza pandemica) e si può finalmente visitare in piena autonomia, passeggiando liberamente nell’immenso giardino e tra le sontuose ed eleganti sale ,compreso il susseguirsi di piccole stanze, chiamate “l’ala delle donne”, che erano chiuse da tempo. La seicentesca villa di delizia , ormai passata alle cronache come la piccola Versailles, ha ritrovato intatto, dopo anni di lavori, quel suo fascino senza tempo ,ricco di quattro secoli di storia, aggiungendovi però uno sguardo rivolto al presente, in un percorso che vuole essere una sintesi tra ieri e oggi. A far da sfondo c’è il suggestivo scenario ambientale dell’imponente “Giardino delle Meraviglie”, dodici ettari di un raro esemplare di spazio verde all’italiana e alla francese, dove spiccano le molteplici varietà di piante e vegetazione floreale, i massicci teatri in pietra, gli zampillanti giochi d’acqua delle fontane.

Cartolina Anni Trenta

A fare da trama, tra immaginazione e realtà, nel dipanarsi del copione di questo monumento ambientale e architettonico, è l’arte in senso lato. La pittura: l’ enorme affresco dei fratelli Gallinari (scenografi poi del teatro alla Scala di Milano) nella sala del Fetonte, oppure le dodici tele del maestro Crivellone, datate 1705, conservate nella sala della Caccia. Il teatro:il commediografo Carlo Goldoni, ospite nell’estate del 1750, prendendo il fresco su una panchina dei giardini, trovò l’ispirazione per scrivere la “Putta Onorata “ e dedicarla al padrone di casa Giuseppe Antonio Arconati. La scultura: la celeberrima statua dell’imperatore Tiberio, l’ attrazione più nota (per anni si pensava fosse quella dedicata a Pompeo Magno, sotto la quale fu pugnalato a morte Giulio Cesare); ma non solo, vale la pena ricordare che la residenza ha custodito per secoli i frammenti del monumento funebre a Gaston de Foix (duca di Nemours, comandante dell’armate reale in Italia all’epoca di Luigi XII), realizzata in marmo bianco da Agostino Busti, detto il Bambaia, poi trasferita al Castello Sforzesco di Milano.

Statua Pompeo Magno, poi attribuita alla raffigurazione de l’imperatore Tiberio 

Vista dei giardini di villa Arconati

La musica:narra la leggenda che i compositori Antonio Vivaldi e Gioacchino Rossini furono ospitati, in tempi diversi, nel complesso architettonico, con il secondo, si dice, particolarmente ghiotto degli stracchini prodotti dai marchesi Busca, nuovi proprietari .In tanta magnificenza di raffinato gusto e intelletto, non si può non soffermarsi sulla vicenda del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci: prima di essere donato dagli Arconati alla Biblioteca Ambrosiana di Milano nel 1637, pare avesse fatto tappa a Castellazzo e proprio partendo dal suo studio sarebbero stati stati costruiti i giochi d’acqua delle fontane. Condizionale o meno, la villa, con i suoi segreti carichi di sapere, la sua storia, la sua eleganza, si conferma autentico luogo di delizia e si pone come punto di incontro tra antico e moderno, pronto ad accogliere proposte artistiche e culturali che possano contribuire al nutrimento dello grazia e dello spirito in un contesto incantevole

A sinistra, pagine del Codice Atlantico nel quale è stato rinvenuto il disegno della bici. A destra, il disegno del prototipo di bici eseguito da Leonardo da Vinci

