LE AMARENE DEL DESIDERIO

L’audace colpo dei soliti noti

Davanti al bar Trentotto di via Vittorio Veneto, si riconoscono i mezzi di trasporto più utilizzati negli anni Settanta: il motorino, le automobili Fiat 500 e 850, la bicicletta. Foto Roberto Pizzo

“Le ciliegie rubate son più dolci” (Proverbio)

La via Pontida era stata finalmente asfaltata e sembrava, con il suo nuovo manto nero, lucido ed intonso, davvero una strada da signori.

Davanti al civico 25, dall’altra parte della strada, rimaneva però ancora, come monumento al passato recente del rione conosciuto dai bollatesi come il “Masenoeu”, un vecchio canalone, profondo e largo, probabilmente in uso anni prima come scolmatore, o meglio come invaso d’acqua per irrigare i campi circostanti.

Sempre in secca, rigoglioso di sterpaglie, da tempo era usato come discarica. Oggi la cosa farebbe giustamente inorridire, ma allora era così: “depositi rifiuti” sorgevano un po’ ovunque e, se vogliamo dirla tutta, per noi ragazzini erano motivo di ricerca di possibili tesori da utilizzare per i nostri giochi, quanto meno passavamo ore a setacciare la mercanzia varia buttata sperando di trovare qualche cosa di interessante. Tipo ruote di carrozzine o cuscinetti a sfera, utilissimi per la costruzione dei “carrellini”per le nostre sfide su strada.

In un giorno particolarmente fortunato, trovammo una cosa interessantissima: il relitto, perché di questo si trattava, di un motorino. Nello specifico un Dingo Guzzi, nel suo classico color panna, mezzo storto ed arrugginito, con i copertoni mangiati dai topi come del resto tutte le altre parti in gomma o plastica, decisamente commestibili per i roditori. Ma c’era il motore! E quasi tutto il resto della sgangherata carrozzeria.

Il ciclomotore Dingo con motore  di 49 cc.

La zona del misfatto (da Google Maps)

Il bar Trentotto in via Vittorio Veneto a fianco del quale scorreva il torrente Pudiga. Primi anni Settanta. Foto Giordano Bordegoni

Nella nostra banda, oggi sarebbe chiamata “compagnia”, nota come quella di Noi, i ragazzi della via Pontida, (eravamo davvero tanti, tutti a giocare in strada, sempre a fare scorribande, prima in bicicletta e più tardi in motorino) c’era già chi studiava (parola grossa) alla scuola professionale della vicina Alfa Romeo, quindi il recupero e la rimessa in funzione del catorcio apparve subito possibile. Oggi si parlerebbe di “restauro vintage”, allora si sperava solo di rimetterlo a posto per consentirci, a turno, di scorrazzare con un mezzo a motore, al posto delle solite malmesse biciclette.

La ricerca dei ricambi o di ciò che serviva fu lunga e laboriosa. Soldi zero, spazio allora a ricerche minuziose nelle cantine e negli altri “depositi rifiuti” sparsi in altre zone del paese. Ma la vera miniera era soprattutto rappresentata dai bidoni degli scarti del ciclista Verga, che aveva il negozio e l’officina dove oggi c’è la farmacia Comunale 4, via Martiri di Marzabotto, e del Lincetti, nel cortile di via Leone XIII vicino alla chiesa.

La caccia al tesoro, inteso come pezzo di ricambio, andò finalmente a buon fine e il vecchio Dingo tornò a ruggire (oddio, a miagolare!) in una calda serata di inizio estate, fra il tripudio di soddisfazione di noi ragazzi, accompagnato dal fumo di olio vecchio che emanava la miscela.

Già, la miscela! Quel miscuglio di olio al 5% misto a benzina che per averlo bisognava comprarlo dal benzinaio in piazza San Francesco, il Morelli, o dal Mella in via IV Novembre, poco prima del passaggio a livello, l’attuale sottopasso, in quegli anni Settanta, era di là da venire.

Cinquecento lire al litro era però tanta roba, maledetta crisi energetica! Tuttavia, con una colletta cumulativa, in dieci siamo riusciti ad acquistarne un litro. Ovviamente i dieci avevano diritto ad un giro, corto, corrispondente alle 50 lire devolute.

Il distributore Agip di via IV Novembre gestito dal signor Mella

La banda si era ora dotata di un mezzo meccanico, altamente tecnologico ed efficiente. Bisognava solo capirne quali potessero essere i possibili utilizzi. E qui entra in gioco il titolo del racconto. A metà della via Pontida c’era una villetta con un piccolo giardino, dove abitava la famiglia di un noto negoziante del paese. Nel piccolo giardino, proprio a ridosso della ringhiera di recinzione, un maestoso albero di amarene faceva la sua bella figura, specialmente durante la stagione dei frutti: gonfi e colorati erano un invito all’assaggio. Ma era sorvegliato a vista e noi ragazzini non potevamo nemmeno guardarlo, pena l’ira degli anziani proprietari. Ma quelle amarene ci facevano veramente gola.

Venne così studiato un piano da mettere in pratica in una delle prime serate di inizio vacanze scolastiche. Il Dingo Guzzi sarebbe stato posizionato appena al di fuori della recinzione. Uno della banda, il più agile, sarebbe saltato all’interno del giardino, avrebbe legato la pianta con una corda attaccata al motorino, quindi avrebbe tagliato il tronco della stessa con un segaccio. Nelle nostre intenzioni, una volta compiuta quest’operazione, il tronco segato con tutti i rami sarebbe fuoriuscito dalla recinzione e a noi non restava che azionare il motorino che, a tutto gas, avrebbe trainato la ambita golosa refurtiva in direzione dei campi in fondo alla via, allora coltivati a granoturco. Una volta giunti a sicura destinazione, avremmo potuto finalmente fare man bassa delle succose amarene. Ovviamente il diavolo ci mise lo zampino, sebbene il piano studiato apparisse perfetto in ogni dettaglio. Il vecchio Dingo Guzzi, nonostante gli energici colpi al pedale dello starter, non ne volle sapere di partire, con il risultato che a noi non rimase che abbandonarlo al suo destino e darci ad una fuga disperata, considerata la brutta piega che stava prendendo la situazione, altro che audace colpo.

Il distributore Esso di via Cavour gestito dal signor Morelli

L’epilogo fu tragico. Niente amarene, Dingo Guzzi portato in una discarica (vera), genitori arrabbiatissimi: legnate e severe punizioni (non era il tempo delle assistenze psicologiche e del Telefono azzurro).

A questa ingenua storia adolescenziale è rimasto legato un però: al di là della rocambolesca disavventura capitataci, delle dure reprimende familiari, della figura barbina rimediata, Noi, i ragazzi di via Pontida, siamo sopravvissuti e siamo cresciuti. Certo la voglia di quelle amarene ci è rimasta dentro proprio come un desiderio irrealizzato.

DARIO GALLI

Pubblicità del ciclomotore Dingo prodotto dalla Moto Guzzi

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora