Ma come si giocava. Si poteva giocare da soli (se eravamo in pochi) o a squadre, formate con il modo consueto: BIM BUM BAM! Tu si, tu no, tu si, e altre “conte” del genere. Prima di iniziare si mettevano a punto le regole: “tocca ferro …non vale spanna doppia” ,“tocca ferro… non vale bu-shock” ed altre varianti create al momento, l’importante era toccare ferro!
Del resto, ogni rione, ogni compagnia aveva le sue regole. Un po’ come le inflessioni dialettali da paese a paese. Dettate le regole si partiva. A quattro metri dalla buca si lanciava la biglia. Chi faceva buca o chi si avvicinava di più iniziava il gioco. Prendevi la tua biglia, potevi allontanarti massimo due spanne, e lanciandola con il pollice dovevi colpire quella dell’avversario. Se la colpivi era tua, se sbagliavi subentrava l’altro giocatore.
I più abili facevano incetta di biglie, lasciando spesso all’asciutto gli avversari. Così, se non ne avevi di scorta non potevi più giocare. Ed allora tristemente ti ritiravi, magari con una lacrimuccia e tirando su col naso. Ma anche chi vinceva, conquistandone tante , non poteva più giocare. A quel punto scattava la redistribuzione della ricchezza: si restituivano le biglie in cambio di qualche figurina o di un pezzetto di merenda (quando c’era).E questo rappresentava un bel gesto di compartecipazione comunitaria .
Per la cronaca, segnalo Damiano, che era il più bravo di tutti. Forse perché aveva le mani grandi. Come era grande il suo cuore nel restituire le sferette vinte a noi piccolini!
DARIO GALLI
-Uno dei ragazzi della rotonda di via Pontida-