IL SOLE SORGE ANCORA

il neorealismo a Castellazzo

A guerra appena finita, nell’inverno a cavallo tra il 1945 e il 46, Castellazzo ha fatto da sfondo ad uno dei primi film del neorealismo italiano post bellico: “il sole sorge ancora”.

La pellicola, prodotta dalla Associazione Nazionale Partigiani Italiani, con la regia di Aldo Vergano e la sceneggiatura di Guido Aristarco, Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani,  ha tra i suoi interpreti, oltre ai  futuri registi Carlo Lizzani e Gillo Pontecorvo e gli attori Lea Padovani, Massimo Serato e Vittorio Duse,  soprattutto gli abitanti del borgo. Per questo genere di film, caratterizzati da situazioni legate alla voglia di riscatto e cambiamento delle classi contadine e meno abbienti, venivano infatti utilizzati  personaggi del posto che apparivano in  sintonia con  le scene girate, spesso inquadrate da lunghe riprese all’aperto. E la situazione socio ambientale di Castellazzo ben si adattava allo svolgimento della trama. Cosi, i cortili, le fornaci, il laghetto, la stazione e villa Arconati , diventano lo  scenario delle vicende narrate dal copione, che ha come obiettivo quello di esaltare il ruolo della Resistenza  e le gesta dei partigiani nella lotta di Liberazione appena conclusa.

Gli interpreti e i personaggi del film

Un’operazione storico culturale, realizzata con tanto fervore e molto entusiasmo pur nella complessità della lavorazione dovuta alla scarsità di mezzi e al  fatto di far convivere sul set attori professionisti e semplici  cittadini, tutti però animati da una forte motivazione ideale, ben descritta dalle testimonianze dei protagonisti 

Data la materia del film, la realizzazione di esso  non poteva ispirarsi se non a criteri di assoluto realismo. Realismo nella invenzione, nei dialoghi, nella fotografia e nella interpretazione. Per quest’ultima , scartai subito l’idea di servirmi di attori di grido nella convinzione  che la personalità di costoro si sarebbe sovrapposta e avrebbe sovrastato quella dei miei personaggi. Pertanto, affidai il ruolo principale a un giovane attore, Vittorio Duse, quasi ignoto, mentre la parte della protagonista femminile la diedi a Lea Padovani, un’altra giovane promettentissima, provvista  di una maschera incisiva e di una affinata sensibilità. Ad eccezione di Elli Parvo,  interpretò il ruolo di una borghese quarantenne, e di Massimo Serato, impersonava  un capitano tedesco, gli altri interpreti sono tutti presi dalla vita quotidiana: tra i partigiani, tra gli operai, tra  i contadini.

ALDO VERGANO – regista

Il manifesto destinato alle affissioni murali

Alcuni rari esemplari di locandine del film

Per me” il sole sorge ancora” è stata la prima esperienza sul set, la lavorazione durò quattro mesi perchè eravamo in pieno inverno e ogni tanto mancavano i finanziamenti ed era gioco forza fermarsi.  Inaspettatamente vengo coinvolto anche come attore. Il mio ruolo, in particolare, finirà per assumere grande rilievo, grazie alla bellezza straziante della sequenza ideata da Giuseppe De Santis. Avviato alla fucilazione tra due ali di folla silenziosa e commossa, i contadini costretti dai nazisti ad assistere alla esecuzione, io, nel ruolo del giovane prete, comincio a mormorare tra me e me le litanie. Ad un tratto, un vecchio contadino, sibila un primo “ora pro nobis”, io continuo “Virgo veneranda..” mentre due, tre, poi cinque persone fanno eco alla mia preghiera. Cosi, a poco a poco, quell’ ”ora pro nobis” diventa un coro. La mia voce si alza , mentre il coro sembra trasformarsi (almeno così lo interpreta il comandante del plotone di esecuzione) in una esplicita protesta. La raffica di colpi d’arma mette fine alla scena. Il film , oltre che  un successo per Vergano, in maniera sorprendente nella cattolicissima Polonia, fu per De Santis una laurea guadagnata sul campo: non era facile gestire un mix di attori professionisti e tanti volonterosi contadini nelle parti minori. Tra l’altro, durante la drammatica sequenza della fucilazione, accadde che  una vecchia contadina , forse per il pathos della scena, si era attaccata alla mia veste inveendo contro i tedeschi. Per lei la guerra non era ancora finita e dovemmo allontanarla dalla scena. In questa convivenza tra finzione e realtà, successe anche che una sequenza, iniziata con la neve vera, venne terminata  un mese dopo. Nel frattempo la neve si era sciolta e dovemmo sostituirla con fiocchi di vetroflex, micidiali per le galline che, alla ricerca di mangime, ne inghiottirono alcuni frammenti sottili, rimanendo soffocate. Scattò una rivolta dei contadini per i danni subiti e De Santis riuscì a placarla rievocando le comuni memorie partigiane, ancora recenti.

CARLO LIZZANI – attore nel film 

Una inedita fotografia, scattata dal fotografo di scena Osvaldo Civirani

Fotogrammi di alcune scene di esterni

Una rara immagine di Lea Padovani, attorniata dai colleghi sul set nei cortili di Castellazzo

Io e Lizzani incontrammo a Milano Giorgio Alliani, ex partigiano interessato al cinema, che ci espresse il desiderio di fare un film , finanziato dall’ANPI, sulla base di un soggetto di Gorgerino, un giornalista che era stato nella Resistenza. Tra le diverse proposte indicateci, appoggiammo quella di Aldo Vergano  che aveva un passato di antifascista sincero. Aristarco, Lizzani ed io ci incaricammo della sceneggiatura. Io poi restai anche come aiuto regista.  Tra gli attori comparvero anche Gillo Pontecorvo, il poeta Alfonso Gatto e lo scrittore e regista teatrale Ruggero Jacobbi.

 GIUSEPPE DE SANTIS – aiuto regista

 IL MIO RAPPORTO CON IL FILM

La prima volta che vidi Il sole sorge ancora fu in occasione di una proiezione estiva all’aperto, nella corte del Fabbro a Castellazzo, verso la metà degli anni Sessanta. A promuovere l’iniziativa furono i fratelli Achille e Giovanni Locatelli, storici esponenti della sezione del Partito Comunista Italiano di Bollate e protagonisti di primo piano della scena politica bollatese di quel periodo. Fu una serata piuttosto movimentata perché, nell’intervallo del primo tempo, donna Beatrice Crivelli, che nella stagione estiva soggiornava a Villa Arconati, irruppe da un accesso diretto alla corte contestando ai promotori il proseguimento della serata, adducendo una serie di pretesti probabilmente originati dalla diversità di vedute politiche.

Dopo questa occasione movimentata, rividi il film solo nel 1975, quando venne trasmesso, forse per la prima volta, dal secondo canale della Rai per la ricorrenza del 25 aprile.

La proiezione del film nel cortile della Cooperativa Edificatrice di Via Mazzini – 30 Giugno 1995 – Foto © Giordano Minora

Prima di rivederlo su grande schermo passarono altri 20 anni. Fu quando la Cooperativa Edificatrice Bollatese accolse l’idea di proiettarlo nell’ambito  delle iniziative della seconda Festa della Cooperazione, nel giugno del 1995, alfine di  rievocare i 40 anni delle riprese del film, che venne proiettato nel cortile di via Mazzini appena ristrutturato. Seguendo le indicazioni  dell’amico Massimo Lastrucci, critico cinematografico, riusciì a recuperare una copia della pellicola presso una cineteca di Roma e a riproporla. Alla proiezione era presente una folta rappresentanza di abitanti di Castellazzo, alcuni dei quali, allora in tenera età, avevano preso parte alle riprese come comparse. Ricordo ancora il mormorio e lo stupore che suscitavano le sequenze nelle quali venivano, di volta in volta,  riconosciuti i vecchi abitanti del borgo, ormai  scomparsi da diversi decenni.

Nel 2002, le amiche Chiara Genovese e Marisa Restelli, animatrici appassionate dell’Associazione Amici di Castellazzo, promossero una proiezione pubblica al Teatro Splendor, con la partecipazione del regista Carlo Lizzani che, durante la presentazione condotta dal critico Massimo Lastrucci, raccontò  della sua partecipazione sia come attore che sceneggiatore alla realizzazione del film, sottolineando difficoltà e  problemi incontrati, superati grazie all’entusiasmo e alla passione  che animavano i giovani protagonisti, fra i quali c’erano anche Gillo Pontercorvo e Giuseppe De Santis, divenuti anch’essi importanti registi.

La proiezione del film nel cortile della Cooperativa Edificatrice di Via Mazzini – 30 Giugno 1995 – Foto © Giordano Minora

Al termine della serata, Lizzani manifestò il desiderio  di rivedere le corti di Castellazzo che avevano costituito il set del film. Fu cosi che il giorno dopo , di buon ora, con Marisa Restelli e Gisella Citterio, lo accompagnammo in un percorso tra i luoghi dove 52 anni prima aveva contribuito a scrivere una delle prime e importanti  pagine del cinema italiano  del secondo dopoguerra da cui sarebbe nato  il Neorealismo.

Per me fu un privilegio essere al cospetto di uno dei grandi del cinema e cosi fissai questi momenti attraverso degli scatti fotografici che rimangono fra le immagini cui tengo maggiormente.

Carlo Lizzani torna sui luoghi del set, 56 anni dopo le riprese del film – Foto © Giordano Minora

Nel giugno del 2016, la sezione Anpi di Bollate e Gli Amici di Castellazzo, accogliendo una  mia proposta, decisero di celebrare il 70° anniversario delle riprese del film, apponendo una targa commemorativa all’ingresso della corte Grande.

GIORDANO MINORA

A sinistra, fasi della cerimonia dello scoprimento della targa commemorativa, all’ingresso delle corte di Castellazzo, con il discorso di Chiara Genovese dell’Associazione Amici di Castellazzo alla presenza delle autorità cittadine – 2 giugno 2016 – A destra,  la targa commemorativa che ricorda il settantesimo anniversario delle riprese del film – Foto © Giordano Minora

In occasione della serata del 20 febbraio 2002, Carlo Lizzani fu particolarmente colpito dalla grande affluenza di pubblico e dalle finalità dell’evento, tramandarne la memoria, e così ha inviato alle scolaresche bollatesi questo appassionato ricordo.

Lettera autografa di Carlo Lizzani  rivolta ai ragazzi delle scolaresche bollatesi. Per gentile concessione di Marisa Restelli

Cari ragazzi

Il Sole sorge ancora” resta una testimonianza ancora viva , come “Roma Città Aperta”, di un’Italia che prende coscienza, a poco a poco, dei valori della libertà repressi e offesi dall’invasore nazista e da un alleato fascista in agonia già dal 25 luglio 1943 ma che non vuole ancora arrendersi.

Il film nacque nel 1946 per iniziativa di un capo partigiano appassionato di cinema:Giorgio Agliani, che con l’aiuto dell’Anpi raccolse i primi fondi e nell’impossibilità di raggiungere nomi già celebri come quelli di Visconti o Rossellini, fece comunque una scelta giusta: Aldo Vergano, un cineasta che fra l’altro, negli anni Trenta, aveva subito un condanna al confino per attività antifascista. Un terzetto poi di giovani critici romani presente in quei mesi a Milano per la pubblicazione di un quindicinale cinematografico “Film d’Oggi”, Giuseppe De Santis, il futuro grande regista , Massimo Puggini e il sottoscritto, si trovarono poi coinvolti nell’impresa come sceneggiatori, aiuto regia e io anche come attore.

L’incontro fu fortunato e nacque cosi uno dei film più belli del dopoguerra e molto apprezzato anche all’estero.

Quanti ricordi, ogni volta che lo rivedo! A voi può apparire lontano dal cinema che si fa oggi ma anche leggere nel passato a volte può essere affascinante. 

Buona Visione!