Un ribaltamento di prospettiva rispetto ad un passato non molto lontano quando, da residenza privata, era inaccessibile al grande pubblico e ai visitatori non restava che fantasticare dall’esterno su cosa custodissero giardini e stanze. Intento di apertura avviato da anni, a cominciare dall’omonimo festival musicale, che quest’estate celebrerà la 34 esima edizione, rassegna che ha visto passare nel parco il meglio della musica contemporanea nazionale ed internazionale, dal rock al blues, dal jazz alla world- music, fino alla classica, oltre alle stelle di danza e balletto. La residenza è diventata nel tempo sede di mostre: in questa stagione protagonista è l’artista svizzera di origine anglo cinese Angela Lyn, con una grande esposizione personale, dal titolo “On the Edge of Time”, nella quale lungo un percorso cumulativo attraverso 25 stanze, crea una risonanza tra la sua vita e quella della villa; performance letterarie e sonore ambientate nei giardini, eventi di vario genere, convegni, visite guidate. Un insieme di iniziative che fanno di villa Arconati, assieme al circostante borgo, con i suoi caratteristici cortili e le significative presenze storiche, il santuario della Fametta, naturali, il pittoresco laghetto, sportive, il celebre maneggio ( vedi la nostra storia dedicata), un posto nel quale risvegliare ricordi, suscitare emozioni, creare positive vibrazioni, declinando, “a dispetto degli eventi bui”, il sentimento della bellezza, tra passato e futuro.

P:S. Ora per ripristinare completamente il maestoso panorama dell’intero patrimonio monumentale che si presenta transitando dalla statale Varesina, occorre ultimare il restauro conservativo della chiesa e del campanile,edifici connessi a villa e borgo. Il progetto è stato redatto, l’ok della sopraintendenza delle belle arti è arrivato, come pure il via libera della curia milanese al piano finanziario, resta ancora da sciogliere qualche impedimento burocratico e il cantiere potrà partire.

Quando i cancelli della villa erano chiusi

La Villa Arconati ha sempre esercitato un’attrazione speciale sui bollatesi, tanto  da costituire un affascinante scenario  per una foto ricordo delle gite domenicali a Castellazzo o di qualche speciale occasione in vari decenni del secolo scorso.

L’impossibilità di potervi entrare faceva sorgere fantasie e sogni sugli ambienti e sul mondo nobiliare custodito dietro quei cancelli e quella lunga schiera di finestre.

All’Ombra del Campanile

E’ stata l’ultima mission di padre Egidio Zoja, prima di chiudere gli occhi per sempre. Lanciare il progetto di “restauro conservativo“ della chiesa, del campanile e della canonica di Castellazzo.

Un progetto ambizioso, ammonta a circa Seicentomila euro, e che prevede nel dettaglio, la rigenerazione delle facciate di chiesa, canonica e campanile, il rifacimento degli intonaci, interni ed esterni, le coperture in laterizio e la sostituzione dei serramenti, manufatti tutti piuttosto ammalorati, tanto che la piazza antistante la chiesa è transennata da anni proprio a causa di questa situazione di degrado.

Via Fametta (Foto Giordano Bordegoni)

E’ stata avviata così la campagna di raccolta fondi, chiamata “all’ombra del Campanile, supportata dalla associazione Vivere Castellazzo, che da anni collabora alle varie iniziative promosse dalla parrocchia di san Guglielmo, da oltre quarant’anni affidata alle cure spirituali dei padri Betharramiti,  e che ha coinvolto soggetti diversi come villa Arconati FAR (Fondazione Rancilio ), che ha messo a disposizione, a titolo gratuito, il proprio staff di architetti, geometri, restauratori per la stesura del progetto, la Fondazione Cariplo, il Comune di Bollate, la Curia e poi una serie di amici che si sono mobilitati spontaneamente come il “gruppo il Salotto“, in tandem con gli “Amici di Castellazzo”, che nel dicembre scorso hanno promosso il calendario, con le illustrazione della Bollate scomparsa dipinte da Paolo Fabbro, che ha ottenuto un ottimo gradimento nella popolazione e ha permesso di raccogliere ben 9 mila euro alla causa. Anche la Coop Bollate-Novate ha aderito alla raccolta fondi, attraverso la “card solidale”, altre associazioni si stanno organizzando.

E’ nato cosi un movimento popolare a favore di un intento che ha come obiettivo quello di ristrutturare e valorizzare un complesso che è parte del patrimonio artistico e socioculturale della città, infatti la chiesa non è più considerata come un semplice luogo di culto e devozione, ma anche come un apprezzato riferimento per momenti e iniziative di varia natura:una per tutte, l’ormai celebre “Maggio Castellazzese”.

