ALBERI INFINITI

Le vecchie querce del Caloggio

Il corso del Nirone che costeggia l’Oasi del Caloggio

“Le querce e i pini, e i loro fratelli della foresta, hanno visto sorgere e tramontare così tanti soli, e visto andare e venire così tante stagioni, e svanire nel silenzio così tante generazioni, che possiamo ben chiederci cosa sarebbe per noi la storia degli alberi, se questi avessero la lingua per narrarcela, oppure se le nostre orecchie fossero abbastanza sensibili da comprenderla” (Maud Van Buren)

Siamo abituati a pensare che la storia di un particolare territorio si possa ricostruire tramite le architetture rimaste, un castello, un palazzo, le chiese o, al limite, i reperti che gli archeologici ritrovano; mai si pensa ai segni che il paesaggio conserva.

A Bollate, nonostante la forte antropizzazione e l’ intensa conurbazione, ci sono ancora lembi di ambiente rimasti immutati nel corso dei secoli. Uno di questi è la porzione del vecchio bosco del Caloggio, un ‘oasi verde che si estende per circa sette ettari all’interno del parco delle Groane e, dentro la quale, scorre un torrentello, il Caloggio, che da il nome alla zona. Un bene rifugio naturale che resiste inviolato nel tempo.

Il catasto Teresiano del 1718, primo strumento che dà una connotazione precisa all’area, la identifica, come gran parte dei terreni posti a nord di Bollate, in “brughiera alberata”. A confermare questa definizione, sono le specie flogistiche che vi si trovano. Ci sono infatti delle autentiche rarità che possono essere considerate, a tutti gli effetti, dei relitti delle antiche foreste di querce, che un tempo ricoprivano la pianura padana. Proprio nel sottobosco si riscontra questa presenza inaspettata, oltretutto nella forma più appariscente: le fioriture invernali-primaverili.

Queste specie hanno bisogno di un terreno ricchissimo di humus, che solo il suolo di una foresta secolare può avere; nei boschi di recente formazione o nei rimboschimenti risultano invece assenti.

Le fioriture iniziano già in pieno inverno, per sfruttare la luce che filtra dagli alberi spogli, con i campanellini invernali (Leucojum vernum), seguiti dalle scille (scilla bifolca), dagli anemoni di bosco (anemone nemerosa) e dalla pervinca (vinca minor).

La fioritura dei campanellini

La fioritura degli anemoni

La fioritura della vinca

Quando sono presenti questi esemplari, possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad un bosco arrivato intatto sino ai giorni nostri. Dentro questa incontaminazione, è il caso di dirlo, si innesta il discorso delle vecchie querce del Caloggio.

Sono due maestosi esemplari di genere chiamato farnia (Quercus robur); la loro presenza è da ricercare appunto nella continuità che questa porzione di territorio ha mantenuto nel corso dei secoli.

Quanti anni potrebbero avere?

Visivamente è impossibile stabilire per un albero un’età esatta, specialmente per una pianta cresciuta in un bosco.Potrebbe essere stata per decenni ombreggiata da altri alberi e, una volta conquistata la luce, aver iniziato la sua crescita, perciò, considerate le dimensioni, senz’altro superano il secolo di vita!

 Proviamo ad immaginare in modo romanzato, ma corrispondente alla realtà, la loro storia.

Una delle due vecchie querce del Caloggio, maestosi esemplari di genere chiamato farnia (Quercus robur)

In un autunno degli ultimi anni dell’Ottocento, una ghianda cade da una quercia e inizia a germinare all’ombra del sottobosco.

La sua crescita è lenta. È un alberello che supera a malapena il metro d’altezza. Succede però, a causa della prima guerra mondiale e della grande richiesta di legname pregiato per supportare lo sforzo bellico, che il bosco venga tagliato. Per la nostra quercetta è la salvezza, libera dall’ombreggiamento, cresce velocemente. Tuttavia, la sua ascesa è rallentata da un evento inaspettato.

Nel bosco vengono introdotte nuove essenze, come le americane robinie, dalla crescita più rapida, piante preferite perché assicurano molta più legna in breve tempo, anche se meno pregiata e utilizzabile solo come legna da ardere.

Benché rallentata, la nostra quercia continua a crescere, aiutata dal fatto che le robinie vengono tagliate periodicamente, ogni 5–7 anni, superandole in altezza.

Diventa cosi un albero di discrete dimensioni.

Il cavo porro

Purtroppo sopraggiunge un altro periodo buio: la seconda guerra mondiale. Non tutti i bollatesi sanno che, durante questo conflitto, furono tagliati quasi tutti gli alberi del territorio. Dopo l’8 settembre del 1943, approfittando del caos di quei tragici giorni, un gruppo di abitanti, esasperati dalle privazioni e dalla progressiva carestia, abbatté completamente il bosco di pini silvestri che circondava Castellazzo. Solo le piante all’interno del muro di cinta di villa Arconati si salvarono.

Eppure anche in questo tragico periodo, le due querce sono state risparmiate.

Per quale motivo? Cosa fermò la scure dei boscaioli? Forse la timorosa riverenza verso una specie di albero, la quercia, venerato sin dall’antichità? Domande rimaste senza risposta.

A sinistra, il ponticello di accesso all’Oasi  Caloggio (Foto Giordano Minora). In centro, il sentiero che attraverso l’Oasi. A destra, i colori dell’autunno nel bosco del Caloggio.

Ora, fortunatamente, sono doppiamente tutelate. Sono salvaguardate dall’ente parco e dalla oasi WWF del Caloggio, istituita nel 1993 per custodire questo lembo di territorio, allora in stato di notevole degrado a causa di occupazioni abusive e abbandono di rifiuti.

Lo stato di notevole degrado dell’area a causa di occupazioni abusive e abbandono di rifiuti, prima dell’intervento dei volontari del WWF nel 1993.

In questi anni, con il solo apporto del volontariato, è stato riqualificato il bosco esistente. Sono state favorite, mediante una gestione forestale appropriata, le essenze pregiate come le storiche querce, che garantiscono un alto livello di biodiversità sia nelle specie floristiche che in quelle faunistiche.

Il terreno, completamente bonificato, è stato rimboschito con essenze autoctone: più di mille alberi messi a dimora e sopratutto curati sino alla loro espansione; dal più piccolo alberello alle querce secolari, per consentire alla città di avere un polmone naturale, nel vero senso della parola.

L’oasi WWF è ubicata in via Caloggio, angolo via Verdi. Vi si entra superando un piccolo ponticello sopra un canale. Aperta al pubblico, tranne uno spazio recintato, nel quale sono previste mensilmente delle apposite visite guidate.

Per essere sempre informati sulla sua attività seguite la pagina Facebook :

https://www.facebook.com/oasicaloggio

Maurizio Minora

L’albero monumentale, alto 21 metri, si trova alla Garbiera e delimita la strada dal sentiero sterrato che conduce in direzione di Testa Nuova

L’ALBERO MONUMENTO

Un pioppo nero è l’esemplare di albero monumentale che Bollate può vantare, sui 121presenti in Lombardia. La pianta è stata iscritta nell’elenco nazionale voluto dal ministero delle politiche agricole per valorizzare il patrimonio e la storia arborea e forestale. Il pioppo in questione si trova alla Garbiera e delimita la strada dal sentiero sterrato che conduce in direzione Testa Nuova. Alto 21 metri, ha una circonferenza di fusto di 400 centimetri. È stato celebrato, con la posa di una targa, dalle autorità cittadine e dagli alunni delle scuole elementari di via Montessori, in occasione della festa dell’albero del 2018.

Festa dell’albero 2018 – Gli alunni delle scuole elementari di via Montessori  celebrano il Pioppo Nero

Foto gentilmente concesse da Maurizio Minora

 

IL RAGAZZO DI CAMPAGNA

Un sogno cullato fin da bambino: vivere all’aria aperta in mezzo alla natura. Lo ha perfino messo per iscritto in un tema alle elementari, liquidato dalla maestra con un lapidario, “sei uno fuori dal tempo”; correvano gli anni Sessanta. Lui non si è per niente scoraggiato anzi, quel giudizio sferzante ha rafforzato il suo convincimento.

Paolo Vegetti, per gli amici Paolino, bollatese doc, nato agli albori dell’estate del 1958, è il classico ragazzo di campagna, da sempre affascinato dal mondo agreste dei campi, degli animali, dei raccolti, senza mai cedere al richiamo della modernità.

