IL PRESENTE ILLUMINA IL PASSATO

1942-2022: morire di guerra in Ucraina

E’ un racconto di tragiche coincidenze, tra presente e passato, a sottolineare che le brutali vicende della guerra non hanno insegnato nulla. La vicenda dello zio Eugenio non fa altro che riportare all’oggi le lancette della storia: le immagini odierne che giungono dall’Ucraina si sovrappongono a quelle della drammatica campagna di Russia di ottanta anni fa e mostrano la stessa faccia della medaglia: giovani – come il Nencini “soldato d’Italia”, cantato da Enzo Jannacci – che inconsapevolmente devono abbandonare il paese, i campi, gli amici, le fidanzate, per partire verso un fronte sconosciuto, incontro ad un destino incerto, spesso senza ritorno.

LO ZIO EUGENIO

Avrebbe tagliato il traguardo del centenario il primo maggio Eugenio Pogliani (era nato il 1 maggio del 1922 alla Cascina del Sole di Bollate), è stato invece dichiarato disperso in Russia nel 1942, a soli 20 anni. E’ stato l’unico zio che non ho potuto conoscere, l’ultimo dei 7 figli (5 maschi e due femmine) di nonno Ambrogio (el Gin del Fin) e nonna Virginia Strozzi.

Eugenio Pogliani  (1922-1942)

Eugenio Pogliani  con la divisa del Reggimento Fanteria in servizio presso il Comando di Priolo (Siracusa) – Luglio 1942

I recenti e tragici fatti dell’aggressione russa all’Ucraina, oltre a riportarmi, a distanza di ottant’anni, negli stessi luoghi di guerra e di morte del secondo conflitto bellico mondiale, hanno riaperto una vecchia ferita nella nostra famiglia (i Pujan de Casina de Su) che non si è mai rimarginata, non essendoci mai stato un corpo da seppellire ed una tomba su cui piangere. La scomparsa di un figlio appena ventenne in una terra sconosciuta ed ostile, lontana migliaia di kilometri da casa, vittima di una guerra terribile voluta dal regima fascista, di cui la gente comune non capiva il senso ma percepiva l’assurda follia, condusse la nonna sull’orlo della disperazione e addolorò per sempre i fratelli.

Una triste e assurda vicenda , quella del ziu Geni, conclusasi tragicamente in pochi mesi sul fronte russo, come si può ricostruire dal foglio matricolare del distretto militare di Monza.

Assegnato all’81esimo reggimento fanteria della divisione Torino (i militari che appartenevano al questa divisione erano soprannominati dai russi “ division corova ”, ossia divisione Toro), appena giunto al fronte fu subito coinvolto nella prima controffensiva scatenata dall’Armata Rossa nel Natale del 1942. E’ riportato infatti negli atti d’archivio:”denominata Piccola Saturno, travolse il II e il XXXV corpo d’armata italiano e causò lo sfaldamento totale dello schieramento italiano e del distaccamento tedesco-rumeno, chiamato Hollidit. Ne seguì una ritirata disordinata attraverso la pianura sovietica (oggi Ucraina) in direzione di Cerkovo.”

Piantina del fronte russo meridionale

Piatina della zona del fronte russo con indicazione dello schieramento dei vari reparti dell’Esercito Italiano. Evidenziata in rosso la divisione Torino in cui era arruolato Pogliani.

 In questa località si perdono per sempre le tracce dello zio Eugenio. Su di lui cade l’oblio perché di sue notizie e di effetti personali non resta più nulla, tanto che, nel 1962, nonna Virginia, chiusa la pratica burocratica con la formale dichiarazione di morte, essendo risultate vane le ricerche condotte per vent’anni fra reduci, ex prigionieri, uffici militari, decise di eliminare e bruciare lettere e ricordi del suo ultimogenito: risultava uno dei tanti dispersi nella steppa gelata dell’Ucraina. Dove? Probabilmente, come indicato dalle mappe topografiche,fra il fiume Dnieper e il Don, nella zona di Arbuzovka. Qui infatti si svolse, prima del Natale del 1942, la tragica battaglia, ricordata come quella della “valle della morte”, con il riuscito tentativo dei russi di sfondare ed accerchiare le truppe italiane. Gli unici particolari emersi sono quelli della testimonianza di un reduce, un commilitone di Senago: raccontò alla nonna che lo zio Eugenio, nel corso della drammatica ritirata, stremato dalla fatica e con i piedi gelati,“ si lasciò cadere nella neve e li rimase per sempre”. Il cadavere venne portato in una vicina isba, lasciato ai contadini ucraini.

