ERAVAMO I TEPPA

Volevamo fare gli americani

Una spiritosa immagine del gruppo dei teddy boys bollatesi, davanti alla banca che si trovava in piazza San Francesco, angolo via Roma – Per gentile concessione di Franco Dotti 

Erano gli anni Cinquanta, quelli della rinascita post bellica,  del baby boom, della rapida  trasformazione da società contadina a società consumistica. In questa atmosfera di transizione socioculturale, irrompe il fenomeno giovanile dei teddy boys, con la  sua voglia di trasgressione, di cambiamento dei costumi , di  nuovi tipi di divertimento. Un fenomeno di importazione statunitense, raffigurato al cinema nel film “Jailhouse  Rock – il delinquente del rock’ n roll”, interpretato da Elvis Presley, personaggio che diventerà icona, espressione di una tendenza presa a modello proprio per la sua carica rivoluzionaria.  Un abbigliamento alternativo, compaiono i blu jeans con tanto di risvolto, le magliette a righe, i giubbotti in pelle, i capelli impomatati di brillantina; nei bar spuntano moderni oggetti di culto come juke box e flipper; in campo musicale i cosiddetti urlatori fanno il verso al rock and roll, soppiantando le romantiche melodie dell’epoca. Nomi come Tony Dallara o Joe Sentieri, diventano protagonisti. Addirittura un giovane Adriano Celentano fece scalpore a Bollate: una domenica d’estate del 1957 tenne un concerto nel cortile del tabaccaio di via Roma, in un locale affrescato da un giovanissimo artista di nome Paolo Fabbro. Un’esibizione talmente esaltante che uno scatenato spettatore disse agli amici, “da stasera non sono più Luigi, chiamatemi Johnny”.

Era il sogno americano che faceva breccia tra i giovani bollatesi, ben sintetizzato nei versi della celebre canzone di Renato Carosone

“Tu vuo’ fa’ l’americano…ma sì nato in Italy … Tu abballe’ o’ rocchenroll,  tu giochi a baisiboll.. ’”.

Erano i nostri happy days.

Era la stagione dei “teppa”

Paolo Nizzola

Elvis Presley nel film il delinquente del rock and roll

Manifesto del film la dolce vita di Federico Fellini, uscito nelle sale 5 Febbraio 1960 – Manifesto del film scandalo al sole – Billy Haley, interprete di rock around the clock, inno della generazione dei teddy boys

C’erano una volta i Teddy Boys

e quel romanzo dimenticato di Pasolini

Anche nelle strade e nei bar di Bollate – che nei pomeriggi dei tardi anni Cinquanta si animavano di gioventù smaniosa di divertirsi – comparvero alla fine i teddy boys.  Chi erano? Erano ragazzi che avevano superato i confini dell’adolescenza per sognare la ribellione trasgressiva dei costumi in puro american style. Quello che, alla vigilia dei luminosi Sixties, aveva dato vita a una generazione di ribelli senza causa che avevano fatto della loro elegante marginalità il marchio di fabbrica dell’essere giovani, belli e ineffabilmente cool, alla moda, dall’abbigliamento inconfondibile. Un modo di essere che arrivò anche da noi, tanto che Pier Paolo Pasolini – nientemeno che il più importante “fomentatore” di cultura del dopoguerra, in Italia – nel 1959, in pieno boom economico, creò una sceneggiatura sulla base di una ricerca incentrata sul fenomeno della delinquenza giovanile urbanizzata. Aveva scoperto i ragazzi di vita a Roma, e ora voleva trovarne il corrispondente nel settentrione, alle porte di Milano, la metropoli simbolo del nascente boom economico. Proprio qui, nelle periferie già anonime e ghettizzate nell’irrilevanza, lo scrittore umanista e curioso della società reale scoprì i teddy boys o, più prosaicamente, i “teppa”, come venivano  definiti nello slang meneghino, ossia  i gradassi che facevano solo finta di essere dei duri.

Copertina del libro di Pasolini LA NEBBIOSA

Pasolini venne a Milano per scrivere una sceneggiatura d’ambiente lombardo sui nostri teddy boy, ne ricavò un testo magistrale per candore e testimonianza d’ambiente e lo adattò per lo schermo col titolo di “Milano nera”, film di poco successo che poi rinunciò a dirigere. Nella sceneggiatura, che si intitolò “La Nebbiosa” e fu ripubblicata come romanzo nel 2013, la storia bollatese  si incrocia con la letteratura pasoliniana, dal momento che vi si narra – per bocca di uno dei “teppa” nostrani – delle lunghe notti brave di scorribande senza meta e senza causa – culminate con la profanazione ai danni della chiesa di Madonna in Campagna, quando alcuni ignoti (i teddy boys in questione) ne forzarono l’ingresso, di notte, per spogliarne la statua della Vergine dalla corona d’oro e alcuni anelli ornamentali. L’episodio è riportato nelle cronache del “Corriere d’Informazione” del 5-6 febbraio 1959 e nel dicembre dello stesso anno, compare a sorpresa proprio nelle pagine della “Nebbiosa” come episodio cardine del libro-documento dedicato alla gioventù ribelle dell’epoca. Episodio che fece scalpore e che portò poi  ad  una  solenne cerimonia riparatrice, durante la festa patronale della Madonna del Rosario nell’ottobre del 1959, “ poiché una mano sconsiderata in un gesto blasfemo le ha tolto la corona”, come scrisse il bollettino parrocchiale “Bollate Cattolica “ .

Ecco come il settimanale locale il Notiziario ha riportato alla luce la vicenda

Per la verità, in paese la maggior parte di questi giovani non erano affatto teppisti, erano teppa appunto. Rocchetta o bauscia che dir si voglia, ma duri dal cuore tenero. “Erano gli anni del juke-box, che suonava a tutte le ore del giorno – ricorda  Attilia Pogliani, gerente del bar-latteria di via Gramsci all’epoca – Qui venivano il Silvano e suo fratello, il Luigi che era matto per Elvis Presley e Celentano. E poi, il Peppino, simpatico, irresistibile, che faceva il barbiere qui nella via e tagliava i capelli alla moda del tempo. Li volevano un po’ lunghi davanti, con il ciuffo, e corti di dietro”.  E poi via, a ballare, magari dopo ore di officina e di bottega, con la macchina del cliente in riparazione trafugata per una notte ,i più temerari , oppure in bicicletta o in lambretta (nello stile dei mods, sempre imitando la voga americana ). Si andava nelle balere di Paderno o Cusano Milanino ,  oppure, i più scaltri e danarosi, andavano a Milano: alla birra Italia, in zona Sempione, una delle balere preferite perché si ballava su musiche a richiesta; alla pasticceria Colosseo di piazza 5 giornate; al Principe al parco Ravizza .Qualcuno si spingeva fino ai locali danzanti della interminabile via Ripamonti.  E l’avventura diventava mitica quando si  incrociava qualche palestra di boxe , dove alcuni ganassa millantavano imprese più o meno leggendarie,  o l’ingresso di un casino (più immaginato che frequentato).

Il bar Vittorio di piazza San Francesco , uno dei ritrovi dei giovani teddy boys bollatesi

I teppa bollatesi erano lontani anni luce dagli sfrontati teppisti della Milano inurbata, dalla violenza silenziosa consumata rabbiosamente tra il ponte della Ghisolfa e Vialba, dove alle balere casalinghe si sostituivano i night della Mala, alle ragazzine sotto casa, le entreneuses pericolose e già perdute, alle incursioni fuori porta, i raid vandalici nei nuovi quartieri direzionali.  I “teppa” di Bollate avevano il cuore d’oro, lasciavano il ritmo infuocato del rock and roll di Elvis  per far contenta la commessa romantica, che aspettava di mettere sul piatto del giradischi  la melodia struggente di “ Nessuna al mondo” di Peppino Di Capri.  Ma lo stile c’era, eccome, in quelle giacche tagliate alla perfezione dalla mamma sarta, nei pantaloni con la piega perfetta, nella camicia bianca dai polsini immacolati e dallo stropiccio finto trasandato. E poi, parcheggiato sul marciapiede, Il Motom con steso sul serbatoio un plaid arrotolato, che faceva tanto bulletto da periferia.  Che notti quelle notti di sogni e di musica dai colori a stelle e strisce.

Alberto Finotto

La notte in cui il rock and roll invase l’Italia

Giradischi della geloso sul piatto il 45 giri di Little Richard tutti frutti, colonna sonora delle feste danzanti giovanili

Il 18 maggio del 1957 venne organizzato da Bruno Dossena, campione del mondo di ballo, il primo festival del  Rock and Roll e danze Jazz  al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Il programma prevedeva , oltre alle esibizioni dei ballerini, anche una gara nazionale dilettanti di Rock and Roll che venne vinta, nel tripudio generale,  dal diciannovenne Adriano Celentano accompagnato dal suo gruppo Rock Boys che comprendeva anche Enzo Jannacci in veste di sassofonista.

Cartolina promozionale di Bruno Dossena  con dedica al bollatese Ezio Longoni definito “Vecchio amico e collega di danze” – Per gentile concessione di Luca Longoni

Volantino dello storico concerto del palazzo del ghiaccio

Nel 2007, in occasione del cinquantenario della sua scatenata esibizione, Celentano ricordava in un intervista:
Bruno Dossena, campione del mondo di boogie woogie, organizzò il primo festival europeo del rock al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Mi aveva sentito cantare al Santa Tecla e volle a tutti i costi che io partecipassi. Io ho pensato: ma io con quale orchestra canto? E allora non sapendo cosa fare, anch’io misi insieme un gruppo: basso, batteria e chitarra erano i fratelli Ratti, tre strepitosi musicisti con cui avevo subito legato, uno dei quali  mi parlò di un certo Enzo Jannacci che io chiamai immediatamente: era fortissimo, e poi aveva quella tipica follia che hanno i medici quando sbagliano le operazioni. Jannacci portò un sassofonista e così si era completato il gruppo dei “folli”.

Anche Jannacci ricordava cosi quella notte  storica:

«Adriano, aveva avuto un notevole successo come imitatore di Jerry Lewis, del suo modo dinoccolato di muoversi, di una certa follia nel parlare e nel ragionare. Ma faceva fatica: non sapeva l´inglese, non l´ha mai saputo. Allora io e Pino Sacchetti, grande sassofonista, gli mettemmo in bocca le cose. E quando parlava sembrava un americano vero E fece davvero impazzire tutti, quella sera. Era in una forma strepitosa bastava vederlo in azione per capire che sarebbe diventato il più grande di tutti».

Giordano Minora

Cartolina autografata dal giovane Adriano Celentano a Luigi Minora, in occasione della sua esibizione a Bollate nell’estate del 1957 – Archivio Giordano Minora

La hit parade dei 45 giri piu’ venduti nel 1960

Bollatese mezzosangue (con innesti lagunari di origine veneto-chioggiota), figlio del baby boom (classe 1966), è un editor letterario occasionale e giornalista dagli interessi stravaganti – scrive su riviste tecniche dedicate a macchine da cantiere e gru per sollevamenti industriali. Nato nella città di Bollate, continua a viverla nel piacere e nel conforto di amicizie scelte, coltivate e meditate. Creatività e cazzeggio, all’ombra secolare dei gelsi.

Alberto Finotto

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari ,la fotografia, la storia locale e lo  sport   sono sempre stati al centro dei suoi interessi. .Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni  Bollate 100 anni di immagini (1978) , Una storia su due ruote (1989) Il Santuario della Fametta (2010) La Fabbrica dimenticata (2010) Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014) . Ha curato anche diverse mostre fotografiche fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015) La Fabbrica dimenticata (2010) I 40 anni di Radio ABC (1977). E’ tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.

Giordano Minora