Il campanile che spunta dalla strada innevata

Il campanile visto dai campi

FACCIAMO UN PO’DI STORIA

Voluta dall’arcivescovo di Milano san Carlo Borromeo, la chiesa risale, nella sua attuale architettura, al 1573 ed è dedicata a san Guglielmo il guerriero, duca di Aquitania che, dopo la conversione, divenne eremita vivendo nella zona di Malavalle, presso Grosseto.

Non si conosce la data esatta di costruzione dell’edificio, il primo riferimento dell’esistenza di una cappella risale al 1321, ma si presume che esistesse già secoli prima.

In una lettera dell’arcivescovo Giovanni Visconti (12 dicembre 1341), viene disposta la costruzione della nuova chiesa, dedicata a santa Maria e san Guglielmo. L’officiatura dei riti religiosi viene affidata ai frati dell’ordine degli Umiliati. Nasce così la parrocchia di Villafranca, come allora si chiamava Castellazzo, ben prima della costruzione della villa.

Il campanile visto dal laghetto in una cartolina degli anni Trenta

Il 27 luglio 1573, l’arcivescovo san Carlo Borromeo, in occasione di una visita pastorale, convoca l’assemblea dei capifamiglia del borgo (60 persone) alfine di promuovere la edificazione di una nuova chiesa. Guido Cusani, proprietario di Villafranca, si impegna a realizzare il progetto, anche come gesto riparatore perchè precedentemente si era abusivamente impossessato di beni appartenenti alla parrocchia. La chiesa venne edificata, dopo quattro anni di lavori, su progetto dell’architetto Marino Bassi. L’edificio è così descritto: ‘a navata unica, lunga 20 braccia e larga 19; tre gradini portano alla cappella maggiore dove è posto l’altare; alla sinistra si trova la cappella del battistero e sulla destra il campanile’. Nel 1850, il marchese Antonio Busca apportò ulteriori ampliamenti.

La Corte Nuova. Al centro: il lavatoio del cui restauro si è fatta promotrice l’Associazione Amici di Castellazzo

Nel 1988, il parroco, padre Giovanni Orlandi, affida all’architetto Giuseppe Cimbro il restauro interno dell’edificio che ha portato all’attuale suddivisione: nella navata centrale, guardando dall’altare verso sinistra, è collocata la statua in legno del sacro Cuore, seguita da un organo d’epoca, attualmente in fase di restauro. Nell’altare laterale, si trovano una tela raffigurante sant’ Antonio, opera di Pompeo Bertini (1827-1899), e un presepe in gesso di scuola bergamasca.

Sull’altro lato, sotto il pulpito, c’è un pregevole crocifisso in legno, mentre sopra l’altare compare una tela che rappresenta la Vergine Maria col Bambino in braccio, anch’essa opera del Bertini. In fondo è invece situato il battistero in legno, opera artigianale di buona fattura; sovrastato da due quadri, di autore ignoto, raffiguranti, uno il guerriero san Guglielmo e l’altro una deposizione di Cristo.

A lato dell’altare maggiore è ubicata una cappellina, sul soffitto della quale è dipinto un affresco raffigurante san Guglielmo, affiancato da una tavola lignea del 1840, pregevole copia di un particolare della ‘Madonna delle arpie’ di Andrea del Sarto (1486-1530).

Siamo quindi di fronte ad un autentico gioiellino di arte sacra, testimone di un patrimonio umano e di fede che, proprio per la sua funzione storica, è necessario venga valorizzato e tramandato.

ROBERTO PIROLA- Associazione Vivere Castellazzo- Parrocchia san Guglielmo

Una vita a maneggiare notizie tra giornali, radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico, Ho fatto solo il giornalistaMilanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro Una storia su due ruote), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting). Gaudente a tavola, soprattutto in buona compagnia.  Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.
Paolo Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora