LE IDEE DIVENNERO LUOGHI

BOLLATE E L’EFFETTO CITTA’

“La buona architettura di una Città invivibile”

L’incipit non è mio, bensì mutuato da un giornale fine anni Ottanta,“Il Moderno”.

Intellettualmente corretto, Il sogno venne colto dal giornale fondato da Lodovico Festa, area PCI migliorista e PSI acculturati. Un caminetto importante in quegli anni, ove si discettava seriosamente di città e territorio.

Come al bar Casablanca, diceva Gaber: ‘parliamo, parliamo, di rivoluzione, di proletariato’

Reduce da una sonora sconfitta alle elezioni comunali del 1985, che causò un rovesciamento delle alleanze, il PCI intendeva difendere il prodotto del lavoro fatto sul territorio nel quinquennio precedente, compresi gli interessi in gioco.

Nacque così questa strampalata lunghissima intervista con il professor Marcello De Carli, Antonio Serravillo, già assessore all’urbanistica, l’architetto Paolo Ferrante, redattore del PRG (Piano Regolatore Generale) e di seguito consigliere comunale in quota PCI, e lo scrivente, allora neo assessore all’urbanistica.

Il PRG non era granché, debolissimo sulla viabilità – tra l’altro già compromessa con i due sottopassi di via 4 Novembre e Madonna in Campagna- ai tempi giustamente e fortemente osteggiata dalla opposizione targata DC.

Altra grande polemica, durante la redazione del piano tra PCI e DC, relativa al concetto di effetto città, contrapposto all’effetto comunità: aria fritta. Il PSI acquattato, come sempre, in attesa di eventi da sfruttare.

Manifesto affisso dalla Democrazia Cristiana subito dopo la contrastata approvazione del PRG

Vignetta realizzata dai giovani DC relativa al dibattito sul traffico e sottopassi nel centro città

Articoli relativi alle polemiche sul PRG, apparsi sul settimanale settegiorni anni 80

Piano adottato da un consiglio comunale una domenica mattina, in seconda convocazione, quindi senza necessità di numero legale, la legge sanciva l’impossibilità di partecipare a tale consiglio a coloro avessero un legame di parentela con i ricorrenti: per Bollate, un bel casino.

In tutto questo guazzabuglio, un’idea geniale ma complicata fu l’invenzione nel PRG dei comparti di espansione integrata (CC). Morbidi come il burro davanti a un coltello caldo: si poteva fare di tutto.

Il PPA (Programma Pluriennale di Attuazione) era il regista. Di quali allora prevedere l’attuazione immediata?

Nel dubbio, la giunta comunale decise di inserirli tutti: qualche milionata di mq.

Di fronte a tale apertura si decise pure che lo strumento di attuazione fosse la ‘mano pubblica’. Si optò pertanto su piani particolareggiati di iniziativa pubblica.

Alcuni dei protagonisti della pianificazione territoriale di quel periodo: da sinistra, Marcello De Carli, architetto, Cesare Butte’, assessore ai lavori pubblici, Elio Aquino, sindaco, Antonio Pastore, assessore all’urbanistica, Paolo Ferrante, architetto estensore del PRG

Solo la grande unità dell’esecutivo e l’autorevolezza della sua guida (sindaco Elio Aquino, vicesindaco Elio Carissimi) permisero ciò. La grande stima e amicizia nata tra i due assessori tecnici (Cesare Buttè e chi scrive) fu la base su cui lavorare, ultimo, ma non ultimo, la presenza in consiglio comunale di Antonio Serravillo e Paolo Ferrante, già con ruoli di assessore e tecnico incaricato di redigere il piano della precedente amministrazione, cui si aggiunse il buon senso del compianto Andrea Caccavale, consigliere comunale eletto nelle liste del PCI. La pace urbanistica era sancita.

Il consiglio comunale, in una fase bulimica, decise di partire con la progettazione pubblica di tali grandi aree. Furono portati a termine e approvati gli strumenti di iniziativa pubblica che interessavano l’intero territorio cittadino, nell’ordine: CC2 (Cassina Nuova), CC4 (Ospiate), CC5 (Bollate Centro), CC6 (Bollate vi Bembo via Pellico), CC7 (Bollate via Pellico), senza trascurare le attività produttive PIP, (*) e il piano particolareggiato della stazione di Bollate Centro PP1 (*)

(*) Gli ultimi due progettati e vigenti ma dimenticati dalle successive giunte .

Come al bar Casablanca, diceva Gaber: ‘parliamo, parliamo, di rivoluzione, di proletariato’

Un lavoro colossale, corroborato da centinaia di riunioni pubbliche, nelle commissioni di legge e nei Consigli di Quartiere, nulla fu fatto senza la loro approvazione. Un lavoro entusiasmante, ma invero logorante. La genialità dei comparti CC era caratterizzata dal fatto che fossero gestibili.

Il Piano regolatore infatti, normava solo i perimetri, le destinazioni e le quantità. Ovvero:

Lo standard (aree private cedute a pubblico demanio per realizzare opere pubbliche);

La 167 (aree per edilizia residenziale in diritto di superficie, leggi cooperative edilizie);

La parte privata (aree per edificazione privata);

Occorreva trovare il consenso bilanciando queste tre funzioni, impegno che durò per più di tre anni. All’interno di queste destinazioni si giocava la partita.

Standard, ossia area da acquisire per destinazioni di uso pubblico

La 167, aree da cedere a prezzo convenzionato a soggetti operatori di edilizia convenzionata (cooperative). Maliziosamente si fece sì che la 167 partisse prima degli interventi privati e ciò ebbe un effetto importante sulla calmierazione dei prezzi di mercato.

Parte privata, esecuzione di interventi privati di elevata qualità

Trattative non semplici ma acquisite con successo. Nacque veramente l’urbanistica contrattata, rispettosa del concetto di perequazione urbanistica (un’intuizione del consigliere di opposizione, il democristiano Gianni Verga, in fase di redazione del piano, e fatta poi propria dalla nuova amministrazione) nella quale l’Ente Pubblico divenne il regista.

Quanto poi realizzato è giudicabile, quanto non fatto potrebbe essere un’opportunità per il futuro.

Area d’intervento: CC1 (Cassina Nuova, via Kennedy)

Area d’intervento: CC2 (Cassina Nuova)

Area d’intervento: CC4 (Ospiate)

Area d’intervento: CC5 (Bollate Centro)

Area d’intervento: CC6 (Bollate via Bembo via Pellico)

Area d’intervento: CC7 (Bollate via Pellico)

In questa splendida avventura mi piace ricordare due interventi in quanto paradigmatici dello spirito che allora animava i decisori.

Il CC5 – area centrale confinante con il brutto intervento degli architetti Achilli e Cannella di edilizia pubblica, le case popolari di via Turati, promosso dall’assessore comunista Zelindo Giannoni

e il CC 7- piccola area sulla dorsale Bollate Cascina del Sole

Il CC5 – oltre a una robusta dose di edilizia cooperativa, vide un intervento di edilizia privata di grande qualità e nell’ambito pubblico vennero realizzati: un parco di oltre 100.000 mq, ora dedicato a Martin Luther King, unico simbolo del milanese visibile dall’areo che da Malpensa va in Germania, la nuova piazza del mercato e la progettazione di un palazzetto degli sport e sistemazione dell’intero comparto sportivo, ad oggi ancora inattuata. In compenso è stato realizzato il teatro la Bolla.

CC7 Piccolo intervento, una bella esperienza in autocostruzione di intervento soci (cooperativa Alveare Fogolar Furlan), illustrato nell’articolo che segue da Dario Zigiotto.

Attuali realizzazioni del Progetto CC5 centro Bollate

Conclusioni

Questo lavoro di trenta anni fa ha trasformato Bollate, in risposta alla crescente domanda di case e di servizi. La popolazione di Bollate crebbe in maniera consistente negli anni successivi.

