FRATELLANZA E CONCORDIA 

Un giovanile amarcord

Il quartiere costruito negli anni Trenta che oltre alle villette comprendeva anche le Case Borroni e le graziose ville di via Concordia e via Fratellanza .

“La vita non è quella vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.

(Gabriel Garcia Marquez)

Due vie intitolate alla comunanza di sentimenti, Fratellanza e Concordia, che si intersecano con altre, più frequentate e dedicate a personaggi che hanno fatto storia, chi a livello locale, fra Cristoforo Da Bollate, chi in ambito nazionale, Giacomo Matteotti e Armando Diaz .Dentro questo puzzle viario, le due strade possono apparire quasi secondarie, semplici tracciati di collegamento urbano poiché al loro interno non ci sono attività commerciali o luoghi di socialità di rilievo, fatta eccezione, a partire dagli anni sessanta, per la costruzione delle scuole medie. Eppure in quell’anonimo e riservato nucleo di villette e piccoli edifici residenziali, inframmezzati da prati, orti, sterpaglie varie e confinanti con attività produttive e lambiti dal centro cittadino e dai binari della ferrovia, si sono manifestate espressioni di vita che hanno lasciato il segno. 

1951-1961: VIA FRATELLANZA E VIA CONCORDIA, COME ERAVAMO

Strade secondarie di poco o nullo traffico e con una sola importante attività commerciale: la Floricoltura Palma. Le due vie non sono asfaltate, lo saranno dopo la metà degli anni cinquanta. Ai margini della carreggiata e sui marciapiedi cresce abbondante l’ erba che, saltuariamente, viene falciata e poi è irrorato un diserbante, penso sia il creosoto, un prodotto riconosciuto in seguito altamente tossico e cancerogeno. È lo stesso prodotto utilizzato per il trattamento delle traversine ferroviarie, fino a quando non sarà messo al bando.

Via Fratellanza, già via Regina Elena e poi via Repubblica Sociale di Salò, è un rettilineo che inizia da via Matteotti, di fronte al panificio nei pressi della Corte dei Tizzoni, per finire, fino alla fine degli anni cinquanta, all’imbocco di via Cristoforo da Bollate. Con la costruzione, negli anni sessanta, della scuola media, intitolata a Leonardo da Vinci, verrà fatta proseguire fino a via 4 Novembre.

(Mi domando: perché si non è pensato di ripristinare il nome precedente, la regina Elena fu una personalità stimata, alcune città hanno ancora nella toponomastica questo nome e a Milano esiste la clinica a Lei dedicata).

Via Fratellanza nel 1949. Sul lato sinistro, il cancello di casa Palma, in fondo, sulla sinistra, casa Nava. Foto gentilmente concessa da Nazzareno Marcon

Via Fratellanza verso via Matteotti, sul fondo la corte dei Tizzoni, sulla destra, le abitazioni Colombo e Guastalla- 1949- Foto gentilmente concessa da Nazzareno Marcon

L’angolo tra le vie Fratellanza e Cristoforo da Bollate . 1949 Foto gentilmente concessa da Nazareno Marcon

A sinistra, via Concordia verso via Sartirana- anni Ottanta . Foto Antonio Aquino. A destra, la latteria Cortesi di via Concordia, in questo angolo ,in estate, erano posizionati tavolini per consumare gelati e granite prodotti in loco. Anni Ottanta. Foto Antonio Aquino.

La strada rimane sterrata fino alla fine degli anni cinquanta. A sinistra, numeri dispari, fino all’incrocio con via Concordia si trova il lato della casa Colombo, con ingresso in via Matteotti, in seguito verrà edificata, a fianco, la costruzione con  sotto l’autorimessa, gestita per decenni da Federico Moroni. Quindi si lambisce il lato corto di una villa, con ingresso carraio, mentre il pedonale si trova in via Concordia. In questa casa abitano un medico, il dottor Tonti, e l’ex sindaco Beretta, sul tetto vi staziona una civetta a mo’ di guardiano. Il lato destro invece, sempre fino all’incrocio, è occupato dalla parete laterale di casa Nava, senza ingresso e dall’attiguo terreno cintato, in alcuni anni anche coltivato a granoturco. Dopo l’incrocio troviamo, nel lato sinistro, villa De Vincentiis, villa Giorgi e il giardino della casa che ha l’ingresso in via Cristoforo da Bollate.

