GIOCHI DI RAGAZZE

il terzo tempo della Shut-Up

Sorrisi sottocanestro

“L’importante è partecipare”, il motto olimpico applicato alla lettera, sta alla base dell’avventura delle Shut-Up, un terzo tempo dal color rosa, sviluppatosi negli anni Settanta e Ottanta a Bollate: un gruppo di ragazze che hanno deciso di fondere la loro passione per il basket – a quell’epoca noto ancora come pallacanestro – in una compagine che, insieme all’aspetto agonistico del gioco, fondesse passione, amicizia, spirito di squadra. Più che i risultati dell’albo d’oro, a giochi fatti, a contare maggiormente sono stati la soddisfazione e l’orgoglio di aver preso parte ad un’ esperienza spontanea e coinvolgente al tempo stesso, che ha consentito di vivere un momento entusiasmante, di divertirsi e di rappresentare un fattore di crescita umana, tanto da trasformarsi in un qualcosa che resta dentro, di indimenticabile, anche a distanza di decenni.

SHUT-UP STORY

Non solo softball. Negli anni ’70-’80, la città ha visto crescere e diffondersi anche il basket femminile, con la nascita di una squadra dal nome strano che però era tutto un programma: Shut-Up Bollate.

Shut-Up, “stai zitto”: il nome, proposto da Chiara, voleva significare ‘chiudere il becco’ a tutti coloro che pensavano al basket femminile come a uno sport di minore presa sul pubblico e di minore potenza. Nome che al Comitato Lombardo del CONI-FIP, dove più che inglese, si parlava milanese e veniva storpiato in “sciavàt” o “ciaparàt”, a seconda dei giorni. Ma in via Piranesi c’era sempre accoglienza e simpatia per le ‘ragazze’ che venivano a iscrivere le squadre ai Campionati. La Shut-Up è stata probabilmente la prima società bollatese che ha militato nei Campionati femminili CONI-FIP (la squadra di pallacanestro dell’oratorio femminile, l’Excelsior, disputava il torneo CSI).

L’area giochi del parco di via IV Novembre di fronte al ristorante Versilia (Archivio Origgi/Mesini)

Il campo di basket del parco giochi  di via  IV Novembre, sul quale si allenavano nella stagione estiva le giocatrici della Shut – Up. Anni Settanta (Archivio Origgi/Mesini)

La compagine nasce un giorno di quasi 50 anni fa. 

La prima squadra comprende una dozzina di giocatrici, tra i 15 e i 25 anni, e si iscrive al Campionato di Prima Divisione FIP. Ha due allenatori (Alberto Omini, e l’amico Giovanni Battezzati, che ricordiamo con affetto) e un preparatore atletico (Isidoro Marini).

La società si finanzia con l’autotassazione di tesserate e dirigenti, e con la vendita di gadget offerti dai primi sponsor. Lo spirito è dilettantistico nel senso più puro e decoubertiano: tutti danno il loro contributo dividendosi i compiti, e insieme ci si diverte tra pizzate, partite al cardiopalma e scherzi negli spogliatoi.

La società cresce in fretta: dopo qualche anno ha oltre 50 tesserate, si sviluppa il settore giovanile e si formano le squadre Juniores, Allieve e Ragazze; lo staff degli allenatori si amplia e si aggiunge Vania Meroni.

Formazione del 1974

Formazione del 1983

Ricevuta iscrizione campionato allieve 1977

Le partite sono appassionanti, sostenute da un tifo scatenato: ai tempi non c’era l’obbligo delle transenne tra pubblico e campo di gioco e, nella palestra di Cassina Nuova, la distanza dal campo era quasi inesistente; così spesso bisognava difendere arbitro e giocatrici dagli ardori bollenti dei tifosi. 

Epici gli scontri con i vicini del CCSA di Arese e col Novate, formazione nella quale militava una giocatrice che nella vita faceva il vigile urbano ed era temutissima sul parquet così come in strada! Addirittura impari la sfida col GEAS Juniores di Sesto San Giovanni, dove giocava la sorella della campionessa Mabel Bocchi: la Shut-Up fece praticamente da sparring-partner, riuscendo eroicamente a segnare ben 12 punti (non diciamo il punteggio del GEAS!). Tuttavia, la voglia di non mollare non veniva mai meno, nemmeno nelle peggiori situazioni!

Fasi di gioco di una partita casalinga,  disputata nella palestra della scuola di Cassina Nuova

Nello sport, come nella vita, i successi sono anche un onere: arriva il momento in cui una società per crescere ancora deve fare un salto superando la dimensione dilettantistica, altrimenti è destinata a deperire. Così, alla fine degli anni ’80, non essendo attrezzata per raggiungere obiettivi superiori, un pò per volta, chi per motivi di lavoro, chi di famiglia, chi per l’anagrafe, ha perso i pezzi ed è stata costretta a chiudere. Un’esperienza che però non è finita nel dimenticatoio anzi, ha lasciato, oltre che ricordi indelebili, anche grandi amicizie e la consapevolezza di aver costruito nel territorio bollatese una bella storia di sport e allegria.

Daniela Barbera

Foto gentilmente concesse da Daniela Barbera

Il nostro terzo tempo

Le mitiche scarpe All Stars di Cristina

C’era una volta, agli inizi degli anni ’70, un gruppo di amiche, appassionate di basket, desiderose di formare una squadra.

– Ciao, ti piacerebbe giocare a pallacanestro?

– Guarda, c’è una ragazza “alta”, chiediamolo anche a lei. Girando per Bollate cercavamo di reclutare più ragazze possibile.

A poco a poco ,la squadra si è formata e ci allenavamo al campo dei giardini pubblici di via Fratellanza (dove ora c’è la Telecom). Settimanalmente ci autofinanziavamo per acquistare: palloni, divise e tutto il necessario per giocare. Al momento di iscriverci al Campionato FIP, ci siamo spostate a Cassina Nuova dove si trovava l’unico campo regolamentare, nella palestra delle scuole di via Como; qui per tanti anni ci siamo allenate e abbiamo disputato campionati e tornei. Con il nostro arrivo, tante ragazze della frazione si sono unite al gruppo e cosi , oltre alla prima squadra, se n’è formata una juniores e poi una di allieve. Durante le varie gare, i cassinanovesi ci sostenevano e incoraggiavano. Nel periodo delle “ Domeniche a piedi”, raggiungevamo Cassina Nuova in bicicletta e così il riscaldamento era già fatto. Adesso, quando ci si incontra per Bollate, non manchiamo mai di rievocare i bei momenti gioiosi e pure faticosi vissuti insieme. Alcune delle amiche, che hanno reso possibile questa nostra avventura, non ci sono più, un caro pensiero, colmo di gratitudine, lo rivolgo alla memoria della cara Maddalena Gnocchi.

L’ esperienza della “Shut- Up “è stata importante nella mia vita e anche ora che le ginocchia scricchiolano, appena rievoco i ricordi, il cuore batte più forte!! Ah, dimenticavo, comunque nella mia scarpiera ci sono ancora le mitiche “ALL STAR “.

Cristina

Quando ero piccola volevo giocare a pallone. Avevo solo 10 anni e passavo i pomeriggi nei campetti vicino a casa a giocare con i maschi più grandi di me. Ma, negli anni ’70, il calcio femminile era poco diffuso (bisognava andare a Milano) e i desideri dei figli erano meno considerati dai genitori, così non mi stupii quando mia mamma mi propose di iniziare a giocare a basket.

E cosa era il basket??? Essenzialmente era più comodo perché, in fondo alla via in cui abitavo, erano iniziati gli allenamenti di una squadra femminile di ragazze un pò più grandi di me. E io li seguivo incuriosita.

Il basket????? Pochi lo conoscevano, io ancora meno. Ma poi scattò la passione.

Ricordo, divertita, le partite disputate in casa, con tutti i ragazzini del paese che venivano a tifarci in quella piccola palestra della scuola e poi le trasferte, la sera, nella nebbia dell’hinterland milanese, da tagliare con il coltello, per poi scoprire che l’arbitro non c’era e non aveva nemmeno avvisato e quindi la gara era sospesa. E così, tra sconfitte e vittorie, la passione è entrata dentro: solo il COVID , che ha fatto chiudere le palestre, mi ha obbligato a fermarmi. Volevo tanto giocare a pallone, ma quella palestra nella via e quella squadra con quel nome così strano (Shut Up), dove giocavo con quelle ragazze più grandi di me, mi hanno regalato la gioia di un nuovo sport.

Fu un inizio che è durato tutta la vita.

ISABELLA

Ho iniziato a giocare a basket a 13 anni dalle suore dell’istituto Santa Gemma in Bovisa. Poi, a 16 anni, mia cugina Elena mi ha chiesto se volevo giocare in una squadra, la Shut-Up a Cassina Nuova; nonostante la mia timidezza mi sono detta ok, il basket mi piace molto e quindi ci voglio provare.

Devo dire che mi sono impegnata tanto e sono felice di quello che ho dato alla mia squadra, ma soprattutto sono felice di quello che ho ricevuto da tutte le belle persone che ho conosciuto.

E’ stata una bellissima avventura che rifarei di nuovo se potessi, e sono contenta, oltretutto, perché ho trasmesso ai i miei figli l’amore per il basket, che, naturalmente, praticano. Che dire: grazie Shut-up.

LORENA

Avevo 15 anni e un compagno di classe giocatore di basket nella squadra juniores dell’Innocenti: lo invidiavo un pò, perché a quell’età e in quegli anni si viveva di ideali e di miti, che facevano dell’adolescenza un’avventura piena di emozioni. Così la sua vita mi appariva molto più interessante della mia, con gli allenamenti quasi da professionista, il campionato, i ritiri e la passione per uno sport che, fino a quel momento, per me era sconosciuto.
Poi, come per miracolo, arrivò la proposta di entrare a far parte di una squadra di basket femminile che stava nascendo per l’iniziativa di un gruppo di amiche. Una compagine nuova nel panorama dello sport di squadra giovanile di quegli anni, una società con ambizioni di serietà a tutti i livelli.
E così iniziò un periodo intenso e appassionante, nel quale il basket si impossessò totalmente della mia vita di ragazza alla costante ricerca di emozioni.
Purtroppo, non ero un fuoriclasse e, nonostante l’assiduità negli allenamenti, l’impegno e l’entusiasmo sempre profusi, non fui mai, ahimè, una pedina fondamentale della formazione, ma vissi lo stesso anni intensissimi e indimenticabili, di sogni e di vera passione.
Grazie SHUT UP!

Chiara

Quando ho fatto il mio ingresso nella squadra ero poco più di una ragazzina: non avevo alcuna esperienza di basket ma, ad essere sincera, di nessun gioco di squadra.

Tutto è cominciato perché Lorena, sorella di Enrica, mia compagna di scuola e mia migliore amica, un giorno mi ha chiesto se volevo provare ad allenarmi (così per gioco) con la squadra: e da quel giorno, per caso, è scaturita la mia avventura con la Shut up.

Benché siano passati diversi anni, il ricordo che più mi è rimasto impresso è il clima famigliare che regnava nella squadra, a partire dall’allenatore Alberto.

Pur non conoscendo nessuna di loro (se non Lorena) e nonostante non avessi mai tenuto in mano un pallone da pallacanestro, le ragazze mi hanno accolta a braccia aperte e sostenuto con molta “pazienza”. 

MARINA

Ricordo ancora quando Chiara mi ha “reclutata”, incontrandomi e costatando che l’avevo superata in altezza. Subito in palestra per i primi allenamenti con Alberto, Isidoro e il mitico Giovanni, che riuscì, negli anni, a farmi quasi fare il gancio, una delle armi per fare canestro per chi gioca nel ruolo di pivot. Il basket è un bellissimo gioco di squadra che mi ha permesso, per più di dieci anni, di divertirmi e- ricordando le lotte sotto canestro, contropiedi, falli, tiri da fuori lunetta- di avere una bellissima intesa con le compagne di squadra con le quali, in molti casi, ho stretto anche forti amicizie. Ringrazio Daniela, giocatrice-dirigente della Shut-Up, in rappresentanza di tutti quelli che hanno contribuito alla gestione di questa  effervescente società e saluto con affetto le ragazze che  ne hanno fatto parte e i pochi, ma fedelissimi, sostenitori.

RAFFAELLA

E’ sorprendente ricordare, a distanza di così tanto tempo, la fatica nella corsa agli allenamenti e l’ansia per la partita. E dopo ogni gara, qualunque fosse stato il risultato, la felicità per aver fatto parte di una squadra che ti accetta per quello che riesci a dare. Era bello soffrire sul campo, sentirsi vivi, migliorare sé stessi, superare i propri limiti, vivere lo spogliatoio e anche viaggiare, sì, viaggiare tutte insieme..

MARIA

Nella Shut-Up sono stata giocatrice, dirigente, allenatrice, e refertista nelle partite. Da allenatrice, ho pure avuto l’onore di essere intervistata perché le donne coach erano davvero poche. A riprova di quanto fossimo pioniere a quel tempo.

Ho tanti ricordi delle sfide con club prestigiosi che abbiamo incontrato, alcuni dei quali operano ancora oggi: il blasonato GEAS di Sesto San Giovanni, Carroccio di Legnano, Pentagono di Milano, Lissone, CCSA Arese. Sfide accanite, grande impegno fino all’ultimo secondo, con la soddisfazione di aver conquistato la vittoria punto su punto.

Ma la prima immagine della Shut-Up che mi viene in mente è quella di un gruppo affiatato e allegro che, dopo allenamenti e partite, si divertiva negli spogliatoi con le ‘goliardate’: capitava che dopo la doccia ti arrivasse un…gavettone di coriandoli, che restavano appiccicati per giorni. Oppure ti sequestravano i vestiti e li appendevano in cima al quadro svedese. O ancora, dopo la partita ti chiudevano negli spogliatoi.

I fuori programma erano imprevedibili, ma toccavano un pò a tutte e nessuna si lamentava: semmai si progettava la vendetta. Che finiva con grandi risate.

Daniela

Sportiva (in gioventù!), la mia prima esperienza in campionato è nel Softball Bollate. Poi vengo catturata dalla passione per il basket, e così mi dedico alla fondazione della Shut-up, che seguo per molti anni, da giocatrice e poi da dirigente-organizzatrice. Ora continuo ad organizzare gruppi ed eventi, ma dallo sport sono passata alla musica: dirigo il Coro San Guglielmo, e come socia dell’associazione Vivere Castellazzo ho organizzato rassegne corali ed altri eventi musicali, l’ultimo dei quali il concerto dell’Ensemble Baschenis nella giornata “Leonardo e il suo tempo”.
Daniela Barbera