Siamo abituati a pensare che la storia di un particolare territorio si possa ricostruire tramite le architetture rimaste, un castello, un palazzo, le chiese o, al limite, i reperti che gli archeologici ritrovano; mai si pensa ai segni che il paesaggio conserva.
A Bollate, nonostante la forte antropizzazione e l’ intensa conurbazione, ci sono ancora lembi di ambiente rimasti immutati nel corso dei secoli. Uno di questi è la porzione del vecchio bosco del Caloggio, un ‘oasi verde che si estende per circa sette ettari all’interno del parco delle Groane e, dentro la quale, scorre un torrentello, il Caloggio, che da il nome alla zona. Un bene rifugio naturale che resiste inviolato nel tempo.
Il catasto Teresiano del 1718, primo strumento che dà una connotazione precisa all’area, la identifica, come gran parte dei terreni posti a nord di Bollate, in “brughiera alberata”. A confermare questa definizione, sono le specie flogistiche che vi si trovano. Ci sono infatti delle autentiche rarità che possono essere considerate, a tutti gli effetti, dei relitti delle antiche foreste di querce, che un tempo ricoprivano la pianura padana. Proprio nel sottobosco si riscontra questa presenza inaspettata, oltretutto nella forma più appariscente: le fioriture invernali-primaverili.
Queste specie hanno bisogno di un terreno ricchissimo di humus, che solo il suolo di una foresta secolare può avere; nei boschi di recente formazione o nei rimboschimenti risultano invece assenti.
Le fioriture iniziano già in pieno inverno, per sfruttare la luce che filtra dagli alberi spogli, con i campanellini invernali (Leucojum vernum), seguiti dalle scille (scilla bifolca), dagli anemoni di bosco (anemone nemerosa) e dalla pervinca (vinca minor).