Villa De Vincentiis, costruita negli anni venti su tre piani, ha un ampio giardino sul lato di via Concordia, mentre lungo il lato principale ha una siepe costituita da innumerevoli ortensie, con alla fine una magnolia alta come la casa, almeno 10 metri. Il giardino vero e proprio è costituito da piante da frutta (prugni, caco, pesco, noccioli) e da piante ornamentali quali serenelle, rose antiche, una stupenda aucuba e, naturalmente per una villa anni venti, un bersò di uva americana , oltre a un alto ed ingombrante pino. Il proprietario è l’ingegner De Vincentiis, dirigente della Edison Volta di Milano. E’ stato anche Commissario Prefettizio di Bollate. Vive con la figlia Adele, insegnante in privato di francese. A fianco c’è la villa del maestro Giorgi e poi il giardino della casa con ingresso in via Cristoforo da Bollate. Sul lato destro si trova un edificio ad U :un lato in via Concordia, il lato centrale in via Fratellanza -i civici 8 e 10-, il terzo lato è confinante con il cortile e il caseggiato del civico12. Quest’ultimo è un edificio con un cortile delimitato da un’ ala che da sul civico 10. Di seguito corre un corridoio, di pertinenza del civico 12, adibito a stenditoio, più avanti c’è casa Palma. 

A sinistra, il quartiere residenziale costruito nei primi anni Trenta. A destra, una suggestiva immagine invernale della via Concordia sotto la neve – Metà Anni Sessanta

Il palazzo di via Sartirana costruito nei primi anni Sessanta dopo l’abbattimento delle corti che si affacciavano sulla via – 1968

Un angolo del Cantun Sciatin – 1968

Spazzino municipale all’opera. Sullo sfondo l’Asilo Maria e la via Concordia. Primi Anni Cinquanta Foto Origgi – Archivio Comunale Immagini e Memoria

Alla fine della strada si apre il cancello d’ingresso della floricoltura. I cortili dei civici 8, 10 e 12 sono in cemento, rialzati dal piano marciapiede. In fondo ai cortili ci sono i lavatoi. Escludendo il floricoltore, non ci sono attività commerciali visibili, salvo una parrucchiera, una sarta e una magliaia che lavorano però tutte e tre in casa. La via finisce dove inizia a sinistra via Cristoforo da Bollate. Di fronte c’è invece un cancello che porta a un terreno coltivato e, a destra, un sentiero tra rovi, ortiche, forasacchi che conduce a un ingresso secondario del Cantun Sciatin, di fianco a un cestaio. Curvando a destra il sentiero prosegue, più pulito e senza rovi, costeggiando degli orti per arrivare in via Concordia, immediatamente dopo la curva di fronte a casa Vegetti. Questi sentieri sono la nostra foresta. Andiamo a caccia di saltamartini, di libellule, ambita è quella grande verde o verde-azzurra, di lucertole, facendo attenzione a non imbatterci nei pur presenti “ghezz”(ramarri), che ci ammoniscono essere mordaci. Prendiamo le chiocciole che subito ritirano i “cornini” e allora scatta la filastrocca,“lumaga lumaghin tira fòra i to curnin che mi …” (finale a scelta). Altra preda ambita è la splendida farfalla Venessa: ci si posiziona al sole con il braccio teso e con un fazzoletto sul palmo della mano e in meno di un’ ora la farfalla vi si posa e viene presa! D’altronde, siamo in vacanza e Il tempo non ci manca. Ogni tanto compare qualche pseudo amico più anziano (i bulli dell’epoca) che ci minaccia con un manganello, l’apice di una pianta acquatica raccolta a Castellazzo, la chiamano “pestà co” (picchia in testa). Per scherzo, ma forse non troppo, ce lo fa sentire sulla schiena. (il nome scientifico di questa pianta è typha).

Piantina con indicazione delle famiglie che vi risiedevano

Abito al civico 12 di via Fratellanza da quando sono nato, da maggio in poi si può uscire dopo cena per brevi passeggiate. In fondo alla strada, davanti al cancello, c’è un piccolo prato ove si possono vedere sia le belle di notte sia le tremolanti lucciole. Non pensate male, intendo scrivere di botanica, quei graziosi fiori rossi, e di entomologia, le “coleottere”, che a ben pensarci brillano per attirare i coleotteri maschi: c’è una certa affinità! In cielo volano ancora le rondini e più tardi, a buio completo, anche un pipistrello stanziale.

VIA CONCORDIA

Già via Principe di Piemonte, prende le mosse da via Sartirana di fronte alla mescita di vino, aceto, olio di Adele Strozzi, a sinistra il muro di cinta dell’Asilo Maria, a destra la latteria dei fratelli Cortesi, con annesso cortile, conosciuto proprio come curt del lateé, che precede il più articolato complesso del Cantun Sciatin. (Durante l’estate all’angolo iniziale della via, negli anni sessanta-settanta, verranno posizionati dei tavolini per gustare gelati e granite fatte rigorosamente in loco). Dopo 50 metri, la strada curva a sinistra per proseguire successivamente fino allo slargo con via Diaz. Terminata la leggera curva si trova in fondo la villa della famiglia Vegetti, con il vialetto interno che porta al retro dei negozi gestiti dai diversi parenti (la macelleria, Mario Nizzola, il fioraio, Alfredo Vegetti, e il mercante di stoffe e tessuti, Dante Vegetti), che si affacciano su via Matteotti, sul davanti al civico 5, c’è la storica casa dei fratelli Nizzola, costruita negli anni 20, dove nel giardino, in primavera, facevano bella mostra i fiori viola del maestoso Cercis Siliquastrum, mentre ancora oggi sono apprezzate le statue presenti nel piccolo giardino, insieme alle finestre a bifora segue il campo Nava che si allunga fino all’incrocio con via Fratellanza. 

Una rara immagine risalente agli anni Dieci  della via Matteotti, allora denominata via Umberto I°

A sinistra, il complesso condominiale denominato “Il Ciliego”, costruito negli Anni Sessanta  in via Matteotti. A destra, l’Osteria dell’Isola Vittoria di via Matteotti – Metà anni venti

Più volte al mese vengono scaricati da un autocarro manzi e vitelli da portare alla macelleria, durante lo svolgimento di questa operazione si formano sempre dei gruppetti di spettatori, io in prima fila, che stazionano però a debita distanza. Tutti ad aspettare che qualche bovino cerchi di scappare sfruttando l’accelerazione della rincorsa dallo scivolo dell’autocarro. Questo capita diverse volte, provocando un conseguente fuggi fuggi generale in una sorta di piccolo rodeo paesano.

Parte di questa strada è il nostro San Siro, non c’è pericolo di perdere il pallone nei giardini delle case private perché da una parte c’è una abitazione con finestre quasi sempre chiuse, dall’altra il campo Nava presenta larghi squarci nella rete metallica. Unico rischio è l’arrivo, in bicicletta, del Cherubini, la guardia municipale, pronto a sequestrarlo, il pallone.

Dalla parte destra di via Concordia, dopo la fine del caseggiato del Cantun Sciatin, all’altezza della curva, c’è un ultimo orto, quindi un sentierino che porta a un caseggiato singolo fino all’incrocio. Oggi questa porzione di via è ridotta ed è diventata pedonale in quanto occupata dal complesso del nuovo Palazzo Comunale. All’epoca, sul muro dell’asilo vi erano degli anelli metallici, distanziati di circa un metro tra loro, servivano per assicurare gli animali in occasione della fiera del bestiame. (Oggi non ci sono più, è stato un peccato cancellare questo piccolo ricordo del paese agricolo).

Un giovane Massimo Nizzola all’ingresso del negozio di macelleria di famiglia in via Matteotti.  Fine anni Quaranta

L’Edificio Comunale in una immagine del 1956

Dopo l’incrocio a sinistra c’è l’edificio con un prato iniziale e giardino finale, con due grandi alberi, che occupa tutto il lato fino allo slargo finale (l’attuale complesso residenziale, denominato “due cedri”, realizzato tra il 1960 e il 1962). Vi abitano due famiglie, più precisamente una dei co-proprietari di un’ azienda locale, famosa a livello internazionale, l’altra con una singola residente, la signora Alice Rossi, moglie o vedova di un industriale di Bologna, fondatore, negli anni venti, della Ebano Calzanetto, ditta produttrice di lucidi da scarpe. Vive sola, ha un figlio che raramente si vede, lo si sa presente quando l’auto di grossa cilindrata, targata Bo, è parcheggiata sotto gli alberi.

La signora Alice già nel 1954 possiede un televisore, autentica rarità per Bollate essendo uno dei pochi esemplari in circolazione in tutta Italia: le trasmissioni ufficiali della rete televisiva nazionale hanno preso il via proprio il 3 gennaio di quell’anno. Per avere un po’ di compagnia spesso, di pomeriggio, chiama dal balcone noi sfaccendati ragazzini bighellonanti in strada per invitarci a vedere i programmi diffusi. Sfruttando una di queste opportunità riesco a vedere una partita dei campionati mondiali del 1954: Svizzera-Italia, con un risultato disastroso per noi (sconfitta per 4-1) e altri programmi, tra cui un indimenticabile “Processo a Socrate”, per noi di una noia mortale.

Sul lato destro, dopo villa De Vincentiis, c’è quella più piccola abitata dalla famiglia di Rodolfo Grassi, noto come “el ferrarin”, gestore di un negozio di articoli elettrici in piazza San Francesco. Di seguito c’è un cancello che porta a una stradina lastricata in porfido e con ai lati due file di alberelli di ibisco: è l’ingresso della villa degli Zappa, titolari di un’ avviata tipografia.

Ci si imbatte poi nel primo edificio del complesso denominato case Borroni, un composto architettonico unico, ideato dal commendator Eugenio Borroni, titolare dell’omonima fabbrica di colle e gelatine sita in via Matteotti, per garantire un alloggio vicino al luogo di lavoro ai dipendenti. In totale sono quattro edifici, di cui tre ubicati in via Diaz. Queste case sono composte da due ingressi autonomi, con sei appartamenti ciascuno. Davanti a loro c’è uno slargo triangolare dove, da destra, comincia via Diaz , con una strettoia a monte che porta ad uno slargo quasi equivalente. In pratica formano una clessidra scentrata. Questo spazio, fino ai primi anni sessanta, è la sede di gran parte dei nostri giochi e dei nostri incontri. Nelle case Borroni abitano tanti ragazzi e ragazze, ben sei della mia età, oltre ad altri più anziani o più giovani.

Interno del giardino della Fabbrica Borroni in una cartolina degli anni Sessanta

Il Commendator Eugenio Borroni-1963

Via Diaz, angolo via Concordia, in una cartolina fine anni Cinquanta

Un ricordo particolare per Laura, scomparsa ancora giovane e già moglie e madre. Tra i residenti delle case Borroni c’è un’ insegnante, traduttrice dall’inglese, la professoressa Brugiotti, lavora per un’ importante casa editrice. Un paio di volte mi ha chiamato, con un amico, per leggere alcune pagine di un libro, mi sembra di Stevenson, riguardante la descrizione di un veliero, che lei stava traducendo. Al primo piano lavora anche un sarto da uomo, il signor Farioli. Il lavoro a domicilio è parecchio diffuso, ci sono anche una parrucchiera e un artigiano produttore di bambole, che ha però il laboratorio a Milano.

Sul lato opposto,verso la fine della via, c’è una villa, con ampio giardino, abitata da un commercialista. Negli anni ottanta sarà abbattuta per far posto a uno stabile di proprietà dell’ex sindaco Elio Aquino.

I RESIDENTI

Nel 1951 in via Fratellanza abitano non più di 120 persone, in via Concordia pochi di meno. L’edificio al civico 12 di via Fratellanza, è stato costruito poco prima della guerra alla metà degli anni trenta. Le famiglie che vi abitano sono tutte di recente formazione, non ci sono dei maggiorenni (allora21 anni) tra i 15 ragazzi presenti, il più grande ha 15 anni e il più giovane 3. L’edificio dei civici 8 e 10 è di costruzione più vecchia, ma la situazione anagrafica è analoga. Nella casa dove abito, salvo la madre di un mio amico e una signora che opera in casa, sono solo gli uomini che lavorano. Ci sono impiegati parastatali, operai e un artigiano, Florindo Mariga, che produce stufette elettriche, in tempo di guerra in cantina, poi altrove. Nel caseggiato contiguo la situazione è abbastanza simile: un tappezziere, Bettinelli, detto “tremacua”, che esercita col figlio maggiore, un mediatore di affari e alcuni dipendenti dell’Alfa Romeo e della Manifattura Tabacchi. Una signora lavora in casa come parrucchiera, un’altra come sarta. In un tale contesto urbano, durante il giorno non ci sono molti movimenti in strada, ad eccezione dell’arrivo, a giorni prefissati, degli ambulanti. L’ortolano si annuncia gridando “fresch e bèla”; il venditore di soda, il mitico Hopes, con un carro trainato da un cavallo si fa precedere dal suono di una trombetta cui segue il richiamo urlato,“lisciva e savun”. Mensilmente passa l’arrotino, con la bicicletta convertibile in rettificatrice- affilatrice. Più raramente passa un venditore di stoffe che, entrando nel cortile, grida “pelle d’uovo”, portando in spalla pezze di stoffa bianca. Mi è rimasto in testa questo grido: mi domandavo, essendo in età prescolare, come si potesse ottenere della stoffa usando la pellicina delle uova sode, quella attaccata al guscio. Altri “visitatori” sono i medici condotti per le visite alle famiglie: Il burbero dottor Ratti, il gentile e sempre disponibile dottor Argenteri. C’è anche un altro medico, con il quale non ho mai avuto a che fare, il dottor Cei, dicono, tra l’altro, essere un ottimo pianista. Non voglio dimenticare le levatrici ed infermiere, la signora Piera, sempre in giro in bicicletta, e la signora Letizia.

Il burbero dottor Edoardo Ratti

Il gentile e sempre disponibile dottor Antonio Argenteri.

I GIOCHI DA CORTILE E DA STRADA

Il via Fratellanza siamo in pochi ragazzi, i miei amici sono la coetanea Rosa, nata un giorno prima di me, Oscar Mariga, fratello di Ines, coetaneo come Maurizio Amadesi, Antonio Kunduragian, Gianmario Pasi, Antonio Pastore, Anna Brevi, Teresa Tangari e Carlo Doniselli, oltre ai più anziani Guido Toja, uno dei primi giocatori di baseball in paese, Nino Brugiotti, Maura Bardelli, Graziella Ricci (sorella di Vittorio, futuro speaker del baseball locale approdato in serie A, scomparso purtroppo in giovane età) e il baby Claudino Toninelli.

In età prescolare per lo più si gioca in cortile a palla o con i “tollini”, i tappi di latta a corona di birre e bibite in genere. Si disegna una pista col gesso e poi si spingono i “tollini”, così come si farà più tardi con le biglie , sfruttando lo scatto dell’indice liberato dal pollice.

Passiamo poi alle automobiline, sempre di latta, utilizzando le piste disegnate. Queste macchinine sono vendute dal negozio del “piattaio” di vicolo dei Romani. Sono prodotte sul modello delle allora auto da corsa, con la carrozzeria a fuso e con le ruote esterne. Per qualche mese usiamo anche dei modellini in plastica senza ruote, ma con una biglia di acciaio al loro posto. Presto vengono abbandonate perché non gestibili per le gare, non si riesce a dar loro le corrette direzioni. Queste macchinine sono degli omaggi della Invernizzi (la griffe dell’epoca di latticini vari), le ricevo acquistando i formaggi dal salumiere Vaghi, con negozio quasi all’angolo con via Vittorio Veneto. Poi si gioca anche con le biglie, prima con quelle grossolane di creta, successivamente con quelle bellissime di resina o vetro e con inserti di mezze lune coloratissimi. Costruiamo le piste scavando la terra della aiuola centrale. Questi sono giochi prettamente per i maschi, così quando ci sono pure le bambine passiamo a “bandiera chiamata”, da noi detta svizzera, chissà perché, o a “campana”. Le bimbe, imbattibili, vincono sempre. Si gioca a carte, a “peppa tencia” o con le carte pubblicitarie della CIBA, chiamate “Bugia”, con i disegni di Fuoco, Fumo, Acqua e Vento. Con le bambine giochiamo spesso a “nascondino”, sfruttando le scale, le cantine puzzolenti, il lavatoio. Pochi anni dopo, e solo per i maschi, approdano i primi giochi d’azzardo, utilizzando le figurine come moneta. Il Sette e mezzo è il gioco classico, con il fatidico urlo, “pass paga doppi domà per ti” ,rivolto al mazziere quando il giocatore scopre un emblée (inteso come massima combinazione con due carte dello stesso seme o con la matta). Le figurine sono per lo più raffiguranti ciclisti, calciatori o animali e provengono da più fonti: da raccolte o da inserimenti pubblicitari presenti in varie prodotti come tavolette di cioccolato, confezioni di formaggini, mentre le pregiate figurine dei dadi Liebig appartengono alla schiera di quelle da collezionare sui relativi album. Nel 1952 la casa editrice Lampo pubblica la raccolta degli animali, figurine quadrate dentellate come se fossero dei francobolli. Conservo ancora l’album completo. Solo sul marciapiede o in strada si gioca con le “bocce”, non quelle classiche, ma con dei sassi il più possibile piatti, le piastrelle sono vietate. Si disegna un cerchio in terra con un bastoncino, al centro si ammucchiano le figurine messe in palio, assicurate con un sassolino, e a turno si lancia la propria boccia per cercare di far uscire le figurine dal cerchio.

Album delle figurine

Collezione francobolli riguardanti gli animali – foto gentilmente concessa da Nazzareno Marcon

IL CAMBIO DI STRADA

Nel 1954 mi sono trasferito nella vicina via Concordia, cambiando anche la compagnia di amici. Furoreggia il gioco della bandiera, ma non quella chiamata, bensì una sua variante, utilizzando tutto lo slargo finale della strada. La composizione delle squadre si ottiene con le filastrocche, le ragazze, non sono più bambine, preferiscono le più raffinate“a ulì ulè” o “tre civette sul comò”, i ragazzi invece sempre e solo “la conta fino al 27”, recitata rigorosamente in dialetto milanese. Il gioco preferito rimane il calcio: basta un pallone, grande o piccolo che sia, due giocatori minimo e, senza pudore, mettendo in pratica la lirica di Ruggero Leoncavallo, “andiam incominciate”. 

(Piccola curiosità: nei primi anni Cinquanta ci fu un’ invasione di coleotteri provenienti dalle patate, insetti infestanti tuttora presenti. Furono inizialmente importati con gli aiuti del piano Marshall. Coleotteri estremamente dannosi, caratterizzati da un dorso a strisce bianche e nero/grigie. Si catturavano facilmente e ci consentivano di organizzare delle gare di corsa come se fossero dei cavalli. Venivano pungolati con dei bastoncini per farli camminare fino al traguardo. Tralascio l’esito finale, potete immaginarlo).

I PERICOLI

Non c’è traffico di veicoli, al massimo qualche bicicletta o Mosquito o Aquilotto, ciclomotori in voga a quei tempi. Si può giocare liberamente in strada a ogni tipo di gioco, la palla, le biglie, rincorrendosi a guardia e ladri. Andiamo da soli a scuola già in prima elementare. Oltre ai temuto vigile urbano Cherubini, che in realtà fa bonariamente il proprio dovere e ci restituisce poi quasi sempre, sottolineo il quasi, i palloni sequestrati, e ai bulli reduci da Castellazzo, armati di “pesta co’, c’è un terzo pericolo, più subdolo, rappresentato da un famigerato individuo famoso e di pessima nomea, noto in tutto il paese per essere molto “amante dei fanciulli”. All’epoca questa delicata situazione è stranamente sottovalutata dagli adulti. Solo i ragazzi più anziani, con il classico passaparola, ci mettono sull’avviso di tenerlo a debita distanza e di rifiutare ogni possibile contatto, non concedendogli alcuna confidenza. Era solo uno, chissà ? Il suo nome? Meglio il totale oblio.

L’agente della polizia municipale Giuseppe Cherubini, in piazza san Francesco, posa davanti ai regali donati dai cittadini in occasione della Befana del Vigile Urbano – 1968

I PERSONAGGI: Il FIORISTA PALMA

Abita alla fine di via Fratellanza, una villetta, alcune serre e un ampio terreno coltivato a fiori e pieno di vasi con piante. Lo vedo spesso andare e tornare dalla panetteria di via Matteotti. È una persona anziana, burbera, brontola sempre. Col senno di poi a buona ragione: noi bambini che giochiamo in strada non rispettiamo l’urlo “a rimorta”, che prevede di fare una pausa per far passare pedoni, biciclette e qualche raro mezzo mobile. 

(Ricordo che, quando avevo 5-6 anni, dalla finestra della mia camera lo osservavo preparare le corone funebri. Lavorava all’aperto, infilzando un fiore alla volta, rose, garofani e altri, su una forma di legno e paglia, prendendo la mira dopo aver fatto alcuni passi indietro. L’intera operazione era accompagnata da vivaci e colorite esclamazioni, un fiore, un’ esclamazione a voce alta). 

IL PROFESSOR RHO

Cognato della proprietaria De Vincentiis, passa spesso dei fine settimana nella villa di Bollate. È un noto docente in lettere dell’Istituto Leone XIII di Milano. Tra i suoi studenti anche il senatore Mario Monti, che lo descrisse in un suo articolo giovanile. È noto anche in paese, tanto che alcuni liceali bollatesi, quelli che se lo possono permettere, e alcune studentesse delle magistrali prendono ripetizioni a casa sua, all’Ortica di Milano. Gira voce che il costo delle lezioni sia particolarmente salato (da sal-salis, III declinazione latina). Il professor Rho ha scritto anche un romanzo dal titolo “Lo scolaro P”. Lo aveva dato, sotto forma di manoscritto, a mio padre per avere un commento: non so se è stato mai pubblicato.

IL MAESTRO GIORGI

Insegna all’Istituto San Carlo di Milano, frequentato anche da ragazzi bollatesi. È da tutti riconosciuto come un ottimo maestro. Lo vedo spesso ad orari fissi tornare dalla stazione verso casa. Non ricordo di averlo mai visto in strada per altre occasioni. Quando frequentavo la terza media andai da lui, assieme ad un amico, per delle ripetizioni di italiano. Rammento che, dopo aver letto i nostri striminziti componimenti, prima di correggerli, recitava sempre una strofetta: 

 A magna pocc pocc – Se diventa fiacch fiacch – Me senti stracch stracch

Inoltre, per invogliarci a migliorare gli scritti e a metterci più fantasia, finiva la lezione con un raccontino. Uno di questi aveva come protagonisti un fanciullo, la mamma e della frutta, in pratica la stessa trama di un famoso sketch di Walter Chiari “Di mamma ce ne è una sola”. (Vuoi vedere che pure Walter Chiari è andato dal maestro Giorgi a ripetizione).

ENRICO ROBBIOLO

Quanto l’ho conosciuto avrà avuto 50 anni circa, insieme con l’anziano padre vive nella prima casa Borroni di via Diaz. È un appassionato fotografo, tratta articoli di bigiotteria, ma per noi ragazzi è un formidabile e paziente imitatore di suoni e versi di animali. Quasi giornalmente lo si vede camminare, con passo veloce e leggermente ingobbito, lungo via Concordia, direzione latteria, dove consuma la colazione che talvolta fa anche da pranzo. Porta sempre a tracolla una reflex e sotto braccio una borsa di pelle. Noi ragazzini perditempo lo rincorriamo per implorare, con petulante insistenza,”un verso, un verso!” Allora, senza fermarsi, si esibisce nell’arrivo del treno, nell’abbaiare del cane o l’ululare del lupo alla luna. Il Robbiolo aveva, oltre alla fotografia, due grandi passioni: la registrazione del suono delle locomotive e dei treni, lo si vedeva munito di registratore alla stazione Nord, ma in generale anche di altri suoni come le campane e i motori, e la registrazione dei concerti Martini e delle opere liriche trasmesse dalla terza rete. Aveva moltissimi nastri, tutti perfettamente catalogati.

KIM, PASTORE TEDESCO DI CASA DE VINCENTIIS.

Pur non essendo umano entra a pieno titolo tra i personaggi da citare.

Nato dopo il 1950, è un fedele guardiano della proprietà ,“gorilla” dei suoi padroni. Basti pensare che quando ci furono i funerali del proprietario, nel 1953, morsicò un maresciallo dei carabinieri in divisa perché osò stringere la mano alla figlia Adele.

Gli abitanti delle due vie non lo amano e mal lo sopportano. È pericoloso sostare vicino al muretto di cinta, subito Kim balza sulla recinzione e, abbaiando minacciosamente, cerca di mordere il malcapitato che se lo trova alle spalle.

Completamente diverso è il suo comportamento quando la padrona è assente. Kim si rintana nella cuccia, resta immobile, senza mangiare e bere anche per tutto il giorno. Tutti possono entrare nella proprietà, cani, gatti, eventualmente pure ladri e dipendenti di imprese di traslochi per svuotare la casa: nessuna piega da parte sua!

(Una mattina è stato trovato morto in giardino, avvelenato con una polpetta. Mi è spiaciuto molto perché da quando vivevo nella villa mi aveva accettato, anche senza darmi confidenza. I vicini e i passanti abituali invece hanno tirato un sospiro di sollievo, non solo per non sentire più le furiose abbaiate, ma anche per non dover più avere a che fare con il temibile digrignare di denti).

1961, ARRIVA IL BOOM ECONOMICO

È passato un secolo dall’Unità di Italia. A scuola ci regalano un libro celebrativo dell’ anniversario, vengono emessi francobolli commemorativi, al cinema si proietta un film di Rossellini,“W l’Italia”. A teatro e in tv Renato Rascel presenta “Enrico 61,” commedia musicale. Si incominciano a sentire i primi effetti del boom economico. Nel cielo di Bollate, che è” così bello quando è bello” (grazie Ale), non passa più l’elicottero della linea Milano- Lugano, qualcuno se lo ricorda? Anche la nostra compagnia cambia come la fisionomia delle strade che sono state teatro della nostra infanzia. L’ apertura della scuola media Leonardo da Vinci, l’avvio, nel 1964, dell’edificazione del palazzo in sostituzione della casa della signora Alice, hanno fatto aumentare il traffico, le strade sono ora asfaltate e vi stazionano con maggior frequenza auto parcheggiate a differenza di prima: alla metà degli anni cinquanta si potevano vedere massimo una o due macchine parcheggiate. Una era la “Isabella”, rara auto tedesca di proprietà del Guastalla, l’altra una Topolino.

Già da un po’ non giochiamo più in strada per raggiunti limiti di età. Siamo ormai quasi tutti “ciclo-muniti” e lo svago principale diventano le pedalate fino a Castellazzo o Limbiate, il circuito intorno all’ospedale.

Ci appassioniamo alla musica, quella anglo-americana: Little Richard, Elvis e soprattutto gli Shadow, con Apache e Little B. Ci ritroviamo in casa, soprattutto di Gianmario, per ascoltare i dischi o registrare dalla radio i pezzi per creare una nostra “compilation”. Presto saranno in auge le prime festicciole in casa, in particolare la domenica pomeriggio, e cominceremo a scoprire l’altra metà del cielo… Ma questa è un’altra storia.

NAZZARENO MARCON

LITTLE RICHARD   Tutti Frutti   pubblicato nel 1955

ELVIS PRESLEY Jailhouse Rock pubblicato nel 1957

THE SHADOWS   Apache pubblicato nel 1960

ETICHETTA PER JUKEBOX DEL GRANDE SUCCESSO APACHE DEGLI SHADOWS

Crediti immagini: Archivio Giordano Minora se non diversamente indicato

Bollatese di nascita, da 50 anni vivo a Milano ove opero nel settore dei prodotti chimici da 11 lustri. Coppi, Benvenuti, Rivera sono i miei campioni preferiti. Amo la musica lirica ed operistica, il riso in ogni sua elaborazione gastronomica.

Nazzareno Marcon

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora