OSPIATE SI METTE IN COSTUME

 Alla conquista del Carnevale di Venezia

“Bollate non smette mai di stupirci” – Anna de Francesco

La creatività che non ti immagini e che sorprende e sbalordisce. La scopri a Ospiate dentro ad un armadio ricco di meraviglie, un inatteso scrigno con decine di variopinti costumi in stile ottocentesco, confezionati con fogge, rasi e colori diversi, autentici capolavori di alta sartoria fatti rigorosamente in casa ed unicamente frutto di passione. Una grande bellezza che nel giro di pochi anni ha letteralmente conquistato il prestigioso Carnevale di Venezia, tanto da far diventare il gruppo di Ospiate una delle vedettes più attese e ammirate all’evento mascherato in laguna.

Tutto nasce da un invito familiare in chiave allegorica e dal quale scaturisce una simpatica invidia, trasformatasi ben presto in un coinvolgente spirito di emulazione trasmesso poi all’intero parentado. Si può sintetizzare in questo percorso sequenziale di sentimenti ed emozioni l’avventura carnevalesca di Vito Breda, originario della provincia di Rovigo, approdato con il suo clan familiare decenni fa ad Ospiate portandosi dietro un sogno nel cassetto: fare il sarto. Desiderio rimasto inevaso in età giovanile per cause di forza maggiore. 

Vito Breda

“Tutta colpa di Bertilla”

Bertilla, la cugina padovana dall’insolito nome di origine argentina, ha inconsapevolmente innescato la miccia che ha dato il là alla sfarzosa impresa a sfondo familiare. Dodici anni fa ha invitato il cugino Vito alla sfilata in maschera che si svolge tra il ponte di Rialto, quello dei Sospiri e la passerella conclusiva nella suggestiva cornice di piazza san Marco. Vito, mettendosi alla prova come stilista in fieri, ha concepito per l’occasione un abito dalla forma ottocentesca (diventerà il suo brand), partecipando così acconciato al corteo veneziano in compagnia della cugina e del suo consorte dal nome che rimanda a reminiscenze manzoniane, Galdino.

Vito Breda, abbigliato da perfetto cortigiano, supporta  la cugina Bertilla alle prese con le sfoglie della pasta tirata in casa.  

Già nel corso della sfilata, molteplici sono stati i segnali di attenzione e approvazione sia da parte del pubblico che delle altre maschere, attratti dall’originalità e dall’eleganza del suo costume. Un gradimento apprezzato da Vito macchiato però da uno sguardo incauto sulla passerella finale davanti alla celebre basilica; nel salire la rampa che conduce al palco, ha notato che Galdino lo sovrastava in altezza mettendolo in secondo piano dinanzi alla folla plaudente ed entusiasta e dentro gli obiettivi di fotografi e telecamere. Una piccola pecca che, inserita nel contesto spettacolare e gioioso dell’evento, ha lasciato un retrogusto amaro alla sua autostima facendogli contemporaneamente scattare da un lato un pizzico di invidia nei confronti della statura del marito della cugina e dall’altro lo spirito di emulazione verso i costumi visti alla manifestazione.

“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”

Rientrato dalla sorprendente ed esaltante esperienza, Vito decide che la presenza al Carnevale veneziano non deve essere derubricata come un momento una tantum, nato quasi per gioco, ma deve trasformarsi in una presenza attiva e con un obiettivo da centrare sempre: esserci e destare ogni volta curiosità e stupore, ossia fare la differenza. Bisogna allora finalmente esaudire il desiderio cullato fin da giovane e rimasto inevaso nel cassetto perché, anziché occuparsi degli agognati tessuti da tagliare e cucire per concepire modelli di abbigliamento, si è dovuto accontentare di maneggiare carte da parati come tappezziere. Seppur a livello amatoriale, diventa sarto di abiti da scena coinvolgendo in questo gioco colorato e dal proposito allegorico buona parte dei suoi familiari, soprattutto quelli che condividono con lui l’appartenenza al quartiere de la Pirotta, nelle vicinanze del campo da softball (altra passione di famiglia, con una sorella e diverse nipoti pluriscudettate nella disciplina).

Comincia a girare e curiosare tra i mercatini del Belpaese alla ricerca di stoffe rare, sete, veli, passamanerie, non disdegnando oggetti di chincaglieria e cianfrusaglie varie, insomma l’occorrente per confezionare non solo i “vaporosi” costumi dell’epoca dell’Ottocento, ma anche per rifinirli con accessori in sintonia, quindi scovare e successivamente sistemare e adattare cappelli, velette, cerchietti, spille e calzature. In quest’ultimo caso escogitando un trucco ”berlusconiano”, alzare con appositi spessori tacchi e suole per competere in altezza con Galdino e non essere più messo in secondo piano nelle foto di rito. 

