IL POSTO DELLE BIGLIE

La rotonda del Masenoeu

“Il vero vincitore di un gioco non è chi arriva primo ma chi si diverte di più” (Alimberto Torri)

 Il Masenoeu, rione periferico che delimita il territorio bollatese allargandosi poi verso i campi che portano, da un lato, a Castellazzo e, dall’altro, lungo i boschi che conducono a Traversagna; attraversato dal canale scolmatore che regola le acque portate dalle piene del Villoresi. Strada principale, via Pontida, da sempre chiusa sul fondo, anche dopo la costruzione di villette a schiera, senza alcuno sbocco o collegamento esterno. Termina al civico 31, dove una bella costruzione su due piani, circondata da un giardino e da un orto ben curato, funge da confine con i campi circostanti, solitamente coltivati a granoturco o a fieno a seconda delle stagioni. Fino agli anni Ottanta, davanti al suddetto civico, c’era uno spazio in terra battuta nel quale confluivano, raccordati da un ampio sentiero, la fine della strada stessa e il viottolo chiuso di via Alfredo Catalani. Questo spazio era da noi ragazzi chiamato “la rotonda”, vera e propria pista di speedway da fare in bicicletta, con la Graziella della mamma messa sempre di traverso. La “rotonda” era il nostro luogo di ritrovo preferito: “ci troviamo dopo mangiato, va bene?“ “Si, ma dove?” “Alla rotonda!”. Il ritornello era sempre questo.

Dietro la “rotonda”sorgeva il famoso “ponte del Barbarossa”. Un ponte in mattoni sopra il canale scolmatore che, per la verità , quasi mai ho visto pieno, chiamato così perché, narra una leggenda, fosse stato costruito nientemeno che da Federico Barbarossa? Tanto che noi bambini eravamo orgogliosi di avere, nel territorio dei nostri giochi, un reperto storico archeologico così importante!

Lo scolmatore raccoglieva, grazie ad un sistema di piccole chiuse, le acque provenienti dal Villoresi, facendole defluire in minuscoli canaletti per l’irrigazione dei campi.

All’epoca, uno di questi canaletti, appena dopo la “rotonda”, era ormai in disuso da anni e noi ragazzi lo  abbiamo trasformato nel nostro “posto delle biglie”, una sorta di bocciodromo ante litteram.

Lungo circa circa cinque metri e largo forse due, profondo al massimo un metro- praticamente una roggetta- aveva le pareti compatte, tipo vasca da bagno, perché la terra era stata livellata e resa dura dallo scorrere dell’acqua e dunque formava una specie di biliardo naturale. Tolte le erbacce e scavata una piccola buca nel centro , divenne per tanti anni lo spazio ideale per far correre le biglie

Già, le biglie. Erano delle sfere di vetro con all’interno un pezzetto di plastica colorato. Si compravano in sacchetti da dieci, per circa 300 lire, negli anni Settanta. Se eri fortunato, nelle dieci potevi trovarne una o due con qualche piccolo difetto di soffiatura rappresentato da minuscole bolle d’aria all’interno: questi esemplari erano quelli che “valevano” perché erano un’autentica rarità.

Il mio fornitore di biglie ufficiale , quando avevo le 300 lire, era la cartoleria tipografia Brambilla di via Garibaldi, che tutti chiamavamo “la zia del Ferruccio” in quanto la titolare era la zia di uno della banda, Ferruccio appunto. Il negozio è ancora attivo, è uno di quelli storici di Bollate, ed è gestito dal figlio Walter, e mi ricordo che allora aveva anche i soldatini dell’Atlantic, che andavano per la maggiore, a 100 lire l’uno.

 La biglie si potevano comunque trovare dappertutto: dall’Eufemia, negozio di giocattoli e cartoleria di via Turati, rinomata soprattutto perché vi si trovava la celeberrima farinetta di castagne, dal Borroni, vicino alle scuole elementari di via Diaz, o dal tabaccaio-giornalaio Giulio, di fronte al supermercato Coop . Oltre alle biglie in vetro, esistevano anche quelle in ceramica, delle stesse dimensioni: più belle ma fragili, le chiamavamo “pancette”.

Ma come si giocava. Si poteva giocare da soli (se eravamo in pochi) o a squadre, formate con il modo consueto: BIM BUM BAM! Tu si, tu no, tu si, e altre “conte” del genere. Prima di iniziare si mettevano a punto le regole: “tocca ferro …non vale spanna doppia” ,“tocca ferro… non vale bu-shock” ed altre varianti create al momento, l’importante era toccare ferro!

Del resto, ogni rione, ogni compagnia aveva le sue regole. Un po’ come le inflessioni dialettali da paese a paese. Dettate le regole si partiva. A quattro metri dalla buca si lanciava la biglia. Chi faceva buca o chi si avvicinava di più iniziava il gioco. Prendevi la tua biglia, potevi allontanarti massimo due spanne, e lanciandola con il pollice dovevi colpire quella dell’avversario. Se la colpivi era tua, se sbagliavi subentrava l’altro giocatore.

I più abili facevano incetta di biglie, lasciando spesso all’asciutto gli avversari. Così, se non ne avevi di scorta non potevi più giocare. Ed allora tristemente ti ritiravi, magari con una lacrimuccia e tirando su col naso. Ma anche chi vinceva, conquistandone tante , non poteva più giocare. A quel punto scattava la redistribuzione della ricchezza: si restituivano le biglie in cambio di qualche figurina o di un pezzetto di merenda (quando c’era).E questo rappresentava un bel gesto di compartecipazione comunitaria .

Per la cronaca, segnalo Damiano, che era il più bravo di tutti. Forse perché aveva le mani grandi. Come era grande il suo cuore nel restituire le sferette vinte a noi piccolini!

DARIO GALLI

-Uno dei ragazzi della rotonda di via Pontida-

Crediti foto: Dario Galli e Archivio Giordano Minora

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora