Andavamo alla Stella

Il paese in un bar

lI gestore della Stella Pietro Borroni (primo a destra) con un gruppo di affezionati avventori (primi anni Trenta)

Ci sono luoghi che funzionano nel tempo come beni rifugio e che racchiudono dentro di sé la vita, la cultura, il costume di un’epoca. In questi locali, tra le discussioni ai tavolini intorno alle pagine della rosea, una mano di scopa, un calice di rosso, si metteva in scena una commedia umana che andava al di là della semplice frequentazione, trasformandosi in un autentico teatro popolare che raccontava il piacere, la fantasia, il lavoro, la passione di una comunità. La Stella, il circolo ricreativo di via Magenta, rappresentava una di questi ritrovi esistenziali, dove l’aggregazione, la socialità, il mutuo soccorso si declinavano con l’appartenenza ad una identità territoriale, intercettandone i bisogni, i desideri, i riti familiari di generazioni che hanno attraversato dapprima il travaglio e le difficoltà della guerra e poi la voglia di ricostruzione, incrociando alfine il progresso.

“ Te la chi la Stella”: il bar una tribuna sul paese

Situata all’interno del cortile centrale di via Magenta, la Stella – data di nascita 1910, come da contratto d’affitto stipulato tra la proprietà Uboldi e il gestore Borroni- era famosa per essere un punto di ritrovo della Bollate contadina, bar- trattoria con annesso il gioco delle bocce, messo di traverso con le tre “gobbe”, chiuso dal pergolato di glicine che ne faceva una delle attrazioni nella bella stagione e sotto il quale si apparecchiavano allegre tavolate. Si giocava, (bocce, carte e morra), si mangiava, soprattutto si bevevano “lampadine”, intese come tazze di rosso.

La Stella si trovava in posizione centrale della via Magenta come documentate da queste due immagini d’epoca

Angela Consonni e la figlia Adele Borroni posano davanti all’ingresso della Stella – fine anni Venti

Il contratto d’affitto tra  Don Luigi Uboldi , il proprietario dei locali della Stella, e il gestore Pietro Borrroni siglato nel giorno di San Martino (11 novembre 1910)

“Il recordman indiscusso era papà Cerri, usciva dalla Ceramica, dove lavorava, intorno alle 17 e faceva tappa fissa alla Stella e prima di rincasare se ne scolava una decina senza un plissè“. Al contrario del Morandi che “dopo aver fatto il pieno non si reggeva in piedi, tanto che bisognava ricorrere al pronto intervento del furgunin a pedali di Pietro Minora per portarlo al suo domicilio alla Bergamina” (via Piave di fronte all’ospedale).

Quando non esisteva il test alcolico. Esemplare del furgoncino a pedali con il quale Pietro Minora trasportava, seduto su una sedia, il Morandi alla sua abitazione di Cascina Bergamina.

Si suonava e si ballava, il sabato sera, in particolare ai tempi della gestione di Renzo e Lina Borroni. Il patron, a una certa ora della viglia di festa, imbracciava la fisarmonica e con il supporto di Ermanno Fumagalli alla batteria e di un sassofonista proveniente da Novate infiammava l’atmosfera con lo swing e altri ritmi. Si aprivano cosi le danze, che avevano tra i principali protagonisti il ballerino Ezio Longoni e “ el Cunscin”, al secolo Antonio Figini. Il clou della serata era però l’attesissima esibizione di Teresina Rubagotti che, prima sulla celeberrima melodia di “Lili Marlene” e poi con la sensuale interpretazione de “limonero me dolce corazon”, accendeva il suo show ballando sui tavoli, toccando l’apice quando, sulle note di uno scatenato foxtrot, sollevava sgambettando le ampie gonne per la felicità dei presenti in sala e suscitando le fantasie dei minori che, appesi alle grate esterne delle due finestre del locale (era rigorosamente vietato loro l’ingresso), sbirciavano da fuori aspettando con trepidazione questo momento che dava spessore alle loro pulsioni adolescenziali. “L’unico pinela che riusciva talvolta ad infilarsi all’interno per godere dello spettacolo era l’ingegnoso Elio Fumagalli”.

Renzo Borroni virtuoso della fisarmonica, animatore degli eventi che si svolgevano nel locale – Anni Quaranta

L’orchestrina diretta da Renzo Borroni (alla fisarmonica)  che allietava le serata musicali della Stella – Anni Quaranta

Carlo Alzati, detto “Giotta”, posa in via Magenta con la fisarmonica dopo essersi esibito all’interno della Stella – primi anni Quaranta

I TIPI DA BAR

Sui tavoli del circolo capitava sovente si esibissero anche alcuni strani tipi che con i loro numeri, la mimica eloquente, la battuta spiritosa facevano da spontanei intrattenitori: è il caso del già citato “Cunscin”- da ragazzo campione nella oratoriana Ginnastica Romana e successivamente nel ciclismo con il Pedale Bollatese- che palesava le sue qualità atletiche, tra tavoli e sedie, con acrobatici esercizi che richiamavano esclamazioni di sorpresa e applausi allo stesso tempo. A differenza del “Vermili” (“tal Rossetti c’hel stava in Curt di Stati Uniti”), che si improvvisava “martur”, pagliaccio, per creare momenti di ilarità ed allegria. Tipi bizzarri che con la loro simpatia contribuivano ad animare l’ambiente.

I SOPRANNOMI

In ogni bar di paese che si rispetti, ciascun frequentatore, salvo qualche raro sconosciuto foresto, aveva un soprannome che lo identificava, in genere lo si conosceva solo per quello senza sapere la vera identità. Così, al bancone della Stella, si poteva sentire appellare “el Feroce”, ricordando di lui solo il nome di battesimo Carlo e il fatto di essere un “ghess” con la stecca del biliardo, identico refrain per lo Stefano “Pumpun”, “el Gris del Brenna”( tal Cesati), “el Linacchia”( tal Tenconi), “el Ramo” (tal Rossetti). Addirittura alcuni era identificati solo dal soprannome come il fattore del conte Radice Fossati, noto per il nomignolo di “Bagiana”, faceva il paio con “el Nicetta” e “l’Angiulettu”, quest’ultimo celebre per essere un tifoso juventino sfegatato. Per altri si rammenta l’intera generalità, suddivisa in soprannome, nome e cognome: “el biscela”, al secolo Germano Pasqualini, “el Pic”, al secolo Luigi Panza, “el Scuster”, al secolo Antonio Boniardi, “el Muntun”, al secolo Candido Meroni, “el General”, al secolo Gino Rossi ( “el g’aveva semper in ment i donn e ie purtava dedree al gioc di bocc”), “el Cipo”, al secolo Silvio Annoni, “el Sciampagn”, al secolo Andrea Grassi, “el Pirulin”, al secolo Silvio Pirola, “el Giuan de Strada”, al secolo Giovanni Strada, noto per essere non solo un provetto parrucchiere ma soprattutto il miglior rigulista alle bocce, in concorrenza con Pierino Rossi, che poi gestirà la bocciofila all’osteria della Vignetta (via De Amicis), e “cunt el Cianot”, Luciano Boniardi, che qualche anno più tardi spopolerà alla bocciofila La Rosa di via Garibaldi. Solo ad elencarli uno per uno viene fuori una galleria di ritratti di paese straordinari e indimenticabili, talmente assurdi nei loro appellativi da essere veri più dell’immaginabile. Personaggi più o meno caratteristici nel loro genere, passati alla cronaca per le ingegnose avventure messe in atto. Il “Scuster”, per esempio, uno dei più intraprendenti, quando la compagnia era stufa di fumare ”i barbis o i cavei di loff” (pannocchia), si muniva di una canna di bambù sulla quale posizionava un chiodo poi, radunata la compagnia, la conduceva alla vicina tabaccheria della Cecchina Ferrario e mentre gli amici la distraevano con una raffica di richieste lui “pescava” il primo pacchetto di sigarette che capitava a tiro. A operazione compiuta se la squagliavano, dividendosi la refurtiva, con o senza filtro, sulla costa di fronte alla Bergamina. In altre occasioni era l’acrobata che guidava la cordata che dava l’assalto al frutteto del “bagiana”, che dava sul cortile di via IV novembre (attuale giardino della sede della biblioteca). Una volta vennero colti sul fatto mentre erano intenti a racimolare il bottino sui rami dell’albicocco: il Scuster non si perse d’animo e cominciò a lanciare i frutti contro il fattore che li stava minacciando con la forca, consentendo dapprima agli amici di mettersi in salvo con una parte del raccolto, successivamente sgattaiolando dentro l’abitazione del fattore stesso facendo perdere le tracce.

