In ogni bar di paese che si rispetti, ciascun frequentatore, salvo qualche raro sconosciuto foresto, aveva un soprannome che lo identificava, in genere lo si conosceva solo per quello senza sapere la vera identità. Così, al bancone della Stella, si poteva sentire appellare “el Feroce”, ricordando di lui solo il nome di battesimo Carlo e il fatto di essere un “ghess” con la stecca del biliardo, identico refrain per lo Stefano “Pumpun”, “el Gris del Brenna”( tal Cesati), “el Linacchia”( tal Tenconi), “el Ramo” (tal Rossetti). Addirittura alcuni era identificati solo dal soprannome come il fattore del conte Radice Fossati, noto per il nomignolo di “Bagiana”, faceva il paio con “el Nicetta” e “l’Angiulettu”, quest’ultimo celebre per essere un tifoso juventino sfegatato. Per altri si rammenta l’intera generalità, suddivisa in soprannome, nome e cognome: “el biscela”, al secolo Germano Pasqualini, “el Pic”, al secolo Luigi Panza, “el Scuster”, al secolo Antonio Boniardi, “el Muntun”, al secolo Candido Meroni, “el General”, al secolo Gino Rossi ( “el g’aveva semper in ment i donn e ie purtava dedree al gioc di bocc”), “el Cipo”, al secolo Silvio Annoni, “el Sciampagn”, al secolo Andrea Grassi, “el Pirulin”, al secolo Silvio Pirola, “el Giuan de Strada”, al secolo Giovanni Strada, noto per essere non solo un provetto parrucchiere ma soprattutto il miglior rigulista alle bocce, in concorrenza con Pierino Rossi, che poi gestirà la bocciofila all’osteria della Vignetta (via De Amicis), e “cunt el Cianot”, Luciano Boniardi, che qualche anno più tardi spopolerà alla bocciofila La Rosa di via Garibaldi. Solo ad elencarli uno per uno viene fuori una galleria di ritratti di paese straordinari e indimenticabili, talmente assurdi nei loro appellativi da essere veri più dell’immaginabile. Personaggi più o meno caratteristici nel loro genere, passati alla cronaca per le ingegnose avventure messe in atto. Il “Scuster”, per esempio, uno dei più intraprendenti, quando la compagnia era stufa di fumare ”i barbis o i cavei di loff” (pannocchia), si muniva di una canna di bambù sulla quale posizionava un chiodo poi, radunata la compagnia, la conduceva alla vicina tabaccheria della Cecchina Ferrario e mentre gli amici la distraevano con una raffica di richieste lui “pescava” il primo pacchetto di sigarette che capitava a tiro. A operazione compiuta se la squagliavano, dividendosi la refurtiva, con o senza filtro, sulla costa di fronte alla Bergamina. In altre occasioni era l’acrobata che guidava la cordata che dava l’assalto al frutteto del “bagiana”, che dava sul cortile di via IV novembre (attuale giardino della sede della biblioteca). Una volta vennero colti sul fatto mentre erano intenti a racimolare il bottino sui rami dell’albicocco: il Scuster non si perse d’animo e cominciò a lanciare i frutti contro il fattore che li stava minacciando con la forca, consentendo dapprima agli amici di mettersi in salvo con una parte del raccolto, successivamente sgattaiolando dentro l’abitazione del fattore stesso facendo perdere le tracce.