Carlo Lizzani – Aprile 2012

Caro Maestro,

quel 20 febbraio 2002 quando venni a prenderla alla Stazione Centrale di Milano perché presenziasse alla proiezione del film “ Il sole sorge ancora”, dovetti farmi accompagnare da un’amica perché io non sapevo nemmeno lei che aspetto avesse.

Bastarono quei due giorni insieme: vederla meravigliato e stupito nel ritrovarsi nelle corti di Castellazzo rimaste come le aveva lasciate tanti anni prima, appena terminata la guerra; sentirla raccontare le avventure avute sul set col suo accento romano, il tono pacato, il linguaggio talmente appropriato che “vedevo” anch’io coi suoi occhi; vederla felice passare tra la folla che gremiva lo Splendor, poter godere della sua signorile semplicità, avere accanto a me la sua magra e alta figura che teneva le ginocchia strette con le braccia sulla mia Panda verde…Beh, tutto questo mi diede la sensazione di averla sempre conosciuta.

Da allora, lasciavo trascorrere qualche mese e poi le telefonavo per chiederle come stesse e di cosa si stesse occupando, avendo lei sempre qualche progetto in cantiere. Mi faceva piacere sentirla; ma, sebbene mi accogliesse sempre con gentilezza, pensavo di non essere altrettanto importante per lei ed è stato proprio questo pensiero che mi ha impedito d chiamarla proprio venerdì.

Mi resta la nostra conversazione di marzo che interruppi per dirle: “ Maestro, sulla magnolia davanti alla mia finestra, si è posato un arruffato pettirosso” E lei mi rispose “ Me lo saluti tanto! “

Ora io saluto tanto lei e l’abbraccio forte

Marisa Restelli

Marisa Restelli e Gisella Citterio accompagnano Lizzani nei pressi del laghetto di Castellazzo – Foto © Giordano Minora

Carlo Lizzani con Marisa Restelli, Gisella Citterio e Chiara Genovese all’uscita dallo Splendor dopo la proiezione pubblica – 2 Febbraio 2002 – Foto © Giordano Minora

PRESENTANDO LIZZANI

Lizzani durante l’intervista – Foto © Giordano Minora

Carlo Lizzani intervistato da Massimo Lastrucci sul palco del Cinema Splendor – Foto © Giordano Minora

Carlo Lizzani – Foto © Giordano Minora

Nel 1996 scoccava il cinquantenario di un film che ebbe la sua importanza nella Storia del Cinema Italiano del dopoguerra, “Il sole sorge ancora” di Aldo Vergano. Era notevole per tanti motivi, a partire dal fatto che era prodotto dall’ANPI, non quindi da una casa di produzione professionista e tradizionale; si inquadrava cioè in quello spirito rinnovatore, anzi: rivoluzionario, che animava la nuova società che i vincenti, le forze partigiane e democratiche, volevano edificare sulle macerie della vecchia società, fascista-monarchico-padronale. Era un film che oggi definiremmo “neorealista”, a suo modo, se non fosse per i robusti riferimenti al genere popolar-melodrammatico, eccessivo e delizioso, su cui fondava il nostro comune immaginario culturale.

Ma per Bollate il film aveva una particolare importanza. Era girato a Castellazzo, in gran parte negli stessi luoghi che poche stagioni prima erano state teatro di sanguinosi scontri tra nazifascisti e i “ribelli”. Era girato con comparse contadine che avevano ancor forti nella memoria quei fatti e un cast che riuniva professionisti delle scene (Massimo Serato, premiato per questo con un Nastro d’Argento, Lea Padovani, Elli Parvo, Checco Rissone) con giovani intellettuali di area comunista ed ex partigiani, entusiasti di partecipare a un’avventura così ricca di prospettive artistiche e culturali. Tra questi (Gillo Pontecorvo, Alfonso Gatto) spiccava un magro, lungo, ossuto e serioso giovanotto che fu scelto per fare il sacerdote, destinato a immolarsi sotto il fuoco fascista. Era Carlo Lizzani e avrebbe avuto davanti un grande e luminoso futuro proprio nel campo del cinema, da lui vissuto a 360 gradi, come attore, sceneggiatore, regista, ma anche come critico, scrittore, giornalista e operatore culturale.