Gruppo di avventori ai tavoli esterni della Stella – Anni Quaranta

I GIOCHI

Le bocce, nel campo in fondo al cortile, erano gettonatissime e i ragazzini facevano a gara a tirare il rullo e “fa pasà el strasc” per preparare il terreno per le partite con lo scopo di raggranellare qualche moneta di ricompensa. Una mansione che il pinela Giuseppe Strada ha compiuto parecchie volte e che gli ha permesso di racimolare i soldi per farsi fare su misura una bicicletta sportiva da Carlo Luini, “il mago della spinetta”, che aveva la bottega nella confinante curt Sant’Anna, “vicino al Turati carbunée”. Anche il Luini, insieme al figlio Massimo, specializzato nelle moto Guzzi, lo si  incrociava giornalmente tra i tavoli del bar. Naturalmente i giochi delle carte, “scopa e tresette ciapà no su tutti”, la facevano da protagonista, seguire le partite era davvero uno spettacolo fatto di discussioni indiavolate tra una mano e l’altra e che spesso finivano con insulti piuttosto pesanti. Durante la partita, invece, gli stessi giocatori erano impegnati a lanciare occhiate compiacenti verso gli spettatori disposti intorno al tavolo per captare un segnale che indicasse le carte in mano agli avversari, tanto che dalle reazioni del pubblico alla varie giocate si poteva capire se la carta ballata fosse quella giusta o meno. In questo clima da stadio si possono immaginare le reprimende al limite del consentito se qualcuno perdeva il settebello di mazzo. Altri giochi erano la morra e il rientro. Per Natale era tradizione giocare al mercante in fiera

Il campo di bocce della Stella si trovata all’interno della Cort di Ubold – Anni Trenta

I NERVETTI DEL 2 NOVEMBRE

In occasione del due novembre, la ricorrenza dei defunti, la gestione della Cooperativa la Speranza istituì l’usanza di far cucinare, dal provetto macellaio Stefano Brambilla, “nervitt, tempia, pescit cudicc, urecc”e distribuirli sui tavoli dei suoi tre circoli, la Stella, il San Carlo di via Garibaldi e il San Martino nella omonima via. Prelibatezze innaffiate da vino in abbondanza e, per favorire la digestione, accompagnate da un bicchierino di grigio verde. Per ragazzi e bambini d’obbligo solo la spuma.

I GESTORI

Oltre ai coniugi Borroni, si ricordano Pierino Rossetti, Franco Mantegazza e Primo “Primetta”. Poi, nel 1947, la proprietà del locale è passata alla Cooperativa di Consumo la Speranza e si sono alternati diversi gestori, il più noto Giosia Monti, che ha fatto avanti indietro con il bar San Carlo. Gli è subentrato Aldo Bertoni, promettente calciatore della Bollatese, che per 37 anni, con la moglie Marzia, ne ha amministrato le sorti prima che si abbassasse definitivamente la clér, a parte la sporadica parentesi di Trinchinetti.

Il CONTE AVVOCATO

Uno degli avventori più ricercati, accolto sempre con la massima riverenza, era il conte Tonino Radice Fossati, chiamato dagli intimi del bar “Camisa” per la sua eleganza da dandy cittadino. Viveva di casato riflesso perché era il cugino del conte autentico, Eugenio, il più importante proprietario terriero del paese, nonché autentico benefattore di importanti iniziative sociali. Non che “il conte Tonino” se la spassasse male, avvocato con studio nella Curt di pee bianc (Via Piave 1) , amministrava i beni di famiglia che andavano da via Magenta fino ad Ospiate. Single, socievole, amante della compagnia,” specie se c’erano giovani aitanti”, essendo uno dei pochi ad essere munito di automobile, una invidiabile Fiat 1100, scarrozzava volentieri gli amici tra Milano, dove risiedeva, e i laghi offrendo loro lauti pranzi. La sua compagnia di giro era quasi sempre la stessa, el Giusepp Pumpun, ovvero Giuseppe Rossi, i fratelli Giorgio e Sergio Strada, Fausto ed Elio Cesati, Elio Fumagalli, Renzo Filippini, Lucio Luzzini. Tuttavia, oltre che amante della bella vita e del divertimento, anche Tonino possedeva senso civico, tanto da appassionarsi all’attività sportiva cittadina divenendo in tempi diversi presidente della Bollatese calcio e del Pedale Bollatese. 

Foto di gruppo dei soci , sostenitori e giovani calciatori della Bollatese Calcio – premitati dal Sindaco Aquino – Anni Ottanta

Il suo intervento risultava provvidenziale quando le casse societarie erano al verde. Della Bollatese è stato, da un lato, il presidente di quella che la stampa definì “una bella prodezza”, la vittoria da imbattuta nel campionato di prima Divisione della Lega Lombarda del 1957; dall’altro, quello che dovette stigmatizzare con un manifesto pubblico “l’indegna gazzarra “ dovuta alle intemperanze di alcuni tifosi: inferociti per il comportamento dell’arbitro, ritenuto avverso ai colori nerostellati, invasero il campo dando vita ad una rissa che costò la sconfitta a tavolino, multe e squalifiche che portarono alle dimissioni dello stesso presidente.

Pranzo sociale della Bollatese Calcio alla presenza del Sindaco Elio Aquino. Anni Ottanta

La premiazione di una gara di boccette alla presenza del sindaco Aquino – Anni Ottanta

Ovviamente a tenere banco in queste situazioni era la Stella che fungeva da sede sociale, non per niente era il luogo deputato allo sport cittadino: ha tenuto a battesimo diverse generazioni di atleti locali, dai gemelli della Curt Sant’Anna, Antonio Seveso e Lino Annoni, approdati nelle giovanili del Milan vinsero il trofeo di Viareggio nel 1952. Seveso finirà nella massima serie a difendere le porte di Milan e Catania, mentre Annoni, causa guai fisici , realizzerà i suoi sogni di gloria nella Bollatese. Nel ciclismo, il possente velocista Carlo Alzati, detto Giota , noto per le sue imprese nei circuiti cittadini e sul velodromo di via Piave, beniamino del Coo de Soot, rione dal quale sono originate le due ruote cittadine, grazie alla passione “del presidentun Pietro Minora” e dei suoi amici Mario Boniardi, detto Canada, Candido Meroni, detto Muntun. Ernesto Minora ”el Nan”, Ambrogio Brioschi e altri. Naturalmente tutti assidui frequentatori della Stella.

