Erano gli anni Cinquanta, quelli della rinascita post bellica, del baby boom, della rapida trasformazione da società contadina a società consumistica. In questa atmosfera di transizione socioculturale, irrompe il fenomeno giovanile dei teddy boys, con la sua voglia di trasgressione, di cambiamento dei costumi , di nuovi tipi di divertimento. Un fenomeno di importazione statunitense, raffigurato al cinema nel film “Jailhouse Rock – il delinquente del rock’ n roll”, interpretato da Elvis Presley, personaggio che diventerà icona, espressione di una tendenza presa a modello proprio per la sua carica rivoluzionaria. Un abbigliamento alternativo, compaiono i blu jeans con tanto di risvolto, le magliette a righe, i giubbotti in pelle, i capelli impomatati di brillantina; nei bar spuntano moderni oggetti di culto come juke box e flipper; in campo musicale i cosiddetti urlatori fanno il verso al rock and roll, soppiantando le romantiche melodie dell’epoca. Nomi come Tony Dallara o Joe Sentieri, diventano protagonisti. Addirittura un giovane Adriano Celentano fece scalpore a Bollate: una domenica d’estate del 1957 tenne un concerto nel cortile del tabaccaio di via Roma, in un locale affrescato da un giovanissimo artista di nome Paolo Fabbro. Un’esibizione talmente esaltante che uno scatenato spettatore disse agli amici, “da stasera non sono più Luigi, chiamatemi Johnny”.
Era il sogno americano che faceva breccia tra i giovani bollatesi, ben sintetizzato nei versi della celebre canzone di Renato Carosone
“Tu vuo’ fa’ l’americano…ma sì nato in Italy … Tu abballe’ o’ rocchenroll, tu giochi a baisiboll.. ’”.
Erano i nostri happy days.
Era la stagione dei “teppa”