In sintesi e a grandi numeri, la ricaduta di questo grande progetto è ben delineata dai seguenti dati estrapolati dall’architetto De Carli:

PEREQUAZIONE URBANISTICA MERCATO IMMOBILIARE

IL CASO MILANESE

Marcello De Carli

Perequazione nella periferia metropolitana

Le vicende del comune di Bollate in provincia di Milano

I risultati dei piani attuativi perequati

Il Comune pianificò, dal 1986 al 1990, 682.000 mq di aree.

Su quelle aree sono stati edificati 668.700 mc.

Il 40% dell’edificabilità fu destinata ad edilizia economica e popolare.

I privati aderirono senza contenzioso (salvo un caso marginale, che interessava un lotto parzialmente già edificato), anche in situazioni che coinvolgevano, all’origine, fino a 40 proprietari.

Il Comune acquisì, in gran parte a titolo gratuito, in parte a prezzo convenzionato, 440.000 mq di aree per servizi comunali, raddoppiando in quattro anni il demanio pubblico di aree per servizi.

Il Comune acquisì, a prezzo convenzionato, le aree per edilizia economica e popolare: una superficie fondiaria (al netto dello standard) di 83.650 su cui furono edificati 267.500 mc.

Il prezzo convenzionato di acquisizione delle aree (quelle non cedute gratuitamente) fu, in tutti i casi, pari 15.000 £/mq, largamente inferiore ai prezzi di esproprio di allora (i contenziosi nati in quel periodo si risolsero con prezzi di esproprio oscillanti intorno alle 100.000 £/mq).

Il Piano di Zona fu gestito nell’ambito del Cimep (Consorzio intercomunale milanese per l’edilizia economica e popolare). Il Cimep garantiva un miglior controllo dell’attuazione (formazione del prezzo di assegnazione, limitazione delle operazioni “in nero”, controllo delle assegnazioni agli aventi diritto).

Il basso costo di acquisizione delle aree contribuì a tenere basso il prezzo di cessione degli alloggi di edilizia convenzionata.

La quota consistente di edilizia economica (che aveva prezzo convenzionato basso, anche grazie al basso costo della componente fondiaria del prezzo) ebbe un effetto di calmiere generale per il mercato degli alloggi. 

‘questo scritto e dedicato a tutti quelli, e sono tanti, che pur vivendo momenti importanti della loro storia, nemmeno se ne accorgono’ (cit. Prete Liprando – Dario Fo, Enzo Jannacci- 1964) 

Antonio Carlo Giuseppe Pastore

UN SOGNO ARCOBALENO

“Tra le frequentazioni bollatesi della generazione di mia sorella, c’erano molti architetti, coinvolti dall’assessorato all’Urbanistica che, alla fine degli anni Settanta, si assunsero il delicato compito della riforma del piano regolatore urbanistico di Bollate. Un’operazione politica che toccava il nervo sensibile degli assetti territoriali perché significava, ieri come oggi, mettere in campo una visione di futuro, uno stravolgimento di funzioni ed equilibri, di cui il cambio di valore delle aree e la conseguente speculazione edilizia era il più delicato e spesso insuperabile dei problemi.

Antonio Pastore, l’assessore all’urbanistica che si trovò ad adottarlo, dopo la sua tormentata approvazione da parte di una giunta di colore diverso, con un atteggiamento di eroismo quasi mistico, si avvalse del lavoro e della collaborazione di due importanti protagonisti dell’architettura e dell’urbanistica di allora: MARCELLO DE CARLI e PAOLO FERRANTE che dotarono Bollate, su impulso politico prima dell’amministrazione PSI-PCI (Ferrante) e, successivamente, dell’assessore in questione nella nuova giunta DC PSI PRI (De Carli), di un progetto complessivo, completo di strategia e tattica che avrebbe dovuto realizzare l’effetto città”, cercando di unificare gli estremi di un territorio bollatese eccessivamente disgregato, da Cassina Nuova a Baranzate, attraverso una decina di aeree edilizie codificate e con precise indicazioni di parametri, indici e condizioni di cui gli operatori ammessi all’intervento avrebbero dovuto obbligatoriamente tener conto.

