La prima condizione per l’esistenza dei fontanili è la presenza di una falda freatica sotterranea alquanto superficiale. A Bollate era situata a circa due, tre metri dal suolo, perciò per poterla utilizzare bisognava scavare il terreno finché non iniziava a sgorgare l’acqua.
Per questo era diffuso il nome “cavo” per designare il fontanile perché, per realizzarlo, era necessario eseguire un grosso scavo Si creava cosi una specie di laghetto, denominato “testa”, dove si raccoglieva l’acqua proveniente dal sottosuolo. Veniva successivamente realizzato il canale che doveva portare l’acqua alla zona da irrigare, chiamato “l’asta”. Dapprima profondo come la testa poi ,man mano che si procedeva verso valle e l’altimetria del terreno decresceva, diventava sempre più superficiale finché non diventava una comune roggia. L’insieme della testa e dell’asta, con il terreno di riporto scavato e accumulato ai lati, era localmente conosciuto come “la costa”, ambiente sempre ricoperto da una rigogliosa vegetazione arborea. L’acqua attinta dalla falda serviva per l’irrigazione. Tuttavia, contrariamente a quello che si può pensare, non era solo utilizzata in estate per bagnare i campi riarsi dalla siccità, ma anche e soprattutto in inverno!
Può sembrare un controsenso, ma in un fontanile l’acqua sgorga ad una temperatura costante di 10-14 gradi tutto l’anno quindi, quando in inverno il terreno gelava, si faceva scorrere un velo d’acqua su terreni opportunamente livellati in modo che non ghiacciassero, ottenendo così erba anche nel periodo invernale. Questi campi venivano chiamati “marcite”, appunto perché intrisi d’acqua, ed erano un gioiello di archeologia agricola. Il campo doveva infatti essere opportunamente livellato per non trattenere troppa acqua altrimenti si sarebbe trasformato in una palude, vanificando così l’effetto termico benefico della stessa. Era uno spettacolo, in inverno, ammirare questi campi verdeggianti nonostante le forti gelate o fossero ricoperti di neve.
Bellezza paesaggistica a parte, era la loro resa economica a stupire: un normale prato ben irrigato nel modo tradizionale garantiva al massimo 4 tagli di erba all’anno, con l’acqua di un fontanile, una marcita poteva arrivare fino a nove!
Con tanta disponibilità di erba e foraggio si poteva allevare molto più bestiame e non solo per la produzione di carne e latticini ma anche per il nutrimento dei cavalli, necessari per le operazioni di trasporto. L’erba era la benzina dell’epoca:
Abbiamo scritto che i fontanili sono di origine artificiale, ma in che periodo furono realizzati?
Dare una risposta a questo quesito è piuttosto difficile, anche se si ha notizia che nel periodo etrusco-romano le acque erano utilizzate (sgorgando naturalmente davano origine a terreni paludosi) più con funzione di bonifica idraulica che per usi irrigui. Per lo scavo dei primi veri e propri fontanili come quelli di oggi, bisogna aspettare dopo l’anno mille quando, ad opera delle grandi proprietà terriere e delle comunità monastiche, l’agricoltura cominciò a riprendersi dai secoli bui del medioevo. Possiamo perciò far risalire a questo periodo lo scavo dei primi rudimentali fontanili ad uso agricolo. Già verso il XV secolo la loro importanza era diventata tale da modificare l’economia milanese, dando origine ad un’agricoltura tra le più avanzate dell’epoca.