Alcune originali calzature scoperte rovistando nei vari mercatini del Belpaese. Al centro, la modifica a suole e tacchi per sollevarsi di qualche centimetro

“Dettagli che contano… per dire chi siamo noi”

Da gioco a passione il passo è breve, prendendo spunto dai costumi visti e fotografati a Venezia, Vito, armato di forbici, rocchetti di cotone, manciate di spilli, seduto alla macchina per cucire fa e disfa, prende come modella per collaudare le sue creazioni Regina, la sorella più giovane della numerosa nidiata di fratelli, la nomina dama di fiducia e progetta capi di taglie e stili personalizzati, indossati poi, di volta in volta, da nipoti, cugini e amici. La rappresentativa di Ospiate al Carnevale di Venezia si è ormai accresciuta fino a superare le venti persone, letteralmente affascinate e contagiate dalla passione di Vito. Aumenta la compagnia di pari passo con la fama conquistata perché ,“ grazie alla particolare confezione dei nostri costumi, curati fin nel minimo dettaglio – racconta soddisfatto – facciamo la differenza; non appena arriviamo sul posto siamo immediatamente riconosciuti e apprezzati”. 

La rappresentativa mascherata di Ospiate in passerella in piazza san Marco a Venezia

Proprio in questo concetto sta la filosofia di fondo dell’opera sartoriale di Vito, una filosofia presa a prestito nientemeno che da un monito di Leonardo da Vinci:

“i dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio”,

citazione che, al di là del gioco di parole, ben sintetizza l’essenza del suo lavoro. A confermarla arriva la testimonianza della sorella Regina, “nell’ultima edizione, quella della ripartenza dopo la pausa per la pandemia, a dimostrazione che c’era attesa versi di noi, non appena il nostro gruppo, piuttosto voluminoso considerata la ampia foggia dei costumi, è salito sul traghetto a Fusina si è scatenato l’assalto di scatti fotografici a ripetizione, un autentico tripudio di esaltazione collettiva quasi fossimo delle star celebrate. Quella che viene percepita in prima battuta è proprio la cura per ogni minimo particolare, elemento che caratterizza i nostri abiti e segna una netta differenza rispetto alla maggior parte delle altre maschere.

La cura dei particolari nei costumi, testimonianza della maestria di Vito

Una differenziazione che emerge maggiormente quando raggiungiamo i luoghi deputati al dipanarsi della manifestazione, spesso siamo costretti a delle lunghe soste, specialmente in piazza san Marco, assaliti da fotografi e cameraman che vogliono immortalarci, metterci in posa con altre maschere, intervistarci”.Un seguito che fa risaltare come non ci sia mai banalità e ripetitività nei costumi ma sia determinante il fattore sorpresa. “Addirittura un paio d’anni fa, nei pressi del ponte dei Sospiri, una troupe televisiva straniera, ammaliata dai nostri vestiti, ha voluto immortalarci mettendoci in posa a bordo canale e siccome eravamo ammassati e gli abiti sono piuttosto ingombranti abbiamo rischiato di finire in acqua”, spiega Vito con una punta d’orgoglio per il riconoscimento internazionale ottenuto sul campo.

Il brand “homemade in Ospiate”, come è stato definito da una tv inglese, un mix di ingegno, passione, fantasia e confezionato esclusivamente per la ribalta di Venezia, è diventato nel volgere di poco tempo uno dei protagonisti attesi ed indiscussi del corteo allegorico lagunare. Nella edizione di quest’anno a fare sfoggio è stata la tradizione del teatro elisabettiano, accolta da un ampio consenso di pubblico, anche se non è stato da meno quello riscosso dalla new entry, la giovane nipote Erica abbigliata in perfetta versione Lady Oscar.

L’homemade in Ospiate posa lungo i canali di Venezia

Un ballo in maschera

Un’ attrazione fatale, quella carnevalesca, che porta a cercare di migliorarsi continuamente,“si lavora tutto l’anno per studiare e concepire esemplari differenti, con l’obiettivo di colpire la fantasia del pubblico”. Forte di questo convincimento, Vito è già all’opera per l’edizione 2023, sul manichino è abbozzata l’idea del modello di un abito nero di epoca vittoriana, ma siamo solo all’inizio e necessita di ritocchi, sistemazioni e degli adeguati accessori prima di essere realizzato. Ennesimo esempio, il suo, di come in fatto di artigianalità legata al buon gusto e alla creazione di oggetti di tendenza, Bollate possa vantare una varietà di piccole sensibilità artistiche ed imprenditoriali decisamente di eccellenza. 

A destra, l’ultima creazione di Vito, in allestimento per la sfilata 2023 del Carnevale veneziano

Nel frattempo, sempre con Venezia nel cuore, Vito coltiva un altro sogno, questa volta più vicino a casa: poter fare ammirare l’intera collezione delle sue creazioni ai concittadini. Infatti, dopo aver mostrato solo qualche costume ad un Carnevale Bollatese e ad un paio di cortei inaugurali del palio dei rioni di Ospiate, gli piacerebbe promuovere una ballo in maschera nel saloni di villa Arconati a Castellazzo, location che ben si presterebbe a far da cornice ad una festa con i costumi d’epoca. Chissà mai che anche questo sogno prima o poi si possa avverare. 

PAOLO NIZZOLA

Immagini gentilmente concesse da Vito Breda e selezionate da Filippo Bordegoni

Una vita a maneggiare notizie tra giornali, radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico, Ho fatto solo il giornalistaMilanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro Una storia su due ruote), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting). Gaudente a tavola, soprattutto in buona compagnia.  Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.
Paolo Nizzola