E proprio qui iniziò la mia missione di cooperatore, contribuendo a trasformare uno di questi comparti, il CC7, in un esempio pregiato di valorizzazione residenziale (e forse, per la parte residenziale, anche dell’intero piano regolatore) offrendo a me, e a qualche decina di famiglie di soci, l’opportunità di realizzare l’abitazione dei propri sogni, con la responsabilità di non tradire l’aspettativa etica e istituzionale di gestire un bene collettivo come il “diritto di superficie”. Superando il clima di interessi finanziari ingenti che si muovevano intorno a noi, soprattutto per la tipologia abitativa, realizzammo 46 villette a schiera a due piani, su area pubblica, con parametri di “edilizia economica e popolare”. Una vera avventura affrontata con entusiasmo (e molta ansia) data l’inconsistenza della mia competenza in materia.

Attuali realizzazioni del Progetto CC7 via S. Pellico

Mia sorella, Maria Assunta, partecipava a questo gruppo di giovani architetti neo-laureati, cui l’amministrazione aveva affidato, sotto l’egida inizialmente di Ferrante e successivamente di De Carli, il compito di redigere, disegnare, calcolare, mappare e dunque predisporre tutta la realizzazione del piano. Tra di loro, appunto un grande amico: Raffaele Toniutti, figlio di Valentino, compianto presidente del “Fogolar Furlan”, soggetto indispensabile, sia come persona che come associazione, in questa “compagnia del comparto” con cui avremmo realizzato l’intervento.

Raffaele mise tutta la sua competenza, disponibilità, umiltà e testardaggine da buon friulano, aggiungendosi alla determinazione, altrettanto friulana di MARCO BOSARI, il mio eccellente collega, presidente della consociata Cooperativa FOGOLAR FURLAN; già perché, tra le infinite ore passate con l’architetto a immaginare volumi, tagli e funzione dei nostri appartamenti, alcune furono dedicate alla necessità di difendersi da interessi e appetiti insidiosi; fu così che escogitammo l’idea di dividere il blocco, di un valore finanziario di circa 10 miliardi del 1997, in due cooperative: l’ARCOBALENO, presieduta da me e assegnataria di 24 alloggi e la FOGOLAR FURLAN, assegnataria di 22 alloggi. Due soggetti giuridici autonomi ma impegnati tra loro a realizzare i 46 alloggi, utilizzando lo stesso architetto, lo stesso progetto e un’unica impresa (usufruendo dei vantaggi di una vera economia di scala), selezionata con un bando di partecipazione a cui si presentarono ben 12 imprese!

Qui si evolve la storia della mia cooperativa, il racconto di un sogno realizzato 23 anni fa, e di un patto etico, tra noi e il Comune: utilizzare al meglio, valorizzandola, la grande occasione che fu per noi il “CC7”, con i tecnici, gli architetti e gli urbanisti protagonisti di questo film; soprattutto Antonio Pastore, assessore “illuminato” che avviò e fece decollare la sua grande intuizione.

Dario Zigiotto

Presidente Cooperativa l’Arcobaleno

Ingegnere per caso, giornalista mancato, scrittore che non ha ancora deciso cosa scrivere. Una vita di scorribande, a far sempre cose nuove, una diversa dall’altra. Insegnante, assaltatore/postino, ricercatore CNR, ingegnere in società multinazionali, imprenditore, politico di terza classe, socialista da sempre e per sempre. Amore per il teatro, negli ultimi anni enfatizzato dalla fortunata frequentazione con Luca Ronconi ai tempi del Piccolo Teatro di Milano. Appassionato di musica classica sostiene che: ‘dopo Mozart è stato inutile scrivere musica’. Calcisticamente agnostico, ferrarista da sempre. Vanesio, si ritiene un eccellente chef. Amante di vini rossi e bollicine per accompagnare cibi. Sempre alla ricerca di persone nuove con le quali parlare, confrontarsi, discutere, litigare, bere e gustare cose golose.

Antonio Carlo Giuseppe Pastore

Ingegnere