L’undicenne Paolo nella corte grande di Castellazzo, luogo verso cui si sentiva fortemente attratto.

Già da piccolo, nel suo cortile nella centralissima via Matteotti, nel retrobottega del negozio di telerie dei genitori, coltiva la passione rurale, divertendosi nel pollaio dei nonni tra conigli e galline che, a causa di qualche olezzo non proprio ammaliante, procurano un problema sensoriale con il confinante asilo Maria: alle rimostranze olfattive della madre superiora, il piccolo Paolo ribatté con sicumera, “peccato sorella che Gesù bambino sia nato in una stalla”.

La scuola di agraria, in un vivaio di floricultura a Niguarda a Milano, e poi il diploma, conseguito in un istituto professionale di Lodi. Nel frattempo fa pratica frequentando la stalla di Paolo Spoldi in via Cavour. Viaggiando con lui, a bordo del “tumarell” trainato dal cavallo trotterellante, conosce storie, tradizioni e luoghi legati alla Bollate agricola che sta pian piano scomparendo. Dallo Spoldi apprende, nelle sere d’estate a Castellazzo, il segreto del taglio dell’erba, “mi ha insegnato a usare la ranza“. Contemporaneamente viene iniziato ad alcune usanze, parte integrante di un certo tipo di vita, “la prima ‘ciucca’ l’ho presa con lui”. Teoria e pratica si perfezionano alla cascina Garbiera, con i fratelli Celestino e Maurilio Doniselli, noti per i caratteristici baffoni, e con il nipote Giuseppe, in gergo “Pepasc”. Impara nuovi aspetti del mestiere, oltre ad essere incuriosito dai racconti delle loro origini di pastori che, dalla Valsassina, approdarono nei prati di Ospiate. Un mondo, quello della pastorizia, con il quale svilupperà un profondo e fraterno feeling.

Lo Spoldi, maestro di vita di Vegetti, alla guida del suo “tumarell” – Foto Roberto Pizzo © 1974

Con gli amici pastori bergamaschi

Nei campi di Castellazzo con un gregge degli amici pastori della Val Brembana

L’amore per la natura lo manifesta pure in vacanza. In Val d’Aosta rifugge le località del turismo di massa e scopre la selvaggia Valgrisenche. Nel minuscolo villaggio di Bonne, dalle caratteristiche case di pietra, si dedica al pascolo negli alpeggi, al foraggio e alle ricette della cucina locale, tanto da non disdegnare di compiere qualche puntata, in compagnia dell’immancabile zaino, nel periodo invernale.

Conquistato dall’ambiente alpino, avrebbe voluto farlo diventare il suo luogo del cuore, sollecitato anche dalle coinvolgenti narrazioni di miti e leggende, descritte in perfetto dialetto patois da Cesarina Page, figlia di uno dei fondatori della Union Valdotaine.

Ma da Bollate, insieme al richiamo delle radici familiari, arriva la proposta irrinunciabile per chi ha “i cavalli nel sangue“. Fattore alla cascina sant’Ambrogio, nei pressi di Traversagna, per governare, allora, un patrimonio di duecento pertiche di terra, il frutteto, cavalli, mucche, conigli, maiali; con l’andare del tempo ridotto a un ettaro di prato, la casa colonica, l’orto e due cani. Contadino a tutto tondo, con l’opportunità di approfondire  usi, costumi, ritmi legati alla terra. Immedesimandosi talmente tanto in quel ruolo da diventarne un autentico interprete. Gira per le vie cittadine alla guida di puledro e calesse, abbigliato secondo i dettami richiesti da quell’epoca, cilindro, marsina e panciotto, con l’orologio a catena che penzola dal taschino; talvolta addirittura in veste di cocchiere, a condurre coppie di sposi nel parco della regia villa Arconati di Castellazzo.

Alla guida del  calesse alla Villa Litta di Lainate

In divisa da cocchiere

Servizio nuziale a villa Ricotti di Valera di Arese

Servizio a villa Arconati a Castellazzo di Bollate

Uno stile di vita da enfant du pays che ricorre pure tra le mura domestiche: la cucina economica, le stufe a legna, il camino, le fotografie degli avi nelle classiche cornici ovali, appese alle pareti assieme all’albero genealogico di famiglia e ai quadri, manco a dirlo a tema agreste, opera dell’amico pittore Paolo Fabbro. Oggetti che lo consacrano personaggio d’antan, accomunati all’altra grande passione, la collezione di orologi.

A sinistra,  il personale di servizio di Villa Arconati,  in una immagine di fine Ottocento nella quale e’ ritratto anche Angelo Vegetti, classe 1839, antenato di Paolo. A sinistra, l’elenco del personale con la specifica delle mansioni. 

In particolare, a scandire il tempo in un concerto che si ripete ogni ora, ben venti pendole di svariate dimensioni di provenienza francese, svizzera, italiana, fanno il paio con una ricca esposizione di campanacci, a rappresentare, in maniera visiva, la lunga amicizia instaurata con i pastori delle valli bergamasche, iniziata con il capostipite Giuseppe Balduzzi e proseguita con le nuove generazioni. ”Mi hanno confidato regole, avventure, consuetudini della vita nomade transumante che, da Clusone e Schilpario, li porta in giro per mezza regione. Quando sono nei pascoli della  zona, spesso ne condivido l’esperienza”.

Ad alimentare il clima campagnolo contribuiscono anche gli ultimi momenti celebrativi della vita agricola locale, le feste di san Sebastiano, il rito dell’uccisione del maiale (“la norcineria è una vera e propria arte”), la trebbiatura, operazioni collettive che finiscono ogni volta in gloria, “grandi mangiate e abbondanti bevute”. Un modello di esistenza che appare inimmaginabile ai giorni nostri, nella frenesia del contesto urbano della città metropolitana nella quale siamo immersi, e che invece conserva spazi di vivibilità appagante.

Non ho nessun rimpianto, faccio il lavoro che volevo fare, ho libertà di movimento, sto all’aria aperta, senza limitazioni e alienazioni. Ho sistemato la casa dei miei vecchi che abito custodendo la ‘cassetta degli attrezzi’ con dentro tutti i miei interessi e i miei ricordi, non potrei pretendere di più”.

A conferma che il motto “chi si accontenta gode” per Paolo, è una bella realtà.

Foto gentilmente concesse da Paolo Vegetti

Paolo Nizzola

Delegato dal WWF Insubria Sez. Groane per la gestione dell’oasi del Caloggio.
Impegnato sul fronte delle problematiche ambientali locali, esperto di acque superficiali della zona torrenti e fontanili, sono anche  Guardia Ecologica Volontaria della Città Metropolitana di Milano.
Maurizio Minora

Paolo Nizzola, una vita a maneggiare notizie tra giornali , radio e tv,  tanto da farne un libro autobiografico “ Ho fatto solo il giornalista”.

Milanista da sempre, (ritiene che la sua più bella intervista l’abbia realizzata con Gianni Rivera), appassionato di ciclismo, (è coautore del libro “una storia su due ruote”), amante della musica jazz (è presidente dell’Associazione Bollate Jazz Meeting) .Gaudente a tavola, soprattutto  in buona compagnia.
Insomma, gran curioso di storie, di umani e di situazioni.

Paolo Nizzola

Giornalista

Ha sempre coltivato diverse passioni. La musica nei suoi aspetti più vari ,la fotografia, la storia locale e lo  sport   sono sempre stati al centro dei suoi interessi. .Una costante curiosità per tutto ciò che lo circonda lo ha portato a conoscere molti jazzisti italiani e americani o a scoprire aspetti dimenticati di quanto avvenuto in passato nella sua città. Ha collaborato alla realizzazione delle pubblicazioni  Bollate 100 anni di immagini (1978) , Una storia su due ruote (1989) Il Santuario della Fametta (2010) La Fabbrica dimenticata (2010) Il soggiorno a Bollate di Ada Negri (2014) . Ha curato anche diverse mostre fotografiche fra le quali La prima guerra mondiale nella memoria dei Bollatese (2015) La Fabbrica dimenticata (2010) I 40 anni di Radio ABC (1977). E’ tra i fondatori dell’Associazione Bollate Jazz Meeting (1994) di cui è segretario.

Giordano Minora