I MOTI DI CASSINA NUOVA

Le rivolte del 1907- 1908

Via Madonna a Cassina Nuova: sulla sinistra, l’antica chiesa parrocchiale

“Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano”

A Cassina Nuova, il detto di Marcello Marchesi si è manifestato ai primi del Novecento: una contesa in nome dell’asilo parrocchiale che si è poi allargata ad una protesta più generalizzata che ha contrapposto il parroco al sindaco. Una disfida “di campanile” che ha anticipato di qualche decennio quella narrata da Giovannino Guareschi, tra don Camillo e Peppone, in quel di Brescello.

L’origine

Cassina Nuova è stato un comune autonomo fino al 1869, solo più tardi diventerà uno degli “ed Uniti” del comune di Bollate. In occasione della visita pastorale compiuta dall’arcivescovo di Milano nell’estate del 1901, da un apposito questionario predisposto per la particolare circostanza, si rileva che al 1 luglio la popolazione ammonta a 1039 abitanti, inclusi quelli residenti nelle cascine Matilde (50), dove esisteva un piccolo setificio che dava lavoro alle ragazze del luogo,  De Leva (38 ), Pecchio (28). Una popolazione contadina descritta come tranquilla, operosa, povera, “dai costumi buoni, morali e cristiani”, mentre tra gli abusi da correggere è rimarcata “la troppa frequenza all’osteria”. Una popolazione con un forte senso di appartenenza comunitaria, pronta a trasformarsi in un gruppo solidale e combattivo per difendere i propri diritti, anche quelli presupposti tali, contro i soprusi delle autorità. Un sentimento di astio, quest’ultimo, mai sopito a quel tempo. Del resto non bisogna dimenticare che era forte il ricordo della sanguinosa repressione delle proteste dei milanesi ad opera del generale Bava Beccaris, avvenuta nel 1898. Protesta causata dall’aumento del costo della farina, da 30 a 60 centesimi al chilo, esclusivamente a causa di una nuova tassazione. Dopo l’intervento dell’esercito, si contarono più di 80 morti tra i manifestanti, uomini donne e bambini, presi letteralmente a cannonate.

Via San Bernardo, principale strada d’accesso a Cassina Nuova

La lavorazione del baco da seta, rappresentava una delle principali fonti di reddito per le famiglie contadine .

Le grandi tavole, chiamate in dialetto “cavaler”, sulle quali erano disposti i bachi da seta per essere nutriti con le foglie di gelso.

Buona parte degli abitanti di Cassina Nuova era dedita all’attività agricola 

La corte Brioschi ospitava  gran parte delle famiglie dedite all’agricoltura. E’ stata abbattura alla fine degli anni Ottanta per far posto ai nuovi insediamenti abitativi –  Immagini tratte dal sito del Comune di Bollate “Le Immagini e la memoria”

L’asilo negato

Nel 1907 vengono alla luce scandali per abusi sessuali su fanciulle e fanciulli avvenuti in alcune scuole gestite da religiosi. Si dice che alcuni di questi sarebbero stati “gonfiati” per pura propaganda politica, in quegli anni è infatti forte il contrasto tra i governanti e la stampa massonica anticlericale verso le attività legate alla chiesa. In particolare, quello scoperto a metà luglio ha risonanza in tutta la nazione, “che rimane profondamente impressionata per i turpi fatti accaduti nel collegio (ma anche asilo) di Greco Milanese (abusi su fanciulle)”, come scrive il giornale genovese il Caffaro del 31 luglio1907. E’ il primo scandalo denunciato, ma ne seguiranno altri coinvolgendo altri istituti scolastici di matrice cattolica.

Le autorità civili, pressate dalla opinione pubblica e dalla stampa, cercano di correre ai ripari. Così, la Prefettura di Milano invita i sindaci del circondario a censire scuole ed asili privati per avviare, in base ai dati raccolti, le verifiche del caso. A tale proposito, il sindaco di Bollate, l’ingegner Alessandro Vanotti, preoccupato che possa ricadere su di lui ogni responsabilità futura, segnala la presenza di un asilo fondato e gestito ,“forse con eccessiva superficialità”, dal parroco di Cassina Nuova, don Antonio Zocchi, frequentato da circa 70 tra bambine e bambini. Questa struttura, situata in via  Stella (attuale via De Leva), risulta non autorizzata da nessun ente preposto. La segnalazione del sindaco viene fatta in concomitanza con l’uscita dell’articolo denuncia e prima dell’intervento della circolare prefettizia. Scattano i controlli del Provveditorato agli studi. A seguito di un’ ispezione è certificato che non ci sono i presupposti per dare l’autorizzazione alla continuazione dell’attività dell’asilo. A supporto del diniego, il Provveditorato specifica che i locali non sono igienici e il personale non è abilitato all’insegnamento. Pertanto il sindaco, come autorità preposta alla sicurezza del paese, lo fa chiudere. Il provvedimento arriva all’inizio di agosto. Contro la decisione, insorgono una ventina di mamme: indicono un’ assemblea e avviano una sorta di occupazione del comune. Chiedono che il primo cittadino si faccia garante, presso il Provveditore, della messa a norma dell’asilo e faccia riaprire la struttura. Il sindaco si rifiuta, sostenendo che è un’ iniziativa che non gli compete, sottolineando la sua impossibilità ad agire e suggerendo di rivolgersi al parroco, unico responsabile della situazione. Nel frattempo il Provveditorato ribadisce che una volta risolti i problemi evidenziati può autorizzare la riapertura dell’asilo stesso.

L’asilo infantile di Cassina Nuova 

Ma perché le mamme si stringono solidali attorno al parroco promotore dell’opera? Per loro, l’asilo risulta essere un importante supporto nella gestione familiare. All’epoca le donne erano completamente coinvolte nel lavoro contadino, basti pensare che solo a primavera dovevano provvedere all’allevamento dei“ cavaler”, i bachi da seta. Un lavoro che durava quasi 3 mesi e che richiedeva una continua presenza di manodopera femminile per preparare i telai, tenendo sempre una temperatura ambiente piuttosto elevata, nutrire continuamente di foglie fresche di gelso questi bruchi, che mangiano interrottamente giorno e notte per 30 giorni, pulire, togliendo la “ purga”, i rifiuti creati dagli stessi bruchi e provvedere alla eliminazione delle falene per evitare che rompessero il batuffolo di seta. Avere perciò qualcuno che accudiva i figli piccoli, significava avere una preoccupazione in meno da svolgere in buona parte della giornata.

La protesta si accende, volano parole grosse tra sindaco e mamme che minacciano di non mandare più i figli a scuola finché l’asilo rimarrà chiuso . Le autorità comunali non prendono seriamente in considerazione l’avvertimento, che troverà però conferma qualche tempo dopo, a testimoniare la determinazione della popolazione ad andare fino in fondo nella protesta. Intanto, ad accendere gli animi già tesi, qualche giorno prima dell’avvio dell’anno scolastico, si verifica un altro accadimento che contribuirà a riscaldare ancor più il clima sociale.

L’incanto delle campane

L’incanto non si riferisce al suono delle campane, capace di suggerire ricordi felici o tristi, gioiosi o malinconici. Alfredo Bracchi ben descrive questo incanto nel testo ottimistico di una popolare canzone meneghina:

“Quand sona i campan /din don din dan/ a la periferia/mi te spetti o Maria…”; così come in maniera pessimistica lo descrive Giacomo Leopardi  “…/ or la squilla dà segno/della festa che viene/… “

Sensazioni contrapposte legate ai rintocchi, a differenza di quanto succede a Cassina Nuova, dove l’incanto delle campane sta a significare la loro messa all’asta (ma forse sono delle squille), insieme all’organo ( ma forse un armonium) della chiesa parrocchiale.

“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”

(proverbio americano citato da John Belushi nel film Animal House)

Nell’ottobre del 1907, la ditta Mosca di Busto Arsizio rivendica un credito di circa Lire 1000 nei confronti dei tre fabbricieri della chiesa per i mancati pagamenti di forniture di cera avvenute nel 1906. Mille lire non sembrerebbe oggi una cifra enorme, ma bisogna considerare che allora il salario medio di un operaio era di 120 lire al mese (12 ore lavorative al giorno per 6 giorni). Il debito corrispondeva pertanto alla paga di 8 mesi e 10 giorni. La fabbriceria, costituita da 3 a 7 membri detti fabbriceri, era l’ente che gestiva i beni di parrocchie, chiese, monasteri. I redditi realizzati erano destinati alle spese per il culto, per le varie attività assistenziali e per la manutenzione degli edifici sacri.

Il creditore si rivolge ai fabbricieri nominati nell’anno. Questi ammettono l’esistenza del debito ma rifiutano di pagarlo, sostengono che è stato creato dai predecessori decaduti nel 1906. Allora bussa da questi ultimi che invece non ne vogliono più sapere e rimandano a quelli in carica, in un classico gioco a scaricabarile. A questo punto, la ditta Mosca interpella il tribunale per chiedere di indire un’ asta pubblica per ottenere il dovuto. Il tribunale acconsente e fissa l’incanto, in piazza della chiesa, per mercoledì 9 ottobre. Di fronte a questo provvedimento, il sindaco di Bollate ed Uniti, Alessandro Vanotti, convoca nella casa comunale le parti in causa, precisamente il rappresentante della ditta creditrice, i vecchi e nuovi fabbricieri e il parroco don Antonio Zocchi, per trovare una soluzione che impedisca l’asta.

Il generale piemontese Fiorenzo Bava Beccaris che guidò la sanguinosa repressione dei moti milanesi del 1898.

Il paroliere milanese Alfredo Bracchi

Alessandro Vanotti (1852-1916 morto a Bollate)

Dopo una lunga e animata discussione, il sindaco propone di trasformare il debito in un prestito a lungo termine. Sia i fabbricieri che il creditore acconsentono, ma la proposta viene bocciata dal parroco (vero debitore, considerato che è il detentore delle finanze parrocchiali). Don Zocchi ribadisce che non intende pagare né oggi né mai. Secondo una “vox populi, vox Dei” del tempo, sembra abbia affermato, a supporto della sua tesi, che i parrocchiani tutti fossero con lui e che non avrebbero mai acconsentito di perdere le campane. La presa di posizione del parroco crea un ulteriore forte contrasto con il sindaco. Inoltre, essendo ancora aperta la querelle dell’asilo, il primo cittadino, su suggerimento anche delle autorità governative, onde evitare ogni possibile causa di manifestazioni di piazza, in questo caso molto probabili visto che la popolazione è tutta dalla parte del parroco, decide di abbassare i toni della polemica.

(Bisogna tenere presente che ancora è profondo il ricordo e lo sgomento per l’uccisione di Re Umberto I (1900), avvenuta a Monza, dunque a pochi chilometri di distanza, per mano dell’anarchico Bresci. Il timore di disordini causati da infiltrati anarchici è sempre forte. Solo 3 anni prima, sono stati repressi nel sangue scioperi perfettamente leciti in base alla recente legge Zanardelli, tanto da  far proclamare, da parte della Camera del lavoro di Milano ,il primo sciopero generale, settembre 1904. La fondazione della CGL (poi CGIL) Confederazione Generale dei Lavoratori nel 1906, ingloberò diversi movimenti spontanei e piccole leghe ed eviterà l’espandersi di manifestazioni non controllate).

Il regicidio di re Umberto I, avvenuto a Monza il 29 luglio del 1900, raffigurato da Achille Beltrame sulla copertina de “la Domenica del Corriere”.

Nel giorno stabilito per l’asta pubblica, l’ufficiale giudiziario si reca in chiesa per il sequestro delle campane e dell’armonium, ma il parroco è improvvisamente partito, senza informare nessuno, portando con sé le chiavi degli ingressi alla chiesa. Il cancelliere è costretto a denunciare il parroco, custode dei beni, per la loro sottrazione. In previsione di possibili tumulti, la Prefettura ha inviato un forte contingente di carabinieri al comando di un commissario di pubblica sicurezza. La piazza infatti si è riempita di parrocchiani arrabbiati, minacciosi ed urlanti. Rivendicano la proprietà delle campane, perché acquistate con le loro offerte e dunque nessuno le deve toccare. La Prefettura, vista la situazione incandescente, rinvia l’asta di un giorno con una scusa ma, considerato il perdurare della sollevazione popolare, la annullerà in seguito in via definitiva. Si mormora anche che il sindaco, stanco dei continui contrasti, “el sta minga li tant a cinquantà” e abbia richiesto alle autorità governative e a quelle episcopali l’allontanamento di don Antonio Zocchi dalla parrocchia, segnalando anche strane voci sul comportamento”originale” dello stesso sacerdote (nominato nel 1904, rimarrà a Cassina Nuova fino al 1912, con un allontanamento piuttosto “turbolento”, come definito dallo storico Moreno Vazzoler). Considerata la serrata della chiesa e l’asta mancata, al parroco viene sequestrata la mobilia, motivo: i mancati pagamenti di alcuni lavori all’interno della casa parrocchiale (che avesse una idiosincrasia per i creditori?) Le cose alla fine si aggiustarono grazie all’intervento di alcuni munifici benefattori. Le campane o squille, come pure l’organo o armonium, rimarranno al loro posto. Il loro scampanellio continuerà a risuonare nel borgo per ricordare i momenti festosi o tristi della vita quotidiana. Ma prima di riportare del tutto la tranquillità a Cassina Nuova, bisognava trovare una soluzione alla querelle dell’asilo.

Immagini della rivolta popolare del maggio 1898, repressa violentemente dal Generale Bava Beccaris 

Nel maggio 1909 si corre il primo Giro d’Italia 

Anno1898, la rivolta del pane dei milanesi: si protesta contro il caro farina

No asilo? No scuola!

Siamo ai primi di novembre. Sono trascorsi alcuni mesi dalla chiusura dell’asilo parrocchiale e uno dalla messa all’incanto delle campane. A fine ottobre, il Provveditore di Milano conferma l’impossibilità di concedere la riapertura perdurando le manchevolezze riscontrate. Ribadendo però che una volta messi a norma struttura e personale nulla osta alla autorizzazione a riaprire.

“A la guerre comme à la guerre”

Il sindaco è di nuovo nel mirino della protesta, è bersaglio di diverse lettere minatorie, e per uscire dall’impasse che sta prendendo una piega non certo benevola, decide di organizzare un nuovo incontro con una delegazione di genitori dei bimbi dell’asilo. La riunione degenera, urla e insulti la fanno da protagonisti, viene ribadita la minaccia di non inviare più i figli a scuola finché non sarà riaperto l’asilo. Vista la conclusione negativa dell’incontro, il sindaco, esasperato, informa il prefetto segnalando anche i nomi degli intervenuti più esagitati. Chiede altresì che la scuola venga presidiata dai carabinieri per facilitare e proteggere i bambini che volessero entrare. Alessandro Vanotti è un uomo istruito, laureato, di agiata famiglia, imparentata con molti dei più ricchi proprietari terrieri della zona. La sua stessa famiglia possiede molti ettari di campi e cascine sul territorio locale. Si denota però in lui una freddezza nei rapporti umani e un certo distacco nel trattare con questi cittadini, per lo più contadini, con i quali non riesce ad instaurare un dialogo proficuo, non entra in sintonia con loro.

Compaiono anche manifesti intimidatori nei confronti delle famiglie che intendono mandare i figli a scuola: si minaccia di incendiare stalle e pagliai. La notte del 10 novembre, un attentato causa l’incendio di cataste di legna ammassate fuori dalle cascine di due famiglie, fortunatamente senza troppi danni. A quella data, la scuola è frequentata dalla quasi totalità degli iscritti, salvo poche assenze per classe. La notizia però suscita scalpore e apprensione, la mattina del giorno dopo si presentano a scuola meno di 10 alunni su un totale di oltre 100. Numero di assenze che rimane costante per 2 settimane.

Per risolvere la pericolosa piega che stanno prendendo gli eventi, il sindaco sollecita alla Prefettura e al Provveditorato una soluzione per l’asilo, pensando così di sedare la contestazione. Le autorità replicano che non è possibile legalmente, perdurando le manchevolezze non sanate. Vanotti chiede allora al prefetto un’ indagine di polizia per individuare gli attentatori e i sobillatori, allegando tutti i manifesti e le lettere minatorie ricevute. Viene inviato un commissario ad indagare nel borgo, che non riesce però a dare una identità ai colpevoli delle minacce, oltre a non evidenziare nessuna prova della presenza di sobillatori.

Stemma raffigurante la chiesa di Cassina Nuova

La distribuzione dei pasti nella mensa scolastica in un’illustrazione di inizi ‘900 

Manifesto Pubblicitario Fernet Branca

Manifesto Pubblicitario FIAT

La copertina del primo numero del Corriere dei Piccoli, pubblicato il 17 gennaio 1909

Nel contempo, il sindaco invia a tutti i capifamiglia una lettera, con obbligo di risposta firmata, per ricordare che il rispetto della frequenza è sancito dalla legge “Istruzione Obbligatoria artt .4 e 5 e che le assenze sono giustificate solo per ragioni di malattia o distanza superiore a 2 km dalla casa alla scuola”, precisando che quelli che non si adegueranno al dispositivo di legge saranno denunciati alla magistratura. I capifamiglia rispondono tutti nello stesso modo: “non mando i figli a scuola per paura di subire incendi al pagliaio e al fienile”, alcuni aggiungendo, “come già subito”. La situazione non cambia, la scuola è frequentata giornalmente solo da 5,6 allievi, più le due maestre sempre presenti, le signore Rosa B. e Virginia (G? o C?). A metà dicembre, fermo restando lo sciopero, il prefetto sollecita il sindaco a procedere nel denunciare alla magistratura i padri che tengono i figli a casa.

Alessandro Vanotti si mostra titubante nell’applicazione di questa decisione, teme che il magistrato possa, alla fine, giustificare i genitori, viste le minacce subite, e così rischierebbe di perdere autorevolezza, inimicandosi non solo i cassinanovesi ma anche tutti gli abitanti di Bollate. Auspica, in cuor suo, che lo sciopero finisca per stanchezza dei genitori. Tuttavia, di fronte all’ennesimo sollecito del prefetto, non può fare a meno di inviare i nominativi dei padri ribelli al magistrato. Col trascorre delle settimane la tensione tende ad allentarsi, non compaiono più lettere e manifesti intimidatori. Giorno dopo giorno, il numero degli alunni che rientrano a scuola cresce fino ad arrivare a più di 50 ai primi di aprile. Il rientro è soprattutto favorito dall’inizio della stagione dell’allevamento annuale dei “cavaler”. Le donne non vedono l’ora di affidare i figli alle maestre per buona parte della giornata , sgravandosi così di una incombenza. Il clima generale si sta lentamente rasserenando, tanto che il sindaco chiede di ritirare il contingente di carabinieri.

“Dura minga! non può durare”

In sintonia con un celebre Carosello della china Martini negli anni sessanta, la normalità dura ben poco. Infatti la“china”degli avvenimenti prende una piega sempre più ripida verso l’inevitabile. All’inizio di maggio, un attentato notturno provoca l’incendio del pagliaio di una casa. A fatica viene spento ed evitato il propagarsi all’abitazione. La scarsità di acqua rende ancora più difficile le operazioni di spegnimento. Come immaginabile conseguenza, il giorno successivo quasi più nessuno va alle lezioni fino alla fine dell’anno scolastico. Il sindaco, deluso dagli avvenimenti, che forse considera suoi fallimenti politici, velatamente accusa le autorità governative di non aver dato seguito alle segnalazioni dei nomi di sospetti sobillatori, imputandolo al deprecabile lavoro svolto dall’ispettore mandato nei mesi precedenti. Anzi, richiede l’intervento di un nuovo ispettore. Ormai l’anno scolastico è perso. Naturalmente, i più danneggiati da questi accadimenti sono gli alunni, hanno perso un anno di scuola, praticamente hanno “goduto”di un anno sabbatico. Una situazione, quella venutasi a creare, in apparenza senza fine e che ha contributo a mettere in rilievo la rabbia e l’orgoglio dei cassinanovesi dell’epoca: possono far loro una citazione tratta dal film “The Post” di Steven Spielberg: “ho sempre voluto far parte di una piccola ribellione”.

 Alla fine, quale soluzione si troverà per superare la querelle dell’asilo e riportare la pace sociale? Trovato il personale adatto, sarà riaperto grazie al contributo della popolazione. Ma questa è un’altra storia.

Nazzareno Marcon

Note tratte da: Appunti per una tesi 1971-72 – Volume-“Tra l’acqua e l’erba”- Mauro Locatelli- 2021

Volume-“Cassina Nuova di Bollate- note di storia locale”- Moreno Vazzoler -1984

Bollatese di nascita, da 50 anni vivo a Milano ove opero nel settore dei prodotti chimici da 11 lustri. Coppi, Benvenuti, Rivera sono i miei campioni preferiti. Amo la musica lirica ed operistica, il riso in ogni sua elaborazione gastronomica.

Nazzareno Marcon

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora

Una vita a maneggiare notizie tra giornali, radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico, Ho fatto solo il giornalistaMilanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro Una storia su due ruote), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting). Gaudente a tavola, soprattutto in buona compagnia.  Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.
Paolo Nizzola