Significativa in proposito la testimonianza di uno dei suoi ragazzi, Antonio Vegetti: “sul palcoscenico dell’oratorio, da don Vincenzo in poi, abbiamo imparato a parlare da piccoli con le parole giuste e nel modo più conveniente”. Con quest’imponente opera il sacerdote si era proposto alcuni obiettivi:
religioso
spiegare concretamente lo svolgersi della settimana santa;
formativo
insegnare a recitare e dunque ad esprimersi in maniera corretta a contadini e operai che parlavano quasi unicamente il dialetto;
lavorativo
oltre che attori, i ragazzi diventarono elettricisti, disegnatori, sarti, falegnami.
Infatti, dalle scenografie, create e colorate su centinaia di vetrini prima di essere eseguite, alle luci, passando per i costumi e le musiche, tutto è stato costruito nella scuola- officina oratoriana. E qualcuno di loro, grazie a questa opportunità, imparò il mestiere della vita. E’ il caso di Mario “Stella” Mantica, divenuto poi un provetto elettrotecnico.