Eugenio Pogliani  (a destra) con un commilitone prima del trasferimento  sul fronte russo – Autunno 1942

Il foglio matricolare del soldato Pogliani Eugenio riportante tutte le notizie relative al suo servizio militare

Chissà mai che un giorno si possa risalire a qualche particolare in più della sua tragica sorte?

Recentemente, grazie ad un cugino di Novate, ho potuto entrare in possesso di una decina di lettere che lo zio Eugenio aveva inviato alla cugina, Angela Strozzi; dalle righe emerge il ritratto vivido di un giovane semplice, simile a tanti altri ragazzi di paese vissuti in quei difficili anni, che avevano come orizzonte la loro piccola realtà umana e sociale, inviati al fronte nel nome di un amor patrio che non riuscivano a comprendere fino in fondo.

La nostalgia dei familiari, degli amici e del suo piccolo borgo, affiora in maniera profonda nelle prime corrispondenze:

-…per ora ti mando questa foto da gagà, ma poi in seguito ti manderò una di semplice militare e vedrai che differenza; perché in quella da gagà mi davo delle arie e invece da militare l’aria mi è calata; non quella di stare allegro e contento però. Anzi, l’ho presa di più, perché saprai che il cavallo quando non lavora è smorbio ed io lo stesso, non lavoro e sono smorbio. Ora voglio sapere una cosa: dimmi se Cascina del Sole si trova ancora come l’ho lasciata o se c’è qualcosa di nuovo; – Febbraio 1942

– …bisogna pregare Dio di farci ritornare alle nostre belle e amate case e vedere ancora il nostro bel Cascina del Sole, piccola Parigi, dove adesso incomincia a sbocciare la primavera e sulla costa sbocciano le viole, che a passeggiare per quel sentiero è una meraviglia e un piacere, perché queste viole lasciano il loro soave profumo, specialmente a passeggiare con con qualche ragazza. Ti ricordi quella sera mentre si stava sotto la grande luna che rischiarava e illuminava la nostra bella Cascina del Sole e si rideva senza pensarci io, te, Lucia e il mio amico Giuseppe;quando alle volte mi viene la malinconia penso a quella bella sera;- Marzo 1942

– ...mi ha fatto molto triste sentire che mio fratello Carlo è stato richiamato ancora un’altra volta; ma poi ho saputo da mia sorella Camilla che, quando è arrivata la carta per presentarsi, il mio Babbo è andato a Monza ed ha potuto ottenere che rimanesse a casa; allora, alla stessa sera, sono andato fuori con i miei amici e abbiamo fatto una bella baraccata e sono rientrato bell’allegro e contento;- Aprile 1942.

A sinistra, Ambrogio Pogliani e Virginia Strozzi, genitori di Eugenio. A destra, i sei fratelli di Eugenio Pogliani. Da sinistra: Giuseppe, Carlo, Erminia, Camilla, Luigi e Diamante.

Durante i pochi mesi di approssimativo addestramento nella calda Sicilia, a Siracusa e Buccheri, trascorsi in un clima di apparente serenità e quasi ingenua spensieratezza giovanile, sembrano lontani i timori della guerra. Scrive in una lunga lettera:

-..sono stato sorpreso dalla notizia che Cozzi Luigi* è già venuto a casa in licenza , perché io questa consolazione l’avrò fra qualche anno, però non mi dispero perché sono sempre assieme all’amicone Filippo e ci consoliamo fra noi, e sono contento perché, saprai, che essere lontani da casa e essere con un amico è quasi come essere in famiglia.

I primi giorni mi piaceva scriverti perché qui c’erano molte cose nuove, ma ora è diventata vecchia anche Siracusa per me. Ora mi sembra una città come Milano, a parte la pulizia e le lordure. Oggi sono in riposo e sto lavando la camicia e la maglia, le calze e il resto del vestiario, attaccare bottoni e anche rammendare qualche buco; ma siamo in riva al mare, io e Filippo, e facciamo questi mestieri e continuiamo a ridere e diciamo che se ci fosse qualche ragazza del nostro paese chissà cosa ci direbbe e quanto ridere farebbe. Ma cosa vuoi? è la naja e bisogna fare anche questo; – Marzo 1942 

In una missiva precedente, a proposito della vita militare, sottolineava:

Come diceva tuo padre, fare il militare è come essere un ricco, qui non si lavora e si mangia abbastanza e l’aria è molto fina e buona che si sta molto bene; fa anche caldo che sembra il mese di maggio dalle nostre parti e quindi mi sento molto contento perché qui sono tutti milanesi del distretto di Monza, fra i quali Filippo, mio amico, e Brasca di Novate;- 10 Febbraio 1942

Corrispondenza indirizzata alla cugina Angela Strozzi

Lettera indirizzata alla cugina Angela Strozzi

In altre lettere spiegava la particolare atmosfera siciliana:

– …ho risposto a tuo fratello che qui in libera uscita non si può neanche per insogno avvicinarsi alle ragazze perché sono molto serie e non scherzano;-23 Aprile

Io ti voglio dire che sto benone in tutto e per tutto e sono sempre contento e allegro che tu non lo puoi immaginare; in mezzo a questi Siciliani poi è proprio da ridere a sentirli a cantare gai; -Agosto 1942

Quest’atmosfera gioiosa cambia improvvisamente sul finire dell’estate, quando l’ipotesi di una possibile partenza per la Russia si manifesta in modo piuttosto concreto:

-Cara cugina dobbiamo pregare tutti il buon Dio che ci assista in questi momenti difficilissimi in cui ci troviamo perché da lui possiamo ottenere molte grazie. Per me qui non ci sono novità; ma cosa vuoi? La guerra c’è e per questo mi capirai ,si spera sempre in bene ma…;- 10 settembre1942 

– Qui vado benone, e spero di venire in licenza per rivedere i miei cari e spero di averla per Natale. Io spero di non andarci al fronte, ma se per sfortuna il mio destino è di andare, pazienza, vuol dire che farò anch’io come gli altri; -23 Settembre.1942 

Attilia Pogliani, nata nel 1939 e nipote di Eugenio, nella corte dove risiedevano le loro famiglie.

Luigi Cozzi, amico fraterno di Eugenio Pogliani, morto nel 1945 nel campo di prigionia di Mauthausen in Germania.

Non mancano nell’epistolario accenni alla vita privata o ricordi personali, gli amici Giuseppe e Lucia, la fidanzata (Antonia), lasciata senza rimpianti prima di partire:

ti dico la verità, di avere amicizia quello si, ma non avevo alcuna relazione. Poi sono molto contento di averla lasciata perché qui quasi tutti l’hanno e vedo che sono impegnati a scriverle e farle raccomandazioni e pensare a loro, mentre io sono molto tranquillo e dormo in santa pace.

Riferendosi alla notizia di un furto subito nell’azienda agricola dei genitori sembra minimizzare:

sono molto contento di sapere che voi tutti parenti sinora non patite la fame, con l’aiuto della buona terra e con la grazia di Dio…; non mi fa rabbia affatto perché anche loro (gli autori del furto) povera gente, devono vivere ed in qualche modo debbono mangiare.

Non manca di sottolineare la soddisfazione per l’incontro in Sicilia con l’amico solese Angelo Donini, di stanza in un’ altra caserma dell’isola, che, oltre a portargli pessime notizie dal paese, è appena rientrato da un periodo di licenza (ha trovato della gran fame), spartisce con lui, in tre giorni, 2 chili di formaggio. Insieme scattano pure delle foto con altri commilitoni di Garbagnate e Senago.

Premonitrici, se pensiamo al suo tragico destino, le parole scritte per consolare la cugina da una possibile perdita del fratello, richiamato per la guerra in Russia (che invece poi eviterà): mi dispiace per quella tristissima notizia che mi fai sapere; cioè che tuo fratello N. deve partire per la Russia .Però cara non pensar male che tutti non avranno la sfortuna di non ritornare più, prega il buon Dio di fargli la grazia di ritornare ancora e di terminare anche questa triste guerra .Cosi ritorneremo tutti alle nostre belle case al nostro bel paesino. –10 Settembre 1942.

Frase che sembra anticipare la sorte avversa che lo attende, a proposito della quale mi torna in mente un ricordo legato alla data di nascita dello zio, quel 1 maggio*, giorno di tragici incidenti a Milano, con l’aggressione dei fascisti a Filippo Turati. Circostanza commentata in modo infausto da una vecchia zia nubile del nonno: ”lè nasù in un dì disgrasià, el sarà sfortunà nella vita”. Affermazione che suscitò da parte della nonna e dell’intera famiglia un sordo e mai sopito rancore nei suoi confronti.

A sinistra, un’immagine di Cascina del Sole, tanto amata da Eugenio, negli anni Trenta. A destra, la corte di Cascina del Sole dove Eugenio è nato e cresciuto

IL VIAGGIO SENZA RITORNO

Partito con una tradotta militare dalla Sicilia, venne inviato direttamente al fronte, senza alcuna sosta e nessun permesso per passare da casa per salutare i suoi cari. L’ ultimo domicilio conosciuto, che risulterà il commiato, è rappresentato dalla cartolina con gli auguri di Buon Natale, inviata dalla Russia con la data 8 dicembre 1942, la stessa che coinciderà poi con il giorno presunto della morte.

La nonna raccontava che per poter rivedere suo figlio prima della partenza per il fronte, il nonno dovette preparare in fretta e furia il calesse e, accompagnato dallo zio Carlo, correre alla stazione centrale di Milano da dove sarebbe transitata la tradotta per il fronte russo; qui per pochi minuti (?) riuscì a salutare quel suo amato figlio, di cui sembrava presentire il tragico destino, tanto da lasciarsi sfuggire questa rassegnata espressione: “pori lacciot, sarann i prim a murì”. A sua volta la nonna , con la zia Erminia e lo zio Carlo, si recò qualche giorno dopo alla frontiera di Tarvisio*, dalla quale transitavano le tradotte dirette al territorio russo, per consegnare al figlio dei pacchi di vestiti e di viveri. Furono però bloccate alla stazione: ai militari era vietato incontrare parenti e, loro malgrado, dovettero lasciare i pacchi agli agenti della confinaria dietro la promessa che sarebbero stati consegnati ai soldati una volta giunti al fronte.

Saranno mai arrivati a destinazione?

 Oppure saranno finiti in mani diverse, dispersi in un destino comune a quello dello zio Eugenio.

 MAURO GHIONI

.NOTE:

* 1 maggio- La decisione del governo Facta di considerare festivo il 1 maggio 1922, seppure con alcune limitazioni (ACS, PCM, Gab, 1922, 2/4/1.1003) – A Milano il comizio aveva richiamato un gran numero di persone (novemila, secondo la relazione inviata al ministero dell’Interno) e Filippo Turati era stato vittima di un’aggressione fascista che, sempre secondo la relazione del prefetto, “avrebbe potuto essere gravissima”.

** Il viaggio per il fronte era lungo oltre 2.300 Km e durava molti giorni di tradotta militare. Toccava varie tappe: Salisburgo, Vienna, Presburgo, Budapest, Miskolz, Csop ,Taracoz, con arrivo finale a Borsa, ad occidente dei Carpazi in Ungheria

*** Luigi Cozzi – partigiano appartenente alla 114 esima Brigata S.A:P. ,arrestato nella seconda metà del 1944 davanti alla Casa del Fascio di Bollate con indosso alcuni documenti che comprovavano la sua attività all’interno della Resistenza. Deportato nel campo di concentramento di Mauthausen in Germania, muore nel mese di aprile del 45, poco prima dell’arrivo dei liberatori, a causa delle pessime condizioni fisiche dovute all’internamento. Aveva 25 anni.

Si ringraziano la famiglia Ghioni e la signora Attilia Pogliani per le foto e i documenti messi cortesemente  a disposizione  

Nato il 15 agosto 1955, nella propria casa, alla Cascina del Sole di Bollate , ha respirato l’aria libera delle “corti”,  crescendo  nel rispetto della terra e dei suoi avi, tutti contadini (analfabeti sapienti) , che con tanta fatica l’avevano lavorata. Formatosi educativamente nei collegi dei  Salesiani , a cui sarà sempre riconoscente per i sentimenti di solidarietà verso i poveri  e di rispetto per la natura,  si laurea in Giurisprudenza a Milano, impiegandosi successivamente al Comune di Bollate,  fino al recente pensionamento. Questo gli consente, quando non impegnato negli abituali “vagabondaggi” nella penisola alla scoperta di luoghi e… tradizioni culinarie,  di coltivare la lettura degli amati scrittori lombardi ( dal Carlin Porta a Dossi, Tessa, Piero Chiara, Brera…) ed effettuare ricerche alla riscoperta delle tradizioni e storie locali,  iniziando da quelle della propria famiglia.

Mauro Ghioni