Con queste premesse, in occasione dell’anniversario, fui contattato dalla mia amica Chiara Genovese per chiedermi se volevo partecipare a una serata speciale al cinema Splendor, con proiezione de “Il sole sorge ancora” alla presenza di Lizzani e con me in funzione di intervistatore esperto (da anni lavoravo a Ciak come caposervizio e critico cinematografico). Ovviamente accettai subito, non solo per compiacere un’amica, ma anche perché tante cose mi allettavano: con Lizzani avevo qualcosa in comune a partire dalla passione politica e poi Castellazzo che distava a quattro pedalate di bicicletta da casa mia e quindi meta di tante zingarate “avventurose” a partire dalla mia prima adolescenza.

Così, dopo una cena in pizzeria ad Arese e quattro chiacchiere con un Lizzani che si rivelò subito di impeccabile cortesia (di cosa parlammo? Del film, di cinema, di politica, quasi a sciogliersi senza grosso impegno prima dell’ufficialità), ci trovammo sul palco dello Splendor, su due sedie, a sala strapiena. Io introdussi il cineasta al pubblico (come se ce ne fosse bisogno!), insistendo sul fatto che, accanto, non avessi solo una personalità che era parte attiva della colonna vertebrale del nostro cinema, ma di un intellettuale la cui curiosità e la sua cultura spaziava a 360 gradi, ricordando ad esempio l’importanza dei suoi libri di storia del Cinema e il suo lavoro come direttore della Biennale. Lui, dal canto suo, con la consumata chiarezza di chi sa stare non solo dietro la macchina da presa ma anche davanti a un pubblico più o meno di conoscitori (e non è cosa assolutamente scontata), parlò di quegli anni, dell’emozione personale che visse osservando ad esempio come la sua recitazione nei panni dell’eroico e sventurato don Camillo trovasse una imprevedibile risposta totale nelle comparse contadine che, come un rito, rivivevano con fervore “quasi isterico” gli avvenimenti di qualche anno prima. Fu una serata che inevitabilmente produsse grandi emozioni e segnò per me uno dei punti più appaganti della mia carriera giornalistico-cinematografica.

Massimo Lastrucci

 

Ritorno a Wietzendorf

La foto matricola del dottor Antonio Argenteri , internato nel campo tedesco di Wietzendorf. Per gentile concessione di Angelo Argenteri

La sera di quel giorno di metà dicembre del ’45, il dottor Antonio Argenteri, nell’abitazione di via Garibaldi 8 in Bollate, stava mettendosi a tavola con i genitori e la sorella Teresina quando squillò il telefono.  Erano in pochi a possederlo ma lui per necessità professionale era riuscito ad averlo; rispondeva al numero 202 e le chiamate fuori distretto avvenivano tramite un centralino.
 Dall’altro capo della cornetta suor Carolina, dell’ordine di Maria Bambina, che dal piccolo ospedale Caduti Bollatesi chiamava allarmata il dottore. In maniera poco chiara, causa il tono concitato, dava una notizia: si erano appena  presentati, su una camionetta tedesca, due ufficiali delle SS con altri tre soldati della stessa milizia, chiedendo con modi spicci del dottore e facendone anche il nome. Sottolineava altresì come l’italiano dell’ufficiale fosse perfetto. Completamente impaurita, aveva indicato dove trovare il medico alla sua abitazione e voleva quindi metterlo in guardia. Aveva immediatamente anche fatto avvertire il parroco don Carlo Elli.
 Più l’Argenteri chiedeva alla suorina spiegazione e i dettagli di una situazione incomprensibile e più questa andava in confusione fino arrivare al pianto; l’unica frase chiara fu” dottore stanno arrivando i tedeschi “.
 Il giovane medico non riusciva a capire cosa stesse succedendo: quella paura provata per quasi due anni e quei fantasmi con le SS argentee ebbero  il sopravvento sulla ragione.  Il trauma del confino nel campo  di Wietsendorf si trasformò in panico e pensò che doveva fare in fretta qualcosa; stavano arrivando. Il padre, il dottor Felice, il veterinario del paese, prese allora in mano la situazione: il ricercato fu mandato a nascondersi, con la sorella Teresina, in cantina, dove era anche presente una latrina per i periodi dei bombardamenti, mentre la mamma Anna, maestra, fu inviata sul grande terrazzo della camera da letto sul fronte casa. In tal modo si dominavano dall’alto il giardino e le due entrate con i relativi cancelli su via Garibaldi. Il dottor Felice poi, con la sua pistola d’ordinanza (una Bodeo a tamburo ) da ufficiale veterinario del Savoia cavalleria nella Grande Guerra , si appostò tra i grandi pini vicino al cancello principale.
Il dottor Antonio, insieme alla giovane sorella, si sistemò in cantina nella carbonaia, il locale più buio.
Da un lato comprendeva chiaramente che tutta la situazione era irreale ma dall’altro la paura alterava in maniera determinante la ragione. Arrivò perfino a sospettare un improvviso ritorno dei “crucchi”; non aveva sentito la radio e comunque i pazienti del pomeriggio in ambulatorio non gli avevano riferito nulla.  In tal caso si domandava quali fossero le motivazioni recondite tali da giustificare la ricerca diretta dei tedeschi verso la sua persona. Si diede una risposta: forse perché come medico aveva collaborato con il colonnello Pietro Testa, comandante dei prigionieri italiani, alla stesura di un documento indirizzato, dopo la liberazione del campo, alle autorità britanniche in cui si denunziavano quali criminali di guerra alcuni ufficiali, oltre alla presenza di fosse comuni. Alla paura si era aggiunto anche il pianto di Teresina.
Finalmente la camionetta tedesca arrivò davanti il cancelletto di via Garibaldi: un ufficiale SS con divisa impeccabile scese molto deciso e suonò al campanello chiedendo in italiano del dottore. La risposta della mamma arrivò dal terrazzo. Era distante e doveva urlare, chiese il motivo della richiesta e cercò di vedere meglio nel buio, uno dei tre soldati seduti dietro  sembrava accasciato. L’ufficiale urlando spiegò il motivo della richiesta del medico: erano della troupe di un film in lavorazione a Castellazzo ed una delle comparse era scivolata sul ghiaccio andando a sbattere con un polpaccio sui denti di un erpice. Le ferite non erano profonde ma il sanguinamento copioso; necessitava un’emostasi e un’antitetanica. Alcuni abitanti di Castellazzo avevano fatto il nome del dottore. L’equivoco fu chiarito. L’Argenteri potè uscire rassicurato dal nascondiglio e dedicarsi al ferito. Nel mentre arrivò trafelato sulla sua bicicletta don Carlo, insieme al maresciallo Baldo, anche lui allertato da suor Carolina , in tempo per assistere al lieto fine.

ANGELO ARGENTERI

IL FILM  E LA CENSURA

Nel 1946, nonostante la caduta del regime fascista, la rigidità della censura non subì nessun immediato allentamento. Ciò fu dovuto al fatto che non si era provveduto al rinnovamento dei funzionari ministeriali e che molti di essi, attivi all’epoca fascista, si erano in fretta riciclati nel nuovo corso. Di conseguenza l’applicazione ferrea delle leggi ancora vigenti in materia divenne un pretesto per colpire con particolare durezza soprattutto le opere ispirate dalla poetica del neorealismo postbellico.

Anche il film di Aldo Vergano subì quindi un trattamento ostile, lo rivela un rapporto, del 17 aprile 1946, indirizzato al sottosegretario di Stato della Presidenza del Consiglio dal Capo di Servizi dello Spettacolo.

Copia del rapporto sul film “Il Sole Sorge Ancora” con le note di censura

Sin dalle prime righe è evidente il tentativo di sminuirne i contenuti:

 “La comune trama di “Il sole sorge ancora” è appesantita, nel suo svolgersi, da numerosi episodi decisamente convenzionali nei quali sono descritti conflitti tra fascisti e antifascisti, razzie tedesche, travestimenti e fughe di soldati italiani che hanno abbandonato l’esercito dopo l’8 settembre; noiosi clichèe di soldati ed ufficiali tedeschi duri, spietati e degenerati, bombardamenti aerei , campi di sfollati e, per concludere, una vera e propria battaglia di partigiani contro tedeschi con la sconfitta di questi ultimi”.

