ANTONIO, UNO DI NOI

La mattina del 2 giugno, dopo un anno di malattia, ci ha lasciato Antonio Pastore, uno dei promotori del nostro blog, nonché uomo dalle molteplici risorse come lo dimostrano gli innumerevoli incarichi ricoperti nei suoi 76 anni di vita. Ripercorriamo la sua figura attraverso pensieri e parole di chi ha condiviso con lui diversi tratti del suo articolato cammino umano.

 L’AQUILONE E’ VOLATO VIA

Ciao Antonio, ora non dormi più. L’aquilone che dalla Pasqua dello scorso anno ti teneva legato a noi, si è staccato ed è volato via. Ha scelto di liberarsi il giorno della festa della Repubblica, data simbolo per un uomo delle istituzioni come tu lo sei stato: consigliere comunale, assessore negli anni della trasformazione di Bollate e poi ancora, gli incarichi associativi: gli artigiani della CNA, la Camera di Commercio, la nuova Fiera di Milano, la Borsa Immobiliare e, non ultimo, il Piccolo Teatro dove, appena nominato, mi scrivesti preoccupato “ ma io non capisco niente di spettacolo, cosa ci azzecco?”. Replicai dicendoti: ”il mondo del sapere ha bisogno di gente che sa cosa vuol dire essere impresa e, soprattutto, far di conto”. Forte di questo incoraggiamento, ti sei buttato nell’avventura fino a diventare vice presidente dell’ente, ascoltato e apprezzato.(Letizia Moratti docet).

Qualsiasi incarico ricoprivi lasciavi il segno, a partire dal progetto di demolizione del Cantun Sciatin, che tante critiche ti ha procurato, inizialmente, dai bollatesi come pure, a lavori finiti, tanti apprezzamenti. Stesso copione per l’avvio dei nuovi insediamenti urbani: quante discussioni nell’eterno dibattito tra antico e moderno, conservazione e innovazione. Tu ribattevi alle polemiche, con una punta di legittima presunzione, attraverso le parole della confidenza che ti aveva sussurrato l’allora parroco don Franco Fusetti, “Antonio, il meglio è nemico del bene. Accontentati di fare bene”, ammonimento che divenne, negli anni, la tua linea di condotta, in un turbine di progetti per quella che definivi “una vita di scorribande”.

“Antonio, il meglio è nemico del bene. Accontentati di fare bene”

Sempre cose nuove da fare o da inventare, una diversa dall’altra, il tuo “mi è venuta un’idea” era un classico, immaginando progetti, spesso un po’ troppo ambiziosi, perché ti piaceva volare alto, non fermarti al piccolo cabotaggio, anche a costo di non incontrare il favore del fidato Gianmario, tuo onnipresente braccio destro, con l’improbo compito di riportarti con i piedi per terra. Amavi esserci dentro le situazioni, pure in quelle che non ti appassionavano, ma volevi dire la tua: è passata alla storia la visione di un acceso derby a casa di Giordano, con la solita compagnia di giro degli amici tifosi, dove tu , solo alla fine del primo tempo, candido come un giglio sei uscito con questa beffarda affermazione: “ah, ma quelli del Milan hanno la maglia rossonera”.

Pronto ad ogni sfida, come quella di rilanciare il blog Bollate Oggi, in ricordo della testata cartacea che avevi messo in piedi negli anni settanta con l’amico di una vita Giordano Bordegoni (ironia del destino, lui che aveva fatto del lavoro la sua missione  ci ha lasciato un pomeriggio del 1 maggio, tu uomo di istituzione la mattina del 2 giugno). Non credevi alle potenzialità della rete, illustrate dal figlio Filippo ma, una volte comprese, ti ci sei buttato a capofitto. Per non parlare della tua passione per la cucina: sublimi per i nostri palati certe tue leccornie che preparavi in occasione del Capodanno o in ritrovi amicali in location, con il paziente Ale che supportava le tue richieste (leggendaria la disfida per le orecchiette- sugo napoletano contro sugo pugliese- tra te e Piero, benedetta dall’ Amarone di Fulvio). Per il dio Bacco avevi un debole, in particolare per il Prosecco: ad una certa ora della giornata non poteva mancare, anche a costo di “tracannarlo da solo, visto che non volete farmi compagnia”, ne sa qualcosa Silvano, che hai mandato a quel paese perché non ha voluto brindare con te quella sera.

Tuttavia,la tua predisposizione naturale all’incontro, alla relazione, portava gli interlocutori a superare disguidi e incomprensioni, con te era un piacere confrontarsi, discutere, anche litigare: è successo a noi in quell’ultima telefonata di quel venerdì santo, una volta chiusa, mi sono detto tanto domani ci chiariamo. Quel domani tu eri già immobile in un letto di ospedale, tu che immobile non lo sei mai stato, lo ripeteva come un mantra Franchino, il tuo parrucchiere di fiducia quando doveva tagliarti i capelli: “è sempre agitato, non sta mai fermo sulla poltrona, un movimento continuo”. Se chiarimento fosse stato possibile immagino sarebbe finito con queste parole, “dai lasciamo perdere è andata, beviamoci su”. Allora, adesso, abbracciando di cuore Piera, Valentina, Camilla e Gigio, insieme gli amici della location, brindiamo al tuo nome e  ti diciamo che ci sei ancora per tutti. Anzi, ogni volta che volerà un tappo il pensiero sarà per te. E non avremo nemmeno più l’incombenza di richiamarti perché hai dimenticato le chiavi sul tavolo.

PAOLO NIZZOLA

CON BOLLATE NEL CUORE

Di lui potrei raccontare molti aneddoti e tante storie, ma voglio ricordarlo come un amico sincero, interessato alla sua città, alla sua Bollate e agli sviluppi che il futuro riservava a questo territorio a cui lui, da amministratore comunale e rappresentante delle istituzioni, ha dato molto. Amava raccontare come tenesse tutti i ritagli di giornale del tempo in cui era assessore in perfetto ordine, perché rappresentavano la sua personale memoria di quell’esperienza amministrativa che lo aveva segnato positivamente. Grazie a una sua idea è nata la riqualificazione della ex Boston, primo esempio di rigenerazione urbana che ha trasformato un’area abbandonata e non più produttiva di Bollate in un complesso artigianale nel quale hanno trovato spazio molte attività locali, evitando di conseguenza il depauperamento e l’abbandono del tessuto commerciale e artigianale locale. Esperienza che ha messo poi a frutto nella CNA (Confederazione Nazionale Artigiani) in qualità di presidente provinciale per un quadriennio. Amava altresì ricordare la sua attività di docente nelle scuole bollatesi, sottolineando con soddisfazione come alcuni suoi studenti avessero successivamente ricoperto ruoli a livello di istituzioni o nel mondo imprenditoriale locale e regionale. Di questo ne andava molto fiero! Aveva tanti amici perché era un uomo buono e che sapeva farsi amare per la sua semplicità, intelligenza, cultura, simpatia e curiosità. Suo zio era quel Vincenzo Attimo a cui Bollate, recentemente, ha dedicato una via cittadina, la sala della biblioteca comunale e una “Pietra d’Inciampo”, proprio davanti alla abitazione di via Gramsci (dove pure Antonio aveva vissuto in gioventù), come vittima della repressione fascista.

In occasione di quest’ultima cerimonia, ho potuto notare come fosse una delle rare volte in cui l’ho visto commuoversi e mettere a nudo la propria emozione.

Una presenza quella di Antonio che mancherà non solo alla famiglia, ma a tutta la nostra comunità cittadina.

Ciao, amico Antonio.

FRANCESCO VASSALLO – Sindaco di Bollate

IL FESTIVAL DELL’AVANTI

Il mio primo approccio con Antonio è stato in politica, a metà degli anni settanta, quando, proveniente dalla provincia di Reggio Emilia, ho iniziato a frequentare la sezione locale del Psi. Con lui è subito scattato un feeling empatico consolidatosi, paradossalmente, grazie ad un incidente che gli era capitato durante l’allestimento del festival dell’Avanti, nel settembre del 1975, nel prato dietro piazza Carlo Marx. Improvvisamente non l’ho più visto sul carro dove era intento a maneggiare i fili della corrente elettrica. Sono accorso spaventato e l’ho trovato a terra semi incosciente, era inciampato e, cadendo, aveva battuto la testa. Allertati i soccorsi e trasportato in ospedale è stato trattenuto precauzionalmente la notte per i controlli del caso. Il giorno successivo, prima sono andato in pronto soccorso a sincerarmi delle sue condizioni, poi a casa sua a tranquillizzare i familiari. Da quell’episodio si è avviato un cammino di confidenza comune, andato ben oltre la politica, e sfociato pure in ambito lavorativo all’interno della sua azienda di quadri elettrici e allestimenti fieristici. Un rapporto che si è allargato alle rispettive famiglie e che è proseguito , tra momenti di maggiore e minore frequenza, per il resta della vita. Ultimamente, poi, la telefonata quotidiana tra noi era pressoché costante. Quindi posso dire che Antonio, non solo è stato uno dei primi ad accogliermi a Bollate, ma che, grazie alla sua sincera amicizia, ha contribuito ad arricchirmi umanamente.

FULVIO SPAGGIARI

UN VERO “SOCIALISTA”

Sono tante le battaglie che con Antonio abbiamo affrontato nell’arco di un ventennio di attività politica e amministrativa sul territorio di Bollate. Una in particolare mi piace ricordare per il dibattito e l’accesa discussione che si innescò prima nel nostro partito, il PSI, e poi in consiglio comunale. L’approvazione del Piano regolatore generale del 1985, redatto dall’architetto Paolo Ferrante, tra l’altro pure lui scomparso in questi giorni, al quale Antonio aveva partecipato attivamente. Il documento prevedeva i piani di attuazione dei comparti urbani in esso contenuti. Ebbene, in qualità di assessore alla partita, Antonio, coadiuvato dall’architetto Marcello Decarli, in breve tempo presentò un programma complessivo di attuazione ad espansione integrata che avrebbe letteralmente cambiato il volto alla città. Verde pubblico attrezzato, aree destinate ad edilizia pubblica convenzionata, da assegnare al movimento cooperativo locale con lo scopo di calmierare i prezzi a favore dei ceti meno abbienti, ed insediamenti produttivi alfine di incrementare lavoro e occupazione. Alla presentazione della proposta, all’interno del partito, si avviò un acceso dibattito fiume che proseguì per diversi giorni e si concluse dopo una frenetica nottata di ampia discussione, con Antonio che alla fine riuscì a far passare il provvedimento nel suo complesso, solo dopo aver minacciato le dimissioni da assessore. In quella occasione, mi colpì la competenza, la conoscenza dell’argomento trattato e, in particolare, la grande perseveranza di non cedere alle ipotesi di stravolgimento del piano. Mi colpì soprattutto quel suo senso di essere un socialista vero, in difesa cioè della socialità contenuta nel piano. Ciao Antonio, un fraterno saluto

LUIGI PALESE

 IL SOSPIRO DI SOLLIEVO

Caro Antonio, non ne potevo più di saperti immobile in un letto d’ospedale, nutrito, curato, accudito senza che tu non te ne rendessi conto. A volte mi chiedevo se tu davvero non ne sapessi niente, in cuor mio me lo auguravo. Quando Piera, la mattina del 2 giugno, mi ha telefonato per darmi la notizia della tua morte non lo nego: ho tirato un sospiro di sollievo e ti ho visto finalmente libero. Credo che la nostra vita non finisca sulla terra e, allora, già ti immagino, un po’ sperduto, incontrare a poco a poco gli amici che ti hanno preceduto, abbracciandoli ad uno ad uno, con l’affabilità e la modestia (si, perché sei sempre stato modesto, non ti piaceva vantarti delle tue imprese, nonostante l’apparenza vanesia). Modestia che è stata il tuo tratto distintivo, sempre pronto a ricominciare, chiacchierare, inventare, discutere. Sono certa poi che lassù racconterai ancora a tutti, come sempre facevi qui, che ti sei laureato il 13 dicembre 1971… assieme a mio marito! Ti voglio bene.

MARISA RESTELLI

IL 3 SETTEMBRE

Eravamo entrambi nati il 3 settembre e la scoperta, seppur tardiva, ci aveva reso assurdamente felici, come per un legame sottile che riconosceva, nell’altro, qualcosa anche di tuo. 

O chiamava lui o telefonavo io, entusiasti di avere quel qualcosa in comune che annullava persino i dieci anni di mezzo. 

Lo scorso 3 settembre ho chiamato Piera: niente ricordi felici quel giorno… solo la voglia di essergli vicina anche se, ormai, così lontana. 

Buon viaggio Antonio, senza mai dimenticarci.

FATIMA BONOMO

“SOGNO UNA GIUNTA UNDER 40”

Settembre 1990: elezioni svolte nella tarda primavera. Nelle intenzioni ,una coalizione diversa uscita però perdente dalle urne, cui è seguita una maldestra gestione amministrativa. Morale: Antonio, enfant prodige del partito socialista, io, segretario cittadino della DC, tentavamo di consolarci vicendevolmente, da protagonisti sconfitti, in una cena diventata poi famosa e affettuosamente etichettata come “la cena dei trombati”. L’alleanza PSI (che allora era fortissimo sopratutto  a Bollate) e DC (che a Bollate in quel periodo non brillava come altrove), partita come vincente alla vigilia, si ritrovava fuori dai giochi. Poco pragmatismo ci si diceva, troppo idealismo ci si rimproverava. Morale: eravamo due sconfitti e insieme a noi tanti amici che ci avevano creduto, avevano militato e si ritrovavano in tribuna senza neanche essere convocati per la partita. Sul finire della serata, Antonio mi prese sottobraccio e, a mezza voce, mi sussurrò: ” sognavo di fare il sindaco con una giunta di giovani under quaranta”. E’ rimasto un sogno. Poi il tram della vita ha svoltato e risvoltato. Le strade si sono divise, di nuovo incrociate e ancora rincontrate. Mi resta in mente questo sogno dell’amico Antonio. Un sogno che non si è mai avverato, ma che mi è frullato in testa un sacco di volte. Chissà mai cosa avremmo combinato se si fosse realizzato…..

PS abbiamo avuto negli anni altre idee. Nessuna o quasi si è concretizzata. Forse il destino capriccioso ci ha messo lo zampino. Resta la consolazione di aver provato a fantasticare sulla nostra città. E credete, queste idee, non erano poi così strampalate.

GIOVANNI NIZZOLA – Sindaco di Bollate dal 1995 al 2004

UN’AMICIZIA LUNGA SETTANT’ANNI

Per me è difficile ricordare quasi settant’anni di vera amicizia, dalle scuole elementari fino ad un anno fa quando è stato colpito dall’emorragia che lo ha costretto in ospedale fino alla morte. Lo andai a trovare, con Piera, nei primi mesi di degenza e, confesso, non credo mi abbia riconosciuto.

Da giovani abbiamo condiviso ideali, vacanze, feste danzanti anni sessanta, amici e amiche, serate al cinema con dibattito finale (tipo Corazzata Potemkin), ma anche qualche lite o incomprensione. Ricordo che la casa, dove abitava con i genitori (ospitali e disponibili con tutti) e i fratelli Gianni e Nuccia, era sempre aperta, luogo d’incontro delle serate in giardino, con ovvia bevuta finale.

Antonio è sempre stato vulcanico, con in testa sempre nuove idee (anche strampalate qualche volta) da attuare. Mai fermo, neanche durante le vacanze (mi confessava spesso che lo annoiavano con niente da fare) ed aveva il potere di coinvolgermi in prima persona ed io lo seguivo, tanto che a 40 anni e con 3 figli mi licenziai e feci il libero professionista. Viveva per lavorare, mentre io, al contrario, lavoravo per vivere. Nonostante questo, o forse per questa opposta visione della vita che sapevamo di avere, abbiamo messo in piedi innumerevoli cose, progetti o attività condivise con altri amici comuni (i due Giordani, Paolo, Filippo, Marco, Marcello, Gianpietro e altri) non sempre andati a buon fine, ma ogni volta avviati dal suo proverbiale entusiasmo.

Gli piaceva essere sotto i riflettori, del resto si definiva un vanesio (non una colpa come è pensiero comune), e quindi si proponeva di risolvere i problemi che si delineavano all’orizzonte e decidere per il meglio del bene comune in ambito politico e associativo. Allora, dopo l’assessorato cittadino, ecco la presidenza della CNA di Milano, quella della Borsa Immobiliare, una sua creazione per regolare il mercato ed anche per perequare l’edificabilità sul territorio (al tempo un’idea più che innovativa), la vice presidenza amministrativa del Piccolo Teatro di Milano e, per ultimo, il blog “Bollate Oggi”, riguardante cultura, memoria sul territorio e politica in senso lato, logica continuazione del “Bollate Oggi“ cartaceo degli anni sessanta, di cui era direttore responsabile, uscito per quattro numeri e poi obbligato a chiudere perché dava fastidio all’ establishment dell’epoca.

Ultimamente, terminati gli incarichi di prestigio, si occupava di operazioni immobiliari ed io ne rappresentavo il suo amico-consulente (“vieni anche tu che io non capisco un c…o.”), stante la mia esperienza professionale.

Eravamo sempre in giro, tra Bollate e Milano, ma devo confessare che non abbiamo avuto grandi risultati, (lui diceva: “beh, comunque ci siamo divertiti“) però era una consolazione che non gli piaceva e ne soffriva, ricordando, con un pizzico di nostalgia, i tempi in cui era riverito e ascoltato per gli incarichi ricoperti.

Una volta ci fermammo per un aperitivo in un bar e alla proprietaria che ci serviva disse: “lo sa che siamo insieme da 30 anni ?“, la signora ribatté d’acchito: “ma che bravi , ma che bella coppia siete”. Non so cosa avesse capito (o forse si), tuttavia mi affrettai a spiegare come era la vera situazione personale.

Antonio era così e non c’era modo di cambiarlo (vero Marcello ?). A me diceva: “tu che sei saggio e non impulsivo come me, dammi un tuo consiglio”. Ed io gli dicevo quello che pensavo, lui replicava: “ottimo, grazie” e faceva quello che voleva.

Non so se vi sia una vita dopo la morte, se così fosse starebbe già organizzando qualcosa, un convegno, una riunione operativa, una manifestazione di interesse all’acquisto di un immobile, qualche telefonata, anche una bicchierata o una cena tra amici (era un riconosciuto grande cuoco, proverbiali le sue cene di fine anno) pur di agitarsi e non restare fermo.

Questa volta però io non ci sarò.

GIAN MARIO PASI

IL GENOMA CHE CI ACCOMUNA

Alfa. Antonio è stato, negli anni ’60, un mio professore di matematica alla scuola media “Leonardo da Vinci” di Bollate. Dagli anni ’80 in poi ci siamo assiduamente frequentati avendo i comuni ideali del socialismo democratico.

Qualche anno fa quando gli dissi che stavo studiando matematica e fisica, subito mi chiese l’equazione di Dirac. Chi se la ricordava, e soprattutto cosa diceva quella formula scritta nei geroglifici della matematica della fisica? Come al solito mi salvai in angolo, dicendo che dalla teoria di Dirac emergeva una fondamentale simmetria della natura, ad ogni particella corrispondeva una antiparticella, l’esistenza dell’una implicava quella dell’altra. Anche Dirac ne fu turbato. Qualche anno dopo, Anderson scoprì nei raggi cosmici il positrone, l’antiparticella del notissimo elettrone. Dirac aveva ragione.

Antonio mi disse: “Ti mancano le basi della matematica”. Le recupererò. gli risposi. Una promessa che, anche per questa ragione, devo mantenere. Una cosa apparve evidente: “Era sempre il mio professore”. Omega.

Alfa ed omega come la vita dell’essere, alfa ed omega come pezzi della nostra esistenza. Ma è proprio e soltanto così? Non sempre e non per tutto!

Non parlo della cultura, costruzione che l’essere umano utilizza nei suoi rapporti sia singoli che sociali, opposta alle tendenze naturali che possediamo.

Parlo delle personalità, dei modi di fare e di dire che si trasmettono tra persone che si frequentano, delle osmosi delle esistenze degli uni con gli altri. Parlo dei principi di vita, della benignità dell’umanità, di ciò che ci rende diversi e migliori del “noi stessi” di ieri. Parlo degli aspetti impalpabili ma profondissimi di questa nostra breve vita che, in silenzio, si trasmettono senza nome nel tempo futuro. Tempo che non conosceremo ma che alle persone porterà qualche nostra piccola traccia.

Parlo di un “genoma sine materia”, di un “genoma wireless” che acquisiamo e trasmettiamo, un genoma unico perché ogni volta viene scritto tra passato e presente di chi lo codifica. In questo senso Antonio mi ha passato molto di questo genoma.

Così non ci perdiamo, così possiamo continuare.

E questo, per molti, è già abbastanza. Ma molto mi mancherà in questo tempo che manca: Antonio.

ALESSANDRO FEDELI

LA VIA INTITOLATA A FERRUCCIO PARRI

Pur non frequentandoci molto, ho di Antonio un ricordo vivissimo: nel tempo  avevamo instaurato un rapporto di stima e amicizia reciproco. Tra il 1985 e il 90, ci trovammo su fronti opposti in Consiglio comunale, Lui assessore ed io capogruppo d’opposizione, ma ciò non impedì che maturassero delle buone relazioni di rispetto e correttezza. Nel 1990 divenni sindaco con una maggioranza che comprendeva il Pci, mio partito, il Psi e il Pri. Dopo un anno, la coalizione si è divisa e fu inaugurata una nuova maggioranza con, oltre al Pci, la DC ed i repubblicani, escludendo il Psi. Ad un certo punto, i repubblicani passarono all’opposizione e la maggioranza consiliare si ridusse ad un solo seggio in più rispetto ai gruppi di minoranza. Registrammo perciò alcune difficoltà dovute ai precari equilibri, con l’incertezza che dererminate delibere non venissero approvate, anche a causa di un’opposizione un po’ velenosa e poco costruttiva del Psi. Ad un certo punto, Antonio Pastore, Luigi Palese e Sandro Fedeli, costituirono un gruppo autonomo con l’intendimento di distinguersi, realizzando così un’opposizione più duttile e meno pregiudizialmente intransigente. Questa scelta dei tre, oggettivamente, rese meno angoscioso il nostro esercizio di governo e venne decisa senza richiedere nulla in cambio: nessun tipo di favore, nessun corrispettivo. Talvolta, quando non venivano da loro condivise le scelte amministrative, il loro voto era contrario, in altre favorevole, quando ne condividevano le finalità.

D’altronde era una pratica che anch’io, come capogruppo, avevo in precedenza seguito, tanto che proprio Pastore, scherzando, mi rinfacciava di aver votato spesso le loro delibere.

In un’altra occasione, Antonio mi telefonò e mi disse che a Bollate nessuna via era stata dedicata alla Resistenza e che forse sarebbe stato giusto ricordare Ferruccio Parri, primo presidente del Consiglio della Nuova Repubblica italiana, nonché capo del Partito d’Azione. Formazione molto importante durante la guerra di Liberazione . Trovando molto pertinente la proposta, seguii il suo consiglio e dedicammo a Parri una via.

Infine il caso di Vincenzo Attimo, il giovane antifascista morto nei lager tedeschi. Vincenzo era suo zio e Antonio fu molto attivo nelle ricerche storiche tese a ricostruire gli ultimi passaggi della vita di Vincenzo. Il termine usato nella pietra d’inciampo, “assassinato”, fu espressamente voluto da Antonio. Quando come ANPI apponemmo in via Gramsci 8, davanti a quella che fu la sua abitazione, una pietra d’inciampo, in memoria del suo olocausto, ricordo la sua sincera commozione.

Socialista da sempre, si rifaceva alla componente della sinistra lombardiana, ed ancora oggi sui social difendeva l’immagine ed il ruolo assunto dal PSI nella storia italiana. Ne reclamava un aggiornamento dai giudizi negativi dati su un onda prevalentemente emotiva e secondo lui ingiusti, in quanto non sostenuti da una seria e approfondita analisi storica e politica.

ALBERTO MALINGHERO – Sindaco di Bollate dal 1990 al 1995

UNA VITA DA INGEGNERE

“Il sole è già alto nel cielo: cosa stai facendo?”. Questa era la sua  tipica frase  quando rispondevo alla chiamata quasi quotidiana che arrivava a metà mattinata, con la quale mi metteva al corrente di qualche nuova idea che gli era venuta “al sorgere del sole”,oppure si programmava l’orario in cui ci saremmo incontrati con Paolo, Gianmario e Fulvio   per l’abituale aperitivo del pomeriggio.

L’amicizia ultraquarantennale con Antonio ha origine nella comune passione per gli ideali socialisti  che ci ha portato alla militanza politica nell’ambito locale. La sua ampia cultura e le sue lucide analisi  della società di allora , derivanti dalla sua solida preparazione universitaria, fecero di lui un riferimento per il gruppo di giovani socialisti che si erano avvicinati alla vita politica. Oltre che essere dotato di una dialettica dotta, acuta ed  intelligente, esercitata nelle più svariate circostanze, possedeva una “visione” dello sviluppo urbanistico della città che gli derivava anche dalle conoscenze e dalle frequentazione di validi e stimati  architetti formatasi al  Politecnico di Milano. (Su alcune  scelte  non eravamo propriamente in sintonia e ne conseguiva un serrato  confronto fra la mia posizione “conservativa” e la sua “innovativa”, protrattosi anche dopo la realizzazione delle opere che hanno modificato l’aspetto della nostra città).

Dell’essersi laureato in Ingegneria presso il prestigioso “Poli” milanese,  Antonio è sempre stato particolarmente orgoglioso  e non mancava  mai di rimarcarlo.  Non per niente lo chiamavo sempre  “ingegnere” , mentre per lui io ero “Minora”.

Una delle sue tante prerogative è stata quella di esprimere sempre  giudizi benevoli e positivi nei confronti delle persone  di cui si stava parlando (“è bravo, è un amico”) anche se alcune di queste, nel corso della sua carriera politica locale, lo avevano osteggiato, spesso  animate  da una sorta di complesso di inferiorità culturale nei suoi confronti.

Un altro dei suoi  meriti è stato quello di essere stato fautore di iniziative che cominciavano sempre dalla sua tipica frase: “ho avuto un’idea”. Tra queste, la pubblicazione del libro sul Santuario della Fametta di Castellazzo per raccogliere fondi per la sua ristrutturazione e grazie alla quale abbiamo potuto conoscere e frequentare  Padre Egidio Zoia di cui Antonio aveva una grandissima stima, tradottasi poi  in un aiuto concreto al suo progetto di restauro . L’ultima “impresa” comune è stata , in tempi di pandemia,  la creazione del blog “Bollateoggi” prendendo spunto da una  pubblicazione che lui aveva ideato e diretto  nei primi anni settanta.

Ci sarebbero  tanti altri aspetti ed aneddoti di Antonio da raccontare  che però togliebbero spazio alle tante altre persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato e che hanno voluto ricordarlo  con le loro testimonianze.

 L’amicizia che mi ha legato ad Antonio resta, nel mio vissuto,  tra quelle più importanti proprio per le sue qualità umane e il suo spessore intellettuale,  oltre che per la stima e considerazione che mi ha sempre dimostrato.

 GIORDANO MINORA

UN MAESTRO PER LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

Personalmente non posso dimenticare quanto sia valso il suo insegnamento politico e sindacale. La sua forza ideale e la sua passione sociale hanno contribuito a diffondere i valori e le ragioni di un mondo che non sempre è apprezzato come meriterebbe. Mi riferisco al mondo della libera iniziativa, dell’imprenditoria diffusa che muove dal rischio individuale, dalla volontà personale, per diventare bene comune.

La sua personalità si è sempre affermata per restituire merito e prestigio a ogni Ente o Istituto che è stato chiamato a dirigere o governare.

Sento però la necessità di concentrare i miei ricordi sul suo modo di interpretare la democrazia rappresentativa.Imprenditore illuminato e brillante ha dedicato grande parte del suo tempo e della sua intelligenza a rinnovare e riformare il sistema della rappresentanza per elevare il ruolo della piccola e media impresa nel panorama del confronto sociale.

Pastore ha ridato dignità e rispettabilità a un mondo imprenditoriale che, nonostante rappresentasse un grande peso nel tessuto economico lombardo, era destinato a essere lasciato ai margini delle grandi scelte politiche e strategiche degli anni ’90.Prima come vice presidente a fianco del compianto Bruno Mariani, poi come presidente provinciale  ha saputo condurre e portare a termine azioni indimenticabili che hanno fatto la storia non solo della Confederazione che dirigeva, la CNA, ma di tutto il comparto imprenditoriale della Lombardia.

Dopo che alla fine degli anni ’80 aveva condotto il primo gruppo di artigiani di Bollate a realizzare la propria casa comune in via Aquileia a Baranzate, è riuscito, da presidente, a concludere i lavori per la realizzazione dell’insediamento artigiano più grande della Lombardia, mi riferisco all’area ex Bianchi di Rho, per assumersi poi la responsabilità di acquisire e ridistribuire l’area ex Boston di Bollate alle imprese del territorio.

Con Antonio Pastore la CNA di Milano ha vissuto gli anni più importanti e gloriosi della sua storia, forti del prestigio e della lungimiranza che solo lui è stato capace di esprimere.

Questo vorrei ricordare alle generazioni di imprenditori che verranno, nella speranza che il sistema della rappresentanza sia in grado di recuperare un insegnamento che solo uomini con lo stile e le capacità di  Antonio Pastore possono garantire.

ADRIANO TOSTI – Dirigente associazioni artigiane e piccola impresa-

 QUEL RITRATTO A CAVALLO 

Antonio è entrato nella mia vita quando avevamo diciott’anni. Ci siamo conosciuti in biblioteca, eravamo assidui frequentatori, un bel gruppo di giovani studenti pieni di interessi e curiosità. La biblioteca era aperta al pubblico due volte alla settimana, in orario serale, e alla domenica mattina. Con la bella stagione, di sera dopo la chiusura, ci si attardava per un gelato o una bibita in uno dei bar lungo la strada che separava la struttura da casa nostra, in via Gramsci. Eravamo in quattro o cinque, ogni volta. C’era sempre mia sorella, perché insieme ci occupavamo della gestione serale, poi c’era Pierandrea, suo fratello Marzio, Nazareno, Gian Carlo e altri. Si parlava, si ascoltava musica, si stava insieme, si discuteva di scuola, ricordo molto bene che si dibatteva della situazione degli alunni con difficoltà di apprendimento, e di politica in generale. L’amicizia nata così tra gli scaffali della biblioteca, che allora era in via Garibaldi 52, divenne sempre più solida. Tra i frequentatori assidui c’era un amico di Antonio, Gian Mario. Tra noi due nacque una simpatia reciproca che nei mesi divenne sempre più un sentimento profondo, ci eravamo innamorati e ci sposammo nel 1970. Mio testimone di nozze fu Antonio che, durante gli anni che seguirono, a volte, in qualche situazione critica in cui eravamo presenti tutti e tre, ricordava a Gian Mario: ” ehi guarda che io la conoscevo prima di te!!”.

Antonio era una mente vivace, sempre in attività, pronto a rendersi utile nelle situazioni critiche, con un’idea, una proposta. Quando ci siamo sposati, Gian Mario ed io, abbiamo trovato casa in affitto in una villetta vicino alla sua, in via Gramsci al 2. Non sono mai mancate dimostrazioni di affetto e di buon vicinato da parte sua e della sua famiglia, i suoi genitori si sono dimostrati generosi ed affettuosi verso di noi, succedeva che spesso trascorressimo una serata insieme in giardino, con una fetta di anguria o un bicchiere di gelato, e pure con la sorella Nuccia nacque una reciproca simpatia. Ma le cose, con il passare degli anni, cambiano, chi cambia casa, chi si trasferisce in altra città, chi per lavoro o per motivi di famiglia cambia orari, abitudini, insomma si sa che la vita va avanti e le persone si spostano, si allontanano. Invece, con Antonio ci siamo sempre sentiti vicini, abbiamo anche trascorso qualche vacanza insieme, dopo che anche lui si è sposato con Piera e hanno formato una bella famiglia. Anche loro, come noi , hanno avuto tre figli, l’amicizia che inevitabilmente è nata tra i nostri figli è ancora oggi un motivo in più di legame affettivo tra le nostre famiglie. I rispettivi figli, Tommaso e Giangiacomo hanno vissuto l’esperienza del gruppo musicale che li ha portati in giro per l’Europa, anni fa, e la loro amicizia è tutt’oggi vera e solida.

Caro Antonio, sono qui a scrivere di te, di noi, e mi viene in mente un tuo tormentone: “ ma perché non mi fai un ritratto ? Sì, ma un ritratto a cavallo!” Già, perché la mia attività è dipingere e poiché ho realizzato alcuni ritratti, Antonio, ad ogni occasione, mi esternava il suo desiderio di avere un ritratto a cavallo. Anche alla mia ultima mostra personale, nel 2019 in quel di Arese, credo abbia detto la solita frase: “tu devi farmi un ritratto….”.

Ci penso, Antonio e chissà forse riuscirò ad esaudire il tuo desiderio, ma non temere, anche senza il tuo ritratto gli amici si ricorderanno sempre di te.

PAOLA CRIMI

SEMPRE POSITIVO 

Aver conosciuto Antonio e’ stato sicuramente un grande arricchimento personale. Aveva uno speciale modo di affrontare le situazioni che incontrava sul suo percorso, sia di carattere personale che nella gestione di fasi complicate, soprattutto quelle che non sono mancate durante la sua direzione sia nella la realizzazione dell’insediamento artigianale C.N.A Bianchi Chimica a Rho, sia nel recupero della ex Boston di Bollate. 

Era in grado di vedere sempre il lato positivo in ogni situazione ed andare avanti con sicurezza, riuscendo sempre a non farsi sopraffare dai non pochi problemi che si presentavano.

La sua amicizia e la sua disponibilità permettevano sempre di superare momenti difficili ed impegnativi, molto spesso dovuti al peso delle decisioni da prendere.

Ciao Antonio, e’ stato per me un privilegio conoscerti.

GIUSEPPE LOCATELLI -Dirigente C.N.A.

UN POLITICO DI VALORE SUL PIANO TECNICO E POLITICO

L’Ingegner Antonio Pastore, presente come assessore all’Urbanistica nella giunta comunale negli anni 1985-1990, è stato un politico di valore sul piano tecnico e sul piano politico. Come Amministratore Pubblico ha sempre agito con spirito collaborativo con tutte le forze politiche presenti in consiglio comunale.

Le sue proposte alla giunta riguardanti le opere necessarie alla città erano interessanti e attuabili.

Alla fine del suo mandato continuò a dialogare con gli esponenti della vita politica cittadina sempre con l’intento di perseguire il bene della nostra città.

CARLO GALIMBERTI 

 IL MIO MODELLO DI PUBBLICO AMMINISTRATORE

Ci siamo conosciuti un sabato sera di quasi 40 anni fa durante una cena tra compagni socialisti.

Siamo diventati amici dopo, durante le interminabili riunioni del direttivo del martedì sera nella sezione del PSI di Ospiate di cui poi è diventato segretario politico.

Non aveva un carattere facile, era determinato ed era difficile fargli cambiare idea.

La prima volta che venni candidato al Consiglio Comunale di Bollate, un giornalista mi chiese a quale politico bollatese mi ispiravo, io risposi: ”Antonio Pastore perché è stato l’artefice, da assessore, del più grande cambiamento urbanistico di Bollate sapendo coniugare l’antico con il moderno.”

Purtroppo dopo il mio matrimonio e il mio trasferimento a Caronno Pertusella ci siamo persi di vista.Sono contento ed orgoglioso di averlo conosciuto e di averlo avuto come amico.

Che la terra ti sia lieve.

MASSIMILIANO CASELLI

SIATE INCOSCIENTI

Per molti di noi Antonio è stato un eterno rompiscatole. Difficile perciò affermare, lasciatemi dire una cosa che voi non sapete di Antonio perché ognuno di voi avrebbe almeno un episodio memorabile da raccontare.

Io, nonostante un attaccamento quasi viscerale a Bollate, me ne sono andato via a 40 anni, mentre Antonio ha sempre cercato di cucire una nuova relazione con la sua Bollate.

Lo ricordo, negli anni  della politica attiva, passare a trovare quasi tutte le sere sua madre Flora. Si chiudevano nel cucinino e credo di poter dire – se mi passate il termine – che si confessasse. Chi ha frequentato Antonio in quell’epoca ha conosciuto il dispiacere che lo ha colpito per non poter proseguire la politica attiva sul territorio.  Con il tempo, però, abbiamo tutti capito come sia naturale accettare le stagioni della politica. Non so dire se Antonio questo lo avesse mai capito o accettato.

Pochi giorni fa riflettevo sul dinamismo di chi lavora in Partita Iva e mi viene da sottolineare come quella tenacia di Antonio nel buttarsi nelle diverse avventure derivasse da quella esperienza lavorativa. È stata una persona che alcuni definiscono un portento o un pozzo di idee. Non so se questo sia totalmente vero.  Di sicuro è stato coraggioso e come direbbe il poeta un incosciente. Le sue iniziative erano quasi sempre fresche per due motivi.  Il primo era perché non mollava mai nonostante le difficoltà e l’avanzare dell’età, Il secondo perché, nonostante il carattere decisamente complesso, i suoi amici erano sempre li a sostenerlo. Antonio ha avuto un pugno di amici che han saputo tante volte tenerlo con i piedi per terra.

Molti considerano Antonio un creativo. Non credo fosse un creativo, è stato invece un interessante talent scout. Ha dato credito a tanti giovani e meno giovani e questo, in una società in cui si è perso il senso o il valore della fiducia, gli va assolutamente riconosciuto.  Se penso alle nostre vite senza Antonio penso al silenzio. C’era sempre un buon motivo per discutere con lui. È stato umorale ed irrequieto ma la sua passione per le istituzioni locali, il suo desiderio di alzare l’asticella, oggi lo consegnano a Bollate come una delle figure di spicco del dopoguerra cittadino. 

Come ha ricordato il Sindaco Vassallo, in apertura della cerimionia della festa della Repubblica, ci mancheranno la sua intelligenza e la sua simpatia.

Siate incoscienti come Antonio.

PAOLO GAIOTTO

ANTONIO ERA…

Antonio era quello del campari alla domenica a mezzogiorno con papà, Antonio era quello a cui chiedere, Antonio era quello di cui fidarsi… l’ha detto Antonio, Antonio era quello sempre del campari a mezzogiorno al giorno di Natale, Antonio era quello dei progetti, Antonio ha in mente questo prova a guardare cosa puoi fare, Antonio ha creato Bollate Oggi, Antonio ha ri-creato Bollate Oggi, Antonio era Antonio e la Piera, Antonio era quello delle acciughe al peperoncino, papà ma sono troppo piccanti, sono buone le ha fatte Antonio, Antonio era “esco vado con Antonio”…..

Cosa posso dire di Antonio, era l’amico di mio papà.

FILIPPO BORDEGONI

UN AMICO VERO

Alla fine degli anni sessanta io ero segretario cittadino dei giovani socialisti e convinsi  Antonio ad iscriversi al partito. Si iscrisse, iniziò a partecipare all’ attività politica , si candidò alle  elezioni cittadine, fu eletto consigliere e infine, nel 1985, assunse  la carica di assessore all’ urbanistica contribuendo a  trasformare  sostanzialmente Bollate  dal parco centrale al centro cittadino. Quando fu aperta  la  biblioteca comunale, nei locali del nuovo  palazzo in via Garibaldi 52, creammo un gruppo di giovani   che  con incontri, mostre,  manifestazioni teatrali e musicali, promosse negli anni settanta numerose attività  culturali  molto  partecipate dai cittadini. In quel periodo fondammo anche  un giornale cittadino  “Bollate oggi“ di cui Antonio era il direttore, che si pubblicò con successo per 4 numeri.

La mia collaborazione con Antonio fu intensa anche in ambito professionale, aprimmo a Bollate una sede della CNA, quando lui era presidente , ed iniziammo a progettare la riqualificazione della ex area Boston.  Anche quando  i suoi  incarichi politici e professionali lo impegnavano  fuori Bollate, Antonio ha sempre partecipato attivamente  a tutte le iniziative culturali e politiche bollatesi. L’ ultimo e più prezioso  ricordo di una amicizia  di oltre cinquant’anni  risale alla fine del 2020 quando lo incontrai, appena uscito dall’ospedale dopo il difficile l’intervento che ho subito, e per  un’ ora mi incoraggiò a resistere,  insistere nella riabilitazione e riprendere la vita normale con più entusiasmo come fece lui otto anni prima. 

LUIGI QUINTERIO

 “La squadra del 46 al suo capitano Antonio”

Antonio, ricordo che giocavamo a pallone tutti i pomeriggi in strada, ma tu avevi i piedi a banana e perciò eri uno “scarso”.

Naturalmente, a tua difesa, sostenevi che il calcio non ti interessava per nulla ed invero usavi meglio la lingua dei piedi.

Poi sei migliorato, vero è che l’ultima volta che ci siamo visti ho scoperto che la tua cultura sportiva aveva fatto passi da gigante, nella tua avanzata maturità hai addirittura scoperto che i colori del Milan sono il rosso ed il nero.

Ma so che, nella vita che conta, sei stato un grande in tutto quello che hai fatto.

Ti ricordo con affetto, un abbraccio.

Marino Pezzali

Antonio, mi è stato chiesto di scrivere due parole in tuo ricordo: cosa dire, tutti hanno parlato e parleranno bene di te, ma io voglio approfittare dell’occasione per parlarne male.

Sono Antonio anch’io, siamo nati a settembre, io il 14 tu ai primi del mese, a 50 metri di distanza, e già da piccolo, me lo diceva mia mamma, eri un rompiscatole perché strillavi che ti sentivano in tutto il vicinato.

Ai tempi delle elementari, nel pomeriggio, ci chiamavamo per andare ‘giù a giocare’: si diceva proprio così perché giù era la strada, la via Concordia, che era la nostra palestra, il campo di calcio e di bocce e di tutti gli altri giochi.

Tu arrivavi ciondolando con aria stanca, con la canottiera troppo larga e le scarpe consumate (ma eravamo tutti messi così) e avevi addosso, scusa se lo dico, ma mi è rimasto impresso, un odore di pesce fritto.

Il calcio, o meglio il pallone, non ti piaceva e quando ti capitava la palla tra i piedi la tiravi a casaccio con le sgridate degli altri.

Questi sono i primi ricordi che ho della nostra infanzia.

Il mio intento di parlar male di te è tutto qui: altro non riesco a trovare.

Dove sei adesso?

Ti immagino davanti al Padreterno a proporgli qualcosa di nuovo nella gestione del suo operato che non condividi appieno.

Ciao

Antonio Kunduragian

Ciao Antonio. La nostra amicizia inizia negli anni 60. Pur abitando vicini, tu in via Gramsci, io in via Concordia, nati a un mese di distanza, non fummo mai nelle stesse classi né delle elementari e né delle classi superiori.

Incominciamo a frequentarci sempre più spesso, soprattutto nei periodi estivi, un giorno a casa tua uno a casa mia. Avevi già allora la voglia di sperimentare: Iniziammo a costruire una pila di Volta, avevamo 15 anni, poi ti venne l’idea di costruire razzetti, era l’epoca dei primi satelliti artificiali, partendo dai tubicini di alluminio di un disinfettante della gola a base di formaldeide (quanta ne abbiamo assorbita!) riempiti di teste di fiammiferi controvento. Ti ricordi la paura che prendemmo quando uno di questi andò nel giardino dei tuoi vicini?

Quante serate “stupide e vuote”, direbbe Jannacci e nottate abbiamo passato parlando di tutto, tranne che di calcio che non ti interessava, fumando Nazionali o Stop col filtro fino ad esaurimento del pacchetto; e in queste serate ci confidavamo i nostri progetti, le nostre ambizioni, i nostri segreti.

La nostra amicizia fu rinsaldata dalla vacanza estiva al mare, a Spotorno nel 1966, indimenticabile per me e credo anche per te. Ricordi noi due con pochi soldi, 8 giorni di libertà assoluta? Negli anni successivi ce ne furono altre, belle sì, ma “la prima non si scorda mai”.

Il lavoro e lo studio ci allontanarono sempre più, riconosco essenzialmente per colpa mia del mio trasferimento a Milano, fino a quasi non vederci se non di sfuggita per quasi 30 anni; ma negli anni 2000, ci rincontrammo per alcune cene e celebrazioni dei nostri anniversari, cioè della Classe 1946. Sempre però sapevo dei tuoi successi e delle tue attività, politiche, industriali e nei vari campi in cui ti proponevi.

Poi ……

Ciao Antonio, ciao

Nazzareno Marcon

Caro amico mio, come è possibile raccontare compiutamente quale uragano di vitalità, allegria e di ironia tu sia stato?

Ricordo bene la nostra infanzia, le serate passate con tuo padre Vincenzo a discutere su tutto, il periodo universitario, l’aiuto che mi hai dato nel mondo del lavoro, la comune voglia, pur da sponde differenti, di migliorare il mondo, sicuri di essere capaci di farlo perché ce l’avevano detto le nostre mamme e quindi, verità non discutibile.

Nell’affastellamento dei ricordi di una vita, un periodo per me speciale è stato quello della scuola elementare.

E il nostro totem, sempre visto da due sponde diverse, era il maestro don Rizzo.

Don Rizzo ti chiedeva: “Antonio quanto fa 6X9”?

E tu incominciavi a ragionarci su: “ Se il 6 fosse 5 ed il 9 fosse 10, sarebbe 5X10=50, poi……..”

Allora don Rizzo ti incalzava “Le tabelline Antonio, devi studiare le tabelline!”.

Tu intanto avevi finito i tuoi ragionamenti e, con voce squillante, ci assicuravi che il risultato era  “54”.

Stupore di don Rizzo e di tutto il pubblico presente. Personalmente, anche dopo gli esami di analisi, non ho mai capito quale fosse il tuo procedimento.

Le cose ti andavano meglio in italiano giacchè, mentre la gran parte della classe doveva fare i conti con la sovrapposizione del dialetto milanese alla lingua nazionale, tu eri nato con i tuoi panni già sciacquati in Arno.

E credo che anche tu hai molto amato la tua infanzia: quando hai visto questa foto hai mormorato “che bello!”

E poi le cene con i coscritti, eventi di cui eri la forza motrice, ma forse non tutti sanno che, più del menu, ti interessava la data: se non era un equinozio (possibilmente di primavera) od un solstizio, la lotta era dura.

Antonio, mi hai onorato, rallegrato, arricchito con la tua amicizia e questo è stato per me molto bello.

Arrivederci

Albino Luzzini

Abito dagli anni 80 in un condominio con tradizionale riscaldamento centralizzato. Durante un inverno piuttosto rigido si blocca l’impianto e non c’è verso di farlo ripartire, neanche dagli addetti alla manutenzione. Si rimane al freddo per 2 giorni e casualmente Antonio viene a trovarmi.

“Che freddo cane fa qui dentro” dice, ed io “Certo, non va l’impianto e non riusciamo a rimetterlo in funzione”. 

“Impossibile, andiamo a vedere.”  E con l’amico Renato che ha le chiavi entriamo nel locale caldaia.

Antonio comincia a guardare, chiedere, smanettare, smadonnare e dopo aver fatto di suo per alcuni minuti preme il pulsante del bruciatore e tac, parte! rimane acceso e inizia a scaldare l’acqua.

Io sono sbalordito e Renato ha le lacrime agli occhi ed emozionato ci invita a bere un bicchiere di quello buono a casa sua.  Rimasti soli chiedo ad Antonio: “ma come diavolo hai fatto?

E lui: “Beh, sono o non sono ingegnere? “

Gianmario Pasi

Crediti: foto Giordano Bordegoni e Giordano Minora