Quando, con mia moglie Tiziana, abbiamo deciso di partecipare al corso di formazione per volontari in missione, avevamo intenzione solo di saperne di più, di approfondire le nostre conoscenze in materia. E’ successo però che, dopo i primi incontri, ci si è accesa dentro una fiammella che è progressivamente aumentata fino a diventare un vero e proprio incendio: uno stimolo, una spinta sempre più forte ad andare per vedere di persona quanto avevamo appreso. Certo, una decisione non semplice, accompagnata da tante paure. Mi chiedevo: “ma perché vuoi andare laggiù, perché rischiare di ammalarti, con tutte le malattie che ci sono in quei luoghi?”. Non riuscivo a darmi una risposta logica, sentivo però che dovevo andare, perché là avrei trovato la mia risposta. Quando abbiamo deciso di partire, favoriti pure da una incredibile combinazione di eventi positivi che hanno reso possibile l’impossibile, ho capito che non eravamo stati noi a prendere questa decisione, era il Signore che ci aveva scelto.
Così, il 1 agosto 2011 siamo atterrati ad Addis Abeba per avviare una nuova esperienza della nostra vita, una delle più belle. Ad aspettarci frate Aklilu, il nostro referente, con cui è nato subito un bellissimo rapporto, dura tutt’ora cementato da collaborazione, amicizia e stima reciproca.
Ad Addis Abeba siamo rimasti qualche giorno e abbiamo subito capito quanto quella realtà fosse diversa da come potessimo immaginarla. Città caotica, molto inquinata, povertà visibile ovunque senza bisogno di spingersi nei sobborghi per incontrarla. Insomma, un altro mondo. Dopo alcuni giorni siamo partiti per il sud e, appena fuori dalla grande città, abbiamo cominciato a vedere la vera Etiopia, quella della natura rigogliosa e dei villaggi di capanne. Il paesaggio è di una bellezza da togliere il fiato, ondulato, verdissimo: l’estate è la stagione delle piogge. Al termine di un tragitto lungo ma davvero interessante, abbiamo raggiunto la città di Soddo, capoluogo della regione del Wolayta, dove c’era la nostra destinazione finale, la missione di Konto. Gestita dai frati cappuccini, è piuttosto ampia, ben tenuta e organizzata in ogni sua parte. All’interno vi si trovano, l’Abba Pascal Girl’s School, frequentata da 800 ragazze, una scuola materna , gestita dalle suore, un laboratorio di arti e mestieri, la zona produttiva, il convento dei frati e la chiesa. Durante la nostra permanenza le scuole erano chiuse, ma erano comunque frequentate dalle ragazze della squadra di calcio che si allenavano ogni giorno . Con loro abbiamo avuto l’approccio iniziale del nostro mandato missionario. Un’esperienza, la nostra, divisa in due periodi: il primo legato alla missione di Konto, il secondo a quella di Dubbo a 35 km. di distanza.