Anche la scena cult della fucilazione del personaggio del prete, interpretato da Lizzani, viene pregiudizialmente attaccata:

“un prete vero è poi presentato nelle scene della fattoria. Costui, pur nella sua vacuità di inutile personaggio, risulta privo della più elementare dignità sacerdotale. Tra l’altro, lo si vede fumare viziosamente le cicche che gli danno in dono operai e contadini”.

Emerge anche un bigottismo repressivo di fondo rispetto alle scene in cui appaiono figure femminili.

Viene cosi sottolineato che, in una inquadratura, il personaggio di Matilde, interpretato da Elli Parvo, “ha le gonne tirate in su e mostra le gambe”. La scena di una festa cui partecipano degli ufficiali tedeschi viene così descritta:”in una specie di baccanale da essi improvvisato sciamano visioni di cosce, culottes, sottane oltre il ginocchio, gambe accavallate in modo da lasciare ampia visuale e persino di un bidet”.

Il giudizio finale è significativo dell’avversione messa in atto nei confronti della realizzazione del film.

Per quanto si è sopra riferito non si può nascondere una certa perplessità nel giudicare un lavoro del genere, tanto più che non si è in grado di prevedere in qual modo saranno rese le scene sopra indicate. Tuttavia, pur essendo d’avviso, in linea di massima, che un film del genere non dovrebbe essere autorizzato, dato che non si può impedire all’iniziativa privata di realizzarlo, se lo crede, si ritiene opportuno di consigliare alla casa produttrice la soppressione delle scene sopra accennate, con la riserva di esprimere il parere circa l’opportunità o meno di far circolare il film quando esso sarà presentato alla revisione definitiva”.

Il film “Il Sole Sorge Ancora” visione integrale

Approfondimenti

Ritorno sul set delle corti di castellazzo – da sito “Il Davinotti location” davinotti.com

Alcune pagine della sceneggiatura del film (per gentile concessione di Andrea Martinenghi)

Documento Ministero

La domanda di revisione presentata al ministero dal produttore del film nel 1946

recensione americana

La recensione apparsa sul New YorK Times

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora

Critico cinematografico e giornalista professionista, è nato a Milano nel 1955. Dopo la maturità scientifica, studi di filosofia e un diploma di critica teatrale alla scuola del Piccolo Teatro, ha deciso che scrivere di cinema sarebbe stata la sua professione. Mentre lavorava per l’Ubulibri, in particolare alle prime edizioni del “Patalogo”, ha cominciato a scrivere recensioni per “Il Manifesto”. Diventato giornalista professionista grazie a “Telepiù” (rivista) e “Tv, Sorrisi e Canzoni”, è passato a “Ciak” a partire dal suo primo numero, nel maggio 1985, lavorandoci sino al 2014, continuando a collaborarvi poi come autore di articoli e recensioni, per l’edizione cartacea e per il sito. Inoltre ha fatto parte di giurie per numerosi Festival, ha dato il suo contributo a varie pubblicazioni librarie e organizzato proiezioni cinematografiche. Attualmente è membro del nucleo redazionale di “Cineforum”, in qualità di redattore e critico.

Massimo Lastrucci

Originario di Bollate, è nato nel 1948. Unico figlio maschio degli otto del dottor Antonio, medico condotto per antonomasia dell’allora paese, ha seguito le orme paterne in ambito professionale. Specializzatosi a Parigi in chirurgia vascolare, è stato per anni direttore responsabile dell’unità operativa complessa  di questa specialità presso il polo universitario di  Pavia e, successivamente, presso quello di Lodi. Tra gli incarichi ricoperti, è stato titolare della cattedra di chirurgia vascolare all’università di Pavia. Attualmente è componente del nucleo di valutazione dell’azienda ospedaliera di Lodi. E’ autore di diverse pubblicazioni scientifiche in materia di patologia vascolare
Angelo Argenteri