A sinistra, palco giuria di una corsa ciclistica posto davanti alla Stella – Metà anni Settanta. In centro e a sinistra: traguardo di arrivi di corse ciclistiche davanti alla Stella- anni Trenta e metà anni Settanta

SI CAMBIA LOCATION

Poi il progresso ha chiesto spazio per le esigenze di trasformazione del paese, abbattuti i cortili per nuove e più comode abitazioni,” con acqua corrente e riscaldamento in casa”, cambiano anche gli stili di vita,”si preferisce parlare in italiano abbandonando il dialetto, ci sono meno contadini e più operai e impiegati perché si va a lavorare a Milano”. Demolita la storica sede nel cortile della Curt di Ubold, nel 1966 la Stella ha trovato dimora sotto i portici dei nuovi condomini realizzati dalla Cooperativa Edificatrice San Martino, riuscendo tuttavia a conservare la sua caratteristica di ritrovo popolare seppur con connotati diversi. Mutati personaggi ed interpreti, si sono affacciate nuove generazioni: la compagnia di Stefano Minora e Giovanni Barlassina, Stefano Panza con i suoi amici Luigi Boniardi e Fulvio Spaggiari, i fratelli Bianchi, il clan di origine bergamasca dei Bessi, Domenico “Meco” Sartirana, il super interista Antonio Barlassina, il Claudio sacrista, l’Erminio Varisco (“che in coppia cunt el Luisun Marass avevano un ruolo dirigenziale nella Bollatese”), “el pumpunin”, alias Roberto Rossi, el Pino Vito, el Pandolfi, il Gino Carsana e tanti altri.

Palco della giuria di una corsa ciclistica – Metà Anni Settanta

Addirittura ha ospitato un Inter Club. Nell’arredamento sono comparsi i tavoli da biliardo e sono state ricavate apposite salette per i sodalizi sportivi. Proprio in una di queste, in prossimità delle festività natalizie di inizio anni Settanta, è passata alla storia la celebre comunicazione del presidente Angelo Marazzi, convocata con tutti i crismi dell’ufficialità al termine di un girone d’andata piuttosto disastroso per la classifica della Bollatese. Tutti si aspettavano una dura ramanzina presidenziale, invece, una volta presa la parola, Marazzi si è limitato a sentenziare a mo’ di tiritera: “Bagai, l’andada l’è andada me l’è andada…pensemm al ritorno. E adess andemm tuc a beff un quaicoss”. Dichiarazione che nella sua bonaria essenzialità ben riassume l’atmosfera di appartenenza solidale che si respirava alla Stella, frequentarla significava infatti essere partecipi di un autentico sentimento di identità locale. A conferma di quel che sosteneva Luigi Minora:

“per mi l’è minga festa se passi no un para d’ur a la Stella”.

Paolo Nizzola

(hanno collaborato con i loro ricordi in rigoroso dialetto, Sergio Strada, Giancarlo Annoni e Stefano Panza)

La nostra Stella

Era il giugno del 1976 e con mio marito Aldo Bertoni abbiamo deciso di prendere in gestione il bar Stella, locale che necessitava di un rilancio. Una sfida imprenditoriale che ci apprestavamo ad affrontare con tanto entusiasmo, consapevoli di trovarci di fronte ad un  ambiente storico non solo per il rione ma per l’intera Bollate. Da subito abbiamo deciso di mantenere quell’atmosfera accogliente di luogo di ritrovo che lo ha sempre caratterizzato, naturalmente adeguandoci alle esigenze dei tempi e dei nuovi avventori.

Del resto, Aldo avendo giocato nella Bollatese ( è stato uno dei protagonisti della vittoria del campionato di prima categoria del 1972) aveva avuto modo di frequentare e respirare quel clima di aggregazione sociale, dove a dare la linea erano sempre le imprese sportive, a cominciare dal pallone. Quante infiammate discussioni, la domenica pomeriggio, appena finivano le partite e prima di iniziare la visione comune, dal televisore piazzato su una parete del locale, di Novantesimo Minuto, con tutta la sequenza di gol presentata dal volto di Paolo Valenti.

Tre testimoni della storia della Stella, da sinistra Stefano Panza, Giancarlo Annoni e Sergio Strada

L’atmosfera  e  i personaggi  della Stella nei ricordi dei  due testimoni  Giancarlo Annoni e Sergio Strada.

Limon Limonero di Claudio Villa

Non perderti le magiche note della canzone che riscaldava gli animi del bar Stella di Bollate

Intercettando poi una moda in voga a quell’epoca, abbiamo promosso sui due tavoli dal tappeto verde, tornei di boccette che vedevano una numerosa partecipazione sia di concorrenti sia di tifosi, in palio un prestigioso montepremi, tanto che a premiare erano chiamate le autorità locali, spesso il primo cittadino di allora Elio Aquino. Inoltre, proprio per cementare lo spirito dello stare insieme, per una ventina d’anni il 1 maggio si è organizzata la gita sociale in pullman in diverse località turistiche. Supporter appassionato dell’iniziativa è sempre stato Antonio Boniardi, da tutti conosciuto come “Gimondi”. Lo stesso “Gimondi”, aiutato nell’occasione da Livio Gallotti, si faceva promotore della gara a scopa d’assi riservata ai pensionati che si teneva il primo week end di ottobre: mille lire a coppia la quota di iscrizione, con una varietà munifica di regali offerti da parecchi commercianti. Momento indimenticabile era però la cerimonia della premiazione, non solo per omaggiare i vincitori, soprattutto perché per celebrare il buon esisto dell’evento c’era vino a volontà per tutti: una damigiana di 55 litri offerta ai presenti che serviva per accompagnare gli oltre 300 salamini, cotti al momento con l’aiuto degli esperti Paola e Carlo, genitori di Aldo, ai quali si affiancavano diversi clienti che si rendevano disponibili spontaneamente a servire tra i tavoli. In questo clima di allegria comunitaria poteva succedere che qualcuno alzasse un po’ troppo il gomito e, tra lo spavento generale, cadesse di peso sul pavimento ubriaco fradicio. E mentre a fatica venisse fatto accomodare sul lettino dell’ambulanza di soccorso, chiamata d’urgenza, continuasse a leccare le gocce di vino che uscivano dal naso e scorrevano dalle orecchie. La cosa sorprendente però si è palesata il giorno dopo quando lo abbiamo visto ripresentarsi in gran forma e senza alcuna conseguenza di quello che gli era capitato il giorno prima. Il miracolo della Stella!!!

Gimondi alle prese con la cottura dei salamini

Domen ica 5 Maggio 2013. L’ultimo giorno della Stella

Ma non c’erano solo pensionati, si era formato un bel gruppo di ragazzi ,provenienti dall’oratorio, che rendevano giovanile l’ambiente tra partite a biliardo e sfide a carte, qualche volta saltava fuori anche una chitarra per una cantata in comune, praticamente hanno passato da noi tutta la fase della crescita di gioventù Ne è nata una bellissima amicizia che mi porto ancora nel cuore anche adesso che li vedo adulti, genitori e qualcuno già nonno. La Stella è sempre stata considerata un covo nerazzurro cosi, nel 2008, abbiamo costituito un ‘Inter club’ con decine di iscritti e alcuni giocatori della beneamata presenti in mezzo a noi il giorno dell’inaugurazione. Si può perciò immaginare la mega festa realizzata in occasione della vittoria del triplete nel 2010, una autentica apoteosi interista, tanto che qualche tifoso invidioso di altra squadra ha pensato bene di farci un dispetto rubando la bandiera esposta fuori dal bar. Nel 2013 è scoccata l’ora della nostra meritata pensione, domenica 5 maggio, prima di alzare per l’ultima volta la cler, abbiamo trovato ad accoglierci un affettuosissimo striscione di ringraziamento dei nostri clienti, bella improvvisata che ha avviato i momenti di forte emozione e commozione che ci hanno accompagnato nel corso degli innumerevoli brindisi di commiato. Da quel gesto abbiamo compreso che tra quelle mura di via Magenta abbiamo vissuto un’esperienza di vita indelebile, allo stesso tempo siamo stati punto di riferimento per la crescita di tante persone. Lo confermano le testimonianze sincere di questi ragazzi di una volta, adesso sessantenni.

Ale- Grazie al gioco delle boccette, che ho imparato da sbarbato alla Stella, sono cresciuto alla vita, ho cominciato ad interagire con persone più adulte, confrontandomi con modi di dire e di pensare diversi ,imparando così a rapportarmi con gli altri. Il tutto favorito dal clima di sana amicizia che Marzia e Aldo hanno saputo creare nell’ambiente.

Elda- Ero ragazzina quando ho cominciato a bazzicare la Stella, era il punto di ritrovo di noi ragazze, quattro chiacchiere nel pomeriggio dopo la scuola, mentre i ragazzi erano alle prese con le boccette. Dietro al banco, come una padre vigile, il baffo sempre sorridente di Aldo(aveva un’unica pecca, era interista). Marzia, dal canto suo, era intenta a tenere a bada con i” bianchin sprusà”i pensionati impegnati con la scopa d’assi. A questo proposito ricordo come fosse adesso quando, in occasione della premiazione del torneo di scopa, aiutavo a cuocere le salamelle: quel profumo inebriante mi restava addosso per una settimana intera!

Tony- Quante “bonarie” discussioni tra noi pinela e gli uomini grandi, frasi e consigli che sono diventati slogan che mi son rimasti dentro. Del tipo: “te mangia la sculciunera”, quando Aldo mi vedeva entrare nel locale un po’ rabbuiato, oppure quando sul panno verde la mia boccetta beveva un po’ troppi punti, allora faceva partire il grido “tocchilo piano!”. Posso affermare senza ombra di dubbio che grazie alla Stella ho trascorso una gran bella gioventù.

Antonio- Eravamo giovani scanzonati pieni di sogni per la testa, talvolta a rischio di qualche sbandata in quel fine anni Settanta. Sapevamo però di frequentare un luogo sicuro e accogliente che ci accompagnava nella nostra post adolescenza: d’inverno nella saletta dietro a giocare a carte, oppure nel salone a sfidarci a boccette, d’estate seduti sui gradini esterni a “contarcela su” sugli ultimi modelli di motorino o sui primi filarini che sbocciavano all’orizzonte. C’era però un punto fermo, la coppia Marzia e Aldo ,due figure onnipresenti che regolavano le nostre esuberanti intemperanze. Erano davvero parte di noi e della nostra vita di ragazzi della Stella.

Carla -sorella di Marzia- La Stella è stata un punto fermo anche per me: luogo di ritrovo con le mie amiche ma anche occasione per dare una mano se c’era bisogno. Certo, per una juventina frequentare un covo di interisti non era proprio il massimo, ma l’amore per mia sorella e mia cognato ha sempre avuto il sopravvento pure sul tifo calcistico. Non sono di parte se affermo che Marzia e Aldo con la loro semplicità, unita alla smisurata passione per il loro lavoro, hanno contribuito a rendere la Stella un ambiente indimenticabile. Al punto che nessun altro è stato in grado di sostituirli.

Di fronte a simili attestati di stima e affetto, sfido chiunque a non farsi venire un groppo in gola e a non farsi scendere almeno una lacrima sul viso in segno di gratitudine

Marzia Volpi, con il marito Aldo Bertoni (scomparso nel dicembre 2020) per 37 anni gestori del bar Stella

CREDITI: Si ringrazia Ennio Banfi per aver gentilmente concesso le foto e  documenti storici. Foto e Archivio di Giordano Minora

Una vita a maneggiare notizie tra giornali, radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico, Ho fatto solo il giornalistaMilanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro Una storia su due ruote), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting). Gaudente a tavola, soprattutto in buona compagnia.  Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.
Paolo Nizzola

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari, la fotografia, la storia locale e lo  sport sono sempre stati al centro dei suoi interessi. Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni Bollate 100 anni di immagini (1978), Una storia su due ruote (1989), Il Santuario della Fametta (2010), La Fabbrica dimenticata (2010), Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014). Ha curato anche diverse mostre fotografiche, fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015), La Fabbrica dimenticata (2010), I 40 anni di Radio ABC (1977). È tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.
Giordano Minora