TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

Vive la piazza, vive la città

Veduta area del nuovo centro della città, dopo la riqualificazione del Cantun Sciatin – Foto Giulio Mesini

“Dal Foro Romano alla piazza moderna, la città ha sempre avuto bisogno di un luogo di convegno, di raccolta, di una “testa” per il suo grande corpo fatto di abitazioni” (Flavio Conti)

Adesso che abbiamo ritrovato le notti magiche, sulla spinta dell’entusiasmo suscitato dalle imprese della nazionale di calcio, la piazza è stata riscoperta in tutto il suo senso di aggregazione sociale.

Non considerata solo uno spazio fisico, ma intesa come una identità precisa, nella quale il cittadino si riconosce, si incontra, crea relazioni e scambi; soprattutto, si sente parte di una comunità.

“Io sono un posto”. In questa definizione di piazza, lo scrittore Alessandro Baricco racchiude il significato di quella che, da sempre, è intesa come l’anima di una città: vi  scorre la vita e si incrociano le sue funzioni . Nel caso di Bollate, il Cantun Sciatin.

L’EFFETTO COMUNITÀ CHE VIVE IN CANTUN SCIATIN

Fine anni Settanta, ancora si respirano i fumi reconditi delle reminiscenze del 68.

Scontro ideologico per antonomasia che, nella realtà cittadina, diventava scontro sulle scelte amministrative. Anche l’urbanistica era teatro di questo rude e appassionato confronto.

Da una parte i comunisti, meglio, il P.C.I., con urbanisti usciti dalle sofisticate fornaci accademiche milanesi (i Montaldo prima, i Ferrante e i De Carli poi) che duellavano con i democristiani che, più artigianalmente, attingevano a intellighenzie cittadine (Carissimi, Grassi, Riboldi), con il supporto tecnico di quel Cesare Butté, che veniva sì da Milano ma, in qualità di architetto, lavorava prevalentemente a Bollate.

Sembrava di rivivere una riedizione aggiornata, riveduta e ingentilita, dello scenario di quel che accadde a Brescello, paese della bassa padana che rese famoso il più noto duello politico della storia italiana, fra un prete coraggioso e ruspante, don Camillo, e un sindaco popolano e popolare, Giuseppe Bottazzi, detto Peppone. Ma eravamo a Bollate e l’oggetto del contendere era il futuro ridisegno del territorio.

E allora giù con gli slogan, per meglio far comprendere il proprio pensiero politico: da una parte “l’effetto città”, con le famose “quinte continue”, per far capire che Bollate avrebbe dovuto darsi un tono metropolitano se voleva crescere, a cui si contrapponeva “l’effetto comunità”, per convincere che dietro, o meglio dentro, i quartieri e le case che li componevano, c’erano uomini, donne, famiglie, cioè cittadini, che quella città avrebbero voluto viverla.

Nel mezzo c’erano i socialisti, che seguivano con attenzione i duellanti, spruzzando qua e là le loro visioni e i loro pensieri, sapendo che gestire quelle scelte (qualunque esse siano state), sarebbe stato più interessante che determinarle, tanto comunque, stante gli schieramenti in campo, o con gli uni o con gli altri avrebbero governato.

In questo scenario, nacque l’idea di inventarsi dove allocare il nuovo centro cittadino, in sostituzione dell’anomalo e limitato slargo di piazza Martiri della Libertà. Bollate è atipica da questo punto di vista: ha una chiesa parrocchiale decentrata rispetto al baricentro e una ferrovia che l’attraversa, con cui è impossibile non fare i conti.

Foto aerea del centro di Bollate negli anni Trenta, abbinata agli interventi edilizi degli anni Novanta

Da questo contesto, sufficientemente ingarbugliato, scaturì l’idea di demolire le ormai fatiscenti corti centrali e costruire un nuovo centro tutto pedonale, innovativo per i canoni di allora.

A conti fatti, fu una intuizione illuminata, di cui la città ne gode, a distanza di anni, i benefici urbanistici e sociali. Una moderna “agorà” che rischiava di diventare tanto artefatta quanto poco vissuta e che, al contrario, oggi rappresenta il vero baricentro cittadino, dove la socialità trova accogliente teatro di incontro.

Le fasi della demolizione degli anni 90 e l’esistente prima della stessa – Foto Antonio Aquino/Giordano Minora

Unica concessione al passato, l’antica casa colonica, Palazzo Seccoborella, recuperata, restaurata e diventata sede di una biblioteca cittadina moderna, efficiente e con servizi di prim’ordine, tanto frequentata quanto apprezzata come autentico punto di riferimento socioculturale.

Prospettiva da via Roma , prima e dopo la riqualificazione del Cantun Sciatin – Foto Giordano Minora

Il palazzo Seccoborella prima della riconversione in Biblioteca – Primi anni 90 – Foto Stefano Rossi

Fasi della costruzione del Palazzo Municipale e del nuovo Cantun Sciatin – Foto Stefano Rossi

Ho avuto l’avventura di inaugurarla, quella biblioteca, come neo sindaco, nel settembre del 1995. Ricordo di aver voluto vicino il mio predecessore, quell’Alberto Malinghero che molto si era adoperato e speso per quell’opera.

Mi sia consentito una piccola confidenza, adesso che sono passati tanti anni. Mi sembrava di svolgere un ruolo immeritato, di portar via il posto a chi si era impegnato più di me e meglio di me, per quella realizzazione. Mi sentivo quasi remotamente e sottilmente a disagio, Il mio animo da boy scout mancato, in quella occasione, seppur ben celato, venne fuori tutto.

Il sindaco Giovanni Nizzola inaugura la Biblioteca, ricavata dalla ristrutturazione di Palazzo Seccoborella – Settembre 1995 – Foto Angelo Redaelli

Gli anni passano, le maggioranze si scompongono, si ricompongono, i partiti muoiono, rinascono e si modificano. La politica, anche quella cittadina, muta vorticosamente. Tutto intorno sembra cambiare, con una velocità tale che starci dietro sembrerebbe impresa ardua.

Resta il Cantun Sciatin, luogo di ritrovo per eccellenza. Il Comune è lì a fianco che guarda: imponente, possente, mai amato dai bollatesi: ci vedono più difetti che pregi.

Sembra il Po che scorre a Brescello, silenzioso e severo, che tante ne ha viste e tante ne vedrà ancora.

Ma la piazza rimane come luogo di ritrovo, di incontro, di appuntamento, di discussione, di confronto, di svago, di allegria. Poco importa chi l’abbia ideata, chi l’abbia voluta o chi l’abbia fieramente osteggiata. È un omaggio alla città e come tale deve essere percepita e vissuta.

La Drummeria, composta da Paolo Pellegatti, Ellade Bandini, Walter Calloni e Max Furian, tra i pià importanti batteristi italiani, nel concerto tenuto dinanzi all’edificio comunale nel giugno 2004

P.S. Essendo stato allora giocatore in campo, seppur con ruolo marginale, sono sicuro di non essere stato obiettivo in questa narrazione. Me ne scuso ma, malgrado gli sforzi, capisco di aver usato tratti per nulla super partes.

Unica concessione l’aver vissuto quel periodo. Per cui nulla di quanto scritto è stato per sentito dire, ma tutto rigorosamente vissuto e registrato.

GIOVANNI NIZZOLA, sindaco di Bollate dal 1995 al 2004.

LA RIGENERAZIONE DEL CANTUN SCIATIN

Come è cambiata l’identità del centro di Bollate

Con l’operazione di recupero del Cantun Sciatin, avviata a metà degli anni Ottanta, le ruspe per la demolizione entrarono in azione nel 1987 ,è stata portata alla fruizione pubblica un’area privata del centro città,  fatiscente e ormai semiabbandonata (era rimasta qualche stalla, dei magazzini di attrezzi e qualche mezzo meccanico, un paio di laboratori artigianali), trasformandola nel  cuore pulsante dI Bollate. Delimitata da due funzioni pubbliche; da un lato il palazzo comunale, dall’altro la biblioteca. Tra i due interventi pubblici, il singolare spazio triangolare, diventato nel tempo luogo di socialità, sia come punto di incontro e ritrovo per le persone, sia come riferimento di molteplici iniziative di aggregazione comunitaria: cerimonie pubbliche, concerti, mostre, sagre, mercatini, rassegne varie, eventi che dimostrano come in questo luogo si riconosce l’intera città. La testimonianza, la galleria fotografica.

Ex Sindaco, ex politico  senza rimpianti. Boy scout  nello spirito anche se non ho mai indossato la divisa. Ora imprenditore, con bottega di bandiere sul Naviglio Grande. Responsabile di una Associazione che organizza eventi  nella zona della movida più famosa d’Italia. Juventino in gioventù, oggi osservo il calcio più come fenomeno di costume e non disdegno simpatie per le squadre nostre clienti. Classe 52, nonno di Vittorietto, con ancora tanta voglia di fare alla soglia dei 70 anni

